“Dalla Salernitana al gol in Champions”. “Da Salerno al sogno”. “Lo conosciamo bene, perché l’anno scorso giocava alla Salernitana che è un serbatoio della Lazio di Lotito”. Semplicemente solo alcune tra le tantissime frasi sentite e risentite nella serata di ieri, che ha visto l’ex granata Jean Daniel Akpa Akpro andare a segno con la maglia biancoceleste all’esordio in Champions League, nella gara vinta 3-1 dalla squadra di Inzaghi contro il Borussia Dortmund.
E chissà perché, a molti tifosi granata, queste parole suonano come più che familiari: si tratta dell’ennesimo esempio, forse il più eclatante in assoluto negli ultimi anni, di come la squadra con il cavalluccio marino sul petto venga riconosciuta dalla stampa nazionale come autentica succursale della casa madre capitolina.
C’è perfino chi arriva a scrivere delle inesattezze, quando afferma che Akpa Akpro “è arrivato a parametro zero dalla Salernitana la scorsa estate”. Falso. O meglio, falso a metà: già, perché se l’ivoriano aveva comunque un altro anno di contratto a Salerno, è pur sempre evidente che anche nel caso in cui sia stata “pagata” un’irrisoria cifra per il prezzo del cartellino (cosa comunque mai confermata ufficialmente), quest’ultima sia stata “trasferita” da una tasca all’altra del giaccone di Claudio Lotito.
Quel Lotito che, ironia della sorte, ieri sera ha dato l’ennesima riprova di tutta la propria competenza calcistica: battere un colosso del calcio europeo spendendo pochi milioni di euro non può non essere definito un piccolo grande capolavoro. A maggior ragione se si pensa che, Immobile a parte, a segnare i gol sono stati Luiz Felipe, pagato appena mezzo milione di euro e pescato come sconosciuto dalle serie inferiori brasiliane, e Akpa Akpro, preso come svincolato dopo l’esperienza al Tolosa e rigenerato dalla Salernitana. A Salerno, per la verità, sono passati anche Inzaghi, richiamato in fretta e furia a Roma dopo la rottura con Bielsa, Strakosha e lo stesso difensore brasiliano.
Ma se questi ultimi due rientrano nell’infinito gruppo di calciatori biancocelesti transitati in prestito a Salerno con la consapevolezza di essere solo di passaggio, per il centrocampista ivoriano il discorso è decisamente differente: Akpa Akpro è stato letteralmente salvato dal limbo di una carriera potenzialmente senza sbocchi a soli 26 anni causa infortuni, e a Salerno ha avuto la possibilità di rilanciarsi e giocare con continuità, figurando tra i migliori centrocampisti della scorsa Serie B con Ventura.
Il resto, si sa, è storia recente: due mesi fa, in pochi giorni, la Lazio ha letteralmente “strappato” alla Salernitana il suo miglior centrocampista, e forse il miglior calciatore in rosa. Ci sarebbe da stupirsi, da recriminare, eppure sembra tutto così normale: la Salernitana ha, mai come in questo caso, svolto nel miglior modo possibile la funzione di succursale. Storia di un film visto e rivisto, che però ieri sera ha indiscutibilmente riservato ai tifosi granata uno tra i bocconi più amari dell’ormai quasi decennale era Lotito-Mezzaroma.
A proposito, la solita domanda: perché un imprenditore del genere, che alla Lazio riesce ad ottenere risultati di tale portata con il minimo sforzo, non è capace di centrare neanche un misero playoff in sei anni di B a Salerno? La risposta è evidentemente sotto gli occhi di tutti, eppure c’è chi continua ad arrampicarsi sugli specchi per giustificare l’ingiustificabile.
E per quanto riguarda la serata magica di Akpa Akpro, che – è sempre bene ricordarlo… – meno di tre mesi fa giocava ancora all’Arechi con la maglia della Salernitana (indossando anche la fascia da capitano), il discorso è ancora più semplice. Occhio, però, a chiamarla Lazio B o succursale…
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