Ad un certo punto Londra non esisteva più.
Veniva tutto da Manchester: Il locale più bello e creativo di tutto il Regno Unito e, a detta di Newsweek, il più bello del mondo, la Haçienda (lo scrivente rosica perché non trova dopo anni la T shirt).
Embed from Getty ImagesIl negozio di moda più figo del Regno Unito, l’Identity.
La musica più creativa dell’epoca. Un esempio:
Stone roses, Inspiral carpets, Chemical brothers (che non sono nativi di Manchester ma si sono conosciuti lì all’Università e hanno cominciato all’Haçienda), Happy Mondays, ah due fratelli che erano o bevuti o pieni di qualsiasi cosa che si aspirava o ingeriva o si fumava e che avevano la sinistra tendenza di litigare con la gente e soprattutto tra di loro:
Potevano mai lo sport e il calcio essere da meno a questa grande rivoluzione culturale? Ma va…
Arrivò e decise di cambiare tutto. Filosofia di gioco, la testa dei giocatori e soprattutto il numero degli scouts.
Un giorno in una riunione dello staff chiese ad Eric Harrison, una specie di guru del calcio giovanile in Inghilterra, perché lo Utd avesse così pochi giocatori che arrivavano in prima squadra dalle giovanili. Harrison rispose che avevano solo tre scout per l’area di Manchester.
Alex Ferguson si alzò dalla sede e urlando disse: “Ma voi siete pazzi. A Dundee ne avevamo una sessantina solo per l’area intorno alla città!”
Ordinò di triplicare il numero e arrivarono ai Red Devils dei ragazzi, uno del Galles che sembrava un brasiliano, due fratelli che furono soprannominati Nervoso 1 e Nervoso 2, un ragazzo piuttosto belloccio che all’epoca girava in Ford Fiesta (poi ha cambiato modello di auto… ) e due ragazzi dei quartieri popolari di Manchester.
Uno da Gorton (Nicky Butt) rompicoglioni, autore di scherzi ed era sempre quello che veniva buttato per prima nelle risse.
Ecco uno che veniva da zone così.
Un altro che veniva da un quartiere un po’ turbolento di Salford. Neanche a dire, dell’area metropolitana di Manchester. Se Butt era il classico “menapaccari alla cecata”, Scholes era quello che ti rubava il portafoglio nel bus.
Ecco, “La classe del 92” parla di questo e anche altro.
Racconta di come la classe operaia pensò di andare in Paradiso perché vedeva in testa alle classifiche dei dischi ragazzi che venivano dalle loro stesse scuole, vestivano e parlavano con il loro stesso accento, tiravano schiaffi in campo a tutta Europa.
Un sogno che sarà destinato a durare poco. Perché quelli che credevano a Blair e alla sua visione di Labour si svegliarono e videro i loro figli e fratelli combattere di nuovo in Iraq.
Eppure quel sogno continua a vivere in quelle zone. Il sogno di diventare una stella, di liberarsi dalle case a schiera, dalle file al collocamento, dalle auto bruciate lungo la strada, dai parenti e gli amici in galera o sotto scimmie di varie sostanze, di non sapere se diventare una stella del cricket o del calcio e che ne so di trovare la più figa d’Inghilterra, sposarsi e farci dei figli e poi diventare un’icona di stile.
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