Calabrese di nascita, salernitano d’adozione. Nonostante i tanti anni trascorsi e le diverse esperienze professionali vissute dopo aver lasciato la casacca granata, l’ex terzino di Cariati ha sempre la Salernitana nel cuore. E non perde mai occasione per ribadirlo. Indelebili i ricordi di chi lo ha visto giocare, di chi ha visto le sue sgroppate sulla fascia sinistra e i suoi gol, pochi ma pesanti. Vittorio Tosto, a Salerno, è il numero 3 per eccellenza. “IL” numero 3 che ha scritto alcune delle pagine più belle della storia della Salernitana. Due promozioni con la “Bersagliera”, tra le più emozionanti di sempre, che hanno creato un legame viscerale tra lui e la piazza. Una passione folle che continua a coltivare giorno dopo giorno… anche da lontano.
Salve Vittorio. Innanzitutto, come giudica l’organico allestito in sede di mercato?
«Credo sia stata allestita una buona squadra. Sono rimasti calciatori d’esperienza come Djuric e Di Tacchio che hanno fatto già bene l’anno scorso, a cui è andato ad aggiungersi l’acquisto importante Tutino, che per la categoria è senza dubbio un top. Un calciatore che, finalmente, potrebbe far fare un salto di qualità. Purtroppo, però, il livello della Serie B è cresciuto tantissimo rispetto agli anni passati, quindi è il futuro è sempre un’incognita».
Qual è il suo giudizio sulla guida tecnica?
«Castori si è sempre alternato tra alti e bassi, ma è un allenatore che mi è sempre piaciuto. Caratterialmente è un tecnico che per la Serie B, e per una piazza come Salerno, che saprà trasmettere quella grinta e quella cattiveria agonistica necessaria. Certo, non è un allenatore emergente dalle idee innovative, ma è uno che dà garanzie dal punto di vista della gestione della squadra. Qualche dubbio resta sulla brillantezza del gioco, non certo una sua prerogativa, ma lui nelle difficoltà si esalta. L’anno scorso a Trapani, sul campo, aveva fatto un miracolo. Nel complesso, credo che si sia meritato la chance di Salerno, e sono convinto che possa fare qualcosa di importante».
Secondo lei la Salernitana, al netto delle eventuali ambizioni della società, cosa farà da grande?
«Purtroppo sulla Salernitana non ci può mai sbilanciare perché si viene quasi sempre smentiti. Si spera che ora “grande” lo sia già e che non lo debba più diventare. Dopo anni di sofferenza, si spera che la proprietà abbia l’ambizione di raggiungere traguardi importanti. Ripeto, l’acquisto di Tutino mi lascia presagire che sia arrivato il momento giusto. Ovviamente, però, a confronto con le altre squadre, la rosa non è tra le primissime della categoria. La speranza è che possa almeno lottare per un posto nei play-off».
Cosa pensa della multiproprietà?
«L’ho sempre detto: la Salernitana deve una proprietà unica. Salerno è una piazza che non deve essere seconda a nessuno. C’è bisogno di una società che curi solo ed esclusivamente gli interessi della Salernitana e che la tratti da “prima donna”. Salerno non deve essere divisa o condivisa con altre gestioni. Deve avere un progetto unico e camminare da sola».
A Salerno, attualmente, tra i tifosi c’è un clima di tensione misto a delusione per i cinque anni di B conclusi senza particolari sussulti…
«Penso che più dei cinque anni opachi, la cosa peggiore è che la società non si è mai fatta ben volere e non ha costruito nessun rapporto con la città. Continuano a perseguire la linea dello scontro a mo di muro contro muro che sta allontanando sempre di più la gente. La sconfitta più pesante è aver allontanato tanti tifosi, di vecchia data e non, ma soprattutto le nuove generazioni».
Chi o cosa potrebbe dare la svolta decisiva?
«Difficile rispondere. Secondo me la società andrebbe strutturata meglio a livello di gestione e dovrebbe avvicinarsi in modo significativo alle esigenze della piazza. Il tutto, magari, anche tramite delle figure che conoscono bene Salerno e i suoi tifosi, capaci di ricreare quell’unità di intenti che al momento è distante anni luce».
Già, i tifosi. Lei una volta dichiarò che all’Arechi, ai suoi tempi, già dal riscaldamento era 1-0 per la Salernitana…
«Assolutamente sì, lo confermo. Già quando uscivamo dal tunnel per il riscaldamento si partiva 1-0 per noi e lo sapevano anche gli avversari. Si era creata una compattezza unica tra squadra ed ambiente. Non nascondo che ogni tanto, quando sono in casa, guardo le fotografie dell’Arechi di quegli anni meravigliosi, e ciò che ancora oggi mi colpisce è il fatto che non ci fosse uno spillo di spalti vuoto. Nel sottopassaggio, prima di uscire con l’arbitro e le squadre avversarie, ricordo che tremava tutto. Se ci penso mi vengono i brividi ancora adesso».
In conclusione, potremmo rivederla un giorno a Salerno in una veste diversa da quella del calciatore?
«Se dovesse chiamare la Salernitana per dirmi che ha bisogno di me per qualsiasi ruolo, verrei senza pensarci su due volte. Salerno per me è una seconda casa. Attualmente sto facendo il consulente di mercato e ho anche il patentino da direttore sportivo, e non posso nascondere che mi piacerebbe moltissimo lavorare per la Salernitana. Se ci fosse un progetto serio, anche domani mattina».