Editoriale

Niente baci a Natale, ma quello di Vialli al pallone è un assist per sperare

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Il primo maggio del 1991 Gianluca Vialli realizzava il terzo gol nella vittoria degli azzurri di Vicini all’Arechi contro l’Ungheria. Dopo aver sbagliato un calcio di rigore, il centravanti della Sampdoria si riscattò nella ripresa con un sinistro che si infilò sotto la traversa. Una capriola sotto la curva sud, stracolma per l’occasione, fu come una giravolta verso una nuova vita.

Vialli inseguiva un gol in azzurro per riscattare quel Mondiale in Italia che non lo aveva visto protagonista, oscurato dalla stella di Baggio e dall’esplosione di Schillaci. Quella sera, all’Arechi, il cuore di Salerno batteva all’unisono per la nazionale, anche se il granata era il colore che faceva da sfondo alla serata azzurra.

La vittoria della Nazionale fu propiziata da una doppietta di Roberto Donadoni che, secondo indiscrezioni, potrebbe presto tornare in panchina, assumendo la guida della Cremonese, la squadra in cui è cresciuto Vialli. Molto dipenderà dall’esito della gara che i grigiorossi disputeranno a Salerno lunedì sera.

La storia che vogliamo raccontare passa anche da Reggio Emilia. Il destino, si sa, è sempre un passo avanti. Si può programmare o immaginare qualsiasi cosa, ma non lo si può mai prevenire. Domenica sera, si ricorderà, l’Italia ha battuto la Polonia a Reggio Emilia, città che ha ritrovato la B proprio la scorsa estate. La Reggiana partecipava al campionato cadetto, proprio come la Salernitana, anche nella stagione 90- 91 e nell’attuale stagione ha saltato la trasferta a Salerno a causa del covid.

Domenica sera l’immagine che ha fatto il giro del mondo è stata quella del momento in cui Gianluca Vialli ha stretto tra le mani un pallone che era rotolato dalle sue parti, in panchina, e lo ha baciato per pochi, ma intensi attimi. “Ti amo”, gli ha detto.

La lotta di Vialli contro la malattia che lo ha colpito nei mesi scorsi è nota ed il suo ritorno in pubblico, con un ruolo importante come quello di Capo delegazione della Nazionale (che fu di Gigi Riva) è stato il suo gol più bello. Insieme all’ex gemello dei tempi della Samp, Roberto Mancini, c.t. costretto a restare a casa dal covid, Vialli sta contribuendo alla rinascita di un rapporto profondo e sentito tra la maglia azzurra ed i tifosi italiani. Il suo bacio al pallone è stato stangato da chi lo ha ritenuto una “trasgressione” dato il divieto di scambi di affettuosità imposto dall’epidemia.

È stato un gestito partito dall’anima, quello di Vialli. Il suo potrebbe essere il bacio ideale che non potremo scambiare con amici e familiari a Natale e potrebbe essere un segnale di speranza per il futuro.

Vialli ha lottato e sta lottando contro un male infido e nel pallone ha ritrovato forza, speranza, vita. Come tutti, anche i calciatori famosi cominciano a rincorrere un pallone per gioco e per passione, senza sapere dove arriveranno. E al calcio, in questi mesi di pandemia, un po’ tutti ci siamo rivolti come valvola di sfogo, momento di piacevole evasione dai problemi.

Un bacio ad un pallone non è un gesto da interpretare come una consapevole violazione del protocollo, ma come un auspicio che la vita possa riprendere a scorrere come prima. Quando ad un gol seguivano gli abbracci, come quando Vialli si esibiva nella capriola sotto la Sud all’Arechi.

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Redazione

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