Parlare con Franco Varrella di Salernitana è sempre piacevole. L’attuale tecnico della nazionale di San Marino è stato per due volte sulla panchina granata, nel 1997 quando subentrò a Franco Colomba e nel 2003 quando prese il posto di Zeman. Nella sua prima avventura in granata Varrella ottenne una memorabile salvezza mentre nella seconda esperienza non riuscì ad evitare la retrocessione sul campo in uno dei peggiori campionati della storia granata (la Salernitana fu poi ripescata in B). Di sicuro, però, quella retrocessione non può essere ascrivibile al tecnico romagnolo che ereditò non solo le macerie zemaniane ma fu anche “vittima” di scelte societarie a dir poco discutibili.
Sicuramente, però, Varrella non ha mai dimenticato Salerno e la sua gente.
Mister, le dico Salerno. Cosa le viene in mente?
L’amore per i colori. Ogni volta che entravo in campo mi si accapponava la pelle. Una curva in subbuglio per novanta minuti e dopo la partita lo erano ancora di più. Purtroppo ho vissuto poco la città. Non frequentavo ambienti notturni ma la gente mi fermava per strada per esortare me e la squadra. Cose che non si possono dimenticare.
Un ricordo della salvezza e della retrocessione
La prima fu una bella cavalcata. C’era grande fermento in città e solo il pensiero di deludere la piazza mi angosciava. Dissi ad Aliberti di utilizzare l’aereo privato di Cellino per riportare Masinga a Salerno per giocare contro il Castel di Sangro perché la sua assenza poteva essere devastante per la squadra dal punto di vista psicologico. Dopo tanta insistenza, il presidente riuscì a riportare Phil a Salerno, riposò tutta la mattinata e, in partita, segnò il gol decisivo. Ricordo la grande gioia di Aliberti. Come dimenticare quella curva piena?
Della seconda esperienza ricordo mia rabbia perché mi cambiarono la squadra in sede di mercato forse perché la società sapeva che la squadra sarebbe stata ripescata. Quando parlavo di “amnesie morali” intendevo il modo con il quale la squadra avrebbe dovuto isolarsi da ciò che succedeva intorno. Partimmo per Terni con quella che definìì “sporca dozzina”. Quel film lo vedemmo in pullman. Perdemmo quattro a zero ma non disputammo una brutta partita. In quella Ternana c’era gente come Borgobello, Kharja, Guzman, Giampà.
Parlava della Curva e dell’amore della piazza. Salerno vive un periodo di quasi totale disamore verso la attuale società. Tutto ciò si ripercuote sulla squadra. Come se lo spiega?
La Salernitana è diretta da due personaggi “particolari”. Bisognerebbe chiedersi perché Lotito ha preso la Salernitana . Con piazze come quella di Salerno è necessario che la società abbia lo stesso affetto dei tifosi altrimenti è difficile andare avanti. Noi sentivamo l’affetto della gente anche nello spogliatoio. Ora, mi sembra di capire, che tutto ciò non accade. Bisognerebbe farsi delle domande.
Che idea si è fatto della questione multiproprietà?
La mia sensazione è che Lotito si senta un po’ il deus ex machina della FIGC. La Federazione deve venire a capo di questa situazione. In questo credo che anche il Governatore De Luca possa fare qualcosa verso la attuale proprietà della Salernitana.
Lei è l’attuale tecnico della Nazionale di San Marino. Che esperienza sta vivendo?
Il mio obiettivo era quello di cambiare la mentalità dei ragazzi. Vedo dei progressivi miglioramenti in questo senso. Ci restano da disputare due partite e le giocheremo con il coltello tra i denti. Vedo la squadra pronta a dare il tutto per tutto.
Dove si vede alla fine dell’esperienza con San Marino?
Quella attuale è una esperienza appagante. Collaboro con Ulivieri nel Settore Tecnico di Coverciano e sto bene così. Arrivati ad una certa età bisogna lasciare spazio ai più giovani.
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