Quest’oggi, 23 novembre 2020, ricorre il quarantennale dell’evento tellurico che sconvolse Campania e Basilicata. Dopo Matteo Mancuso e Fabio Vulpiani, un altro protagonista della stagione 1980/1981 interviene ai nostri microfoni. Si tratta di Vincenzo Leccese. Sebbene appaia riduttivo associarlo solo a quel campionato. Terzino agropolese, Leccese giunse a Salerno proprio nell’estate del 1980 acquistato dal Catania e il torneo di Serie C1 1980/1981 fu il primo di sette campionati in granata prima di essere ceduto alla Juve Stabia. In sette stagioni, tra campionato, Coppa Italia e Coppa Italia di Serie C mise a referto 231 presenze ufficiali, posizionandosi al quinto posto della classifica di tutti i tempi (davanti a lui Ferrara, Fusco, Breda e Iacovazzo).
Salve, Leccese. Allora, qual è il suo ricordo di quel 23 novembre 1980?
“Salve. Beh, ricordo che dopo aver disputato la gara al Vestuti contro la Turris pareggiata all’ultimo con Zaccaro, tornai a Napoli assieme a mia moglie che avevo sposato solo pochi mesi prima, a giugno. Ricordo che stavamo vedendo in televisione Juventus-Inter e mi rivolsi a mio cognato rimproverandogli di non spostare la sedia col piede. Invece, non era lui a spostare la sedia ma in quell’istante stava avvenendo la scossa. Uscimmo fuori da casa e piano piano cominciammo a capire la gravità della situazione, poiché anche a Napoli il terremoto aveva fatto danni. Io a Salerno alloggiavo all’Hotel Garibaldi che però rimase danneggiato, allora me ne tornai dai miei ad Agropoli, dove invece il sisma ebbe pochi effetti. Dopo una decina di giorni, la situazione tornò, diciamo così, alla normalità. Colgo l’occasione per esprimere un pensiero affettuoso verso i familiari delle vittime di quella tragedia“.
Il suo ricordo, invece, di quel torneo 1980/1981.
“Beh, mi ricordo che avevo 24 anni e venni ingaggiato dal Catania per essere uno degli esperti della rosa che si stava formando assieme a Del Favero, Di Giaimo e Zaccaro. Il gruppo venne completato da ragazzi in prestito, come ad esempio Black e Tolio dall’Avellino. Si tratta di un torneo che ricordo, terremoto a parte ovviamente, con piacere. In panchina avevamo un allenatore preparato come Leonardi e quell’anno ci fu l’avvicendamento in società da Grieco a Troisi. Facemmo qualcosa di importante nel centrare la salvezza perché appunto dovemmo superare non solo il terremoto ma anche la squalifica del Vestuti di 7 mesi, dovuta agli incidenti che occorsero nella partita contro la Sambenedettese (15 marzo 1981, ndr). Venne fatta una vera e propria impresa“.
Sette anni a Salerno, indossando anche nelle ultime stagioni la fascia da capitano. Il suo ricordo più bello?
“Di ricordi ce ne sono tanti. Sono legato a tutte le stagioni, però qualcosina in più mi hanno lasciato la prima, come ho già detto e la seconda, quella in cui sfiorammo la promozione in Serie B con Matté allenatore“.
E il suo rammarico più grande?
“Risposta, purtroppo, facile. Il mio rammarico più grande dell’esperienza con la Salernitana resta quello di non aver centrato questa benedetta promozione in Serie B. Ho già detto che sfiorammo la promozione nella stagione 1981/1982, poi potevamo fare qualcosa di più l’anno in cui a gestire la società vi era la FI.SA (stagione 1985/1986, ndr). Purtroppo, quella sconfitta a Casarano ci tagliò le gambe per quanto riguardava il discorso promozione. Una promozione che poi sarebbe giunta pochi anni dopo grazie alla veemenza e alla passione di Peppino Soglia“.
In sette anni, di Presidenti ne ha visti tanti. Qual è quello che le è rimasto più nel cuore?
“Dico Filippo Troisi. Fu un presidente che assieme ai suoi fedelissimi come Picentino, ci mise l’anima e tutta la passione del caso, peccando anche di inesperienza. Però la sua Salernitana era davvero una famiglia“.
E tra gli allenatori?
“Tutti i tecnici che ho avuto li ricordo ben volentieri. Da Leonardi a Giammarinaro, passando per Lojacono e Sereni e il già citato Romano Matté. Però, dovendo fare un nome, dico Giampiero Ghio. Allenatore molto preparato, professionale e a cui piaceva moltissimo il lavoro sul campo“.
La stessa domanda che feci a Vulpiani. Come spiegherebbe a chi non l’ha vissuto cosa rappresentava il Vestuti?
“Beh, il Vestuti rappresentava nel bene e nel male una sorta di collegamento diretto con la città. La sua collocazione nel centro cittadino, le partite e gli allenamenti aperti alla gente facevano sì che noi calciatori diventassimo un tutt’uno con la gente. Certo, c’era anche chi pativa forse il troppo attaccamento, soprattutto tra i giovani che venivano dal Nord che spesso mi chiedevano consigli su come comportarsi e io dicevo loro semplicemente di giocare e di non ingannare un pubblico che di calcio ne capiva eccome. Salerno anche allora era una piazza importante. Sebbene militasse in Serie C, vi erano transitati calciatori di prim’ordine come Marconcini, Zucchini, Messina, lo stesso Chiancone fino ad arrivare poi ai Di Bartolomei, ai Breda e ai Fusco. Quindi, appunto, facevi un tutt’uno con il pubblico nel bene e nel male. E te lo dice uno che ha subito cinque invasioni di campo. In soldoni, benché l’Arechi sia uno stadio importante, la collocazione del Vestuti e l’aver giocato un calcio dove le formazioni si sapevano a memoria a differenza di oggi, assegnano all’impianto di Piazza Casalbore quel romanticismo che l’Arechi non può avere“.
E ovviamente a lei, essendo della zona, veniva chiesto sempre di dare quel qualcosa in più.
“Hai ragione. Vedi, non potrò mai dimenticarmi quella che la gente mi diceva spesso: “Tu sei uno di noi, non puoi raccontarci fesserie”. Questa frase mi è rimasta impressa. Perché io davvero poi mi immedesimavo nel tifoso della Salernitana. La settimana dopo una sconfitta, ad esempio, non mi si poteva avvicinare. Sentirmi un tifoso granata alle volte mi ha condizionato, lo confesso. E questo succede quando ti carichi sulle spalle l’onere dell’impegno soprattutto sull’aspetto emotivo. In ogni caso, io vivo e lavoro a Salerno e mi fa enormemente piacere quando ancora si ricordano di me. Credo che, a distanza di anni, venga ancora riconosciuta la passione e l’impegno che ho sempre profuso“.
231 presenze in granata con solo una rete ufficiale all’attivo, in Coppa Italia di Serie C contro la Paganese. Se la ricorda?
“Eh, certo che me la ricordo. Provai a tirare da fuori area di destro e riuscii a segnare. Fu anche un gol dell’ex, in quanto a Pagani ho vissuto la mia prima esperienza in una Prima Squadra dopo il settore giovanile nel Napoli. Ci tengo a dire che però il mio compito in campo non era certo quello di fare gol, ma era soprattutto cercare di evitare che gli attaccanti avversari ne facessero, in quanto ero un terzino. Quindi, quando riuscivo a marcare bene la punta avversaria e magari ci aggiungevo qualche bel cross per i miei compagni, per me era come aver fatto gol“.
Nella Coppa Italia dei “grandi”, ebbe pure l’opportunità di sfidare il Napoli di Maradona. Come è stato affrontare da avversario il “Pibe de Oro”?
“Il Napoli lo affrontammo due volte in Coppa Italia. Prima quello di Diaz e Vinicio al Vestuti (Salernitana-Napoli 0-1, 18/08/1982, ndr) e poi quello di Maradona al “S.Paolo”, dove perdemmo 3-1 e, nonostante le due categorie di differenza, non facemmo brutta figura. Mi ricordo che facemmo una foto con Maradona io, Belluzzi, Mair e Conforto. Come calciatore, nulla da dire, decisamente il più forte al mondo e persona di grande generosità in campo. Poi, fuori dal campo, è un’altra storia e sinceramente neanche mi interessa, poiché io guardo agli aspetti di campo“.
Segue ancora la Salernitana?
“Certo. Soprattutto l’ho seguita fino a poco tempo fa nel settore giovanile, essendo stato responsabile del settore giovanile per la FIGC Campania fino a pochi anni fa e quindi conosco vita, morte e miracoli di questo particolare movimento. Percepisco lo scarso entusiasmo che si vive in città verso la propria squadra“.
A tal proposito, come se la spiega questa mancanza di entusiasmo? D’accordo, in questo periodo storico non si può andare all’Arechi ma, anche se fosse stato tutto normale, non avremmo scommesso su più di 5000 spettatori per Salernitana-Cremonese, nonostante i granata siano secondi in classifica.
“Sono d’accordo. Evidentemente, vi è poca soddisfazione nei confronti della società e, soprattutto, non vi è fiducia. I tifosi si aspettano campionati diversi e vengono delusi ogni anno. Serve qualcosa per tornare a innescare questo entusiasmo, alla stregua di come fece ai tempi Maradona a Napoli o come sta facendo attualmente Mancini alla guida della Nazionale. Come credo che si debba investire maggiormente sul settore giovanile. C’è il rischio di perdere potenzialmente generazioni di tifosi, vero. E allora perché non investire sul settore giovanile? In questo modo, un bambino potrebbe avere il sogno di poter indossare la maglia granata e certo ci sarebbe maggior trasporto tra i giovanissimi della città e della provincia“.
© solosalerno.it – tutti i diritti riservati. È vietata la pubblicazione e la redistribuzione dei contenuti non autorizzata espressamente dall’autore.
Tempo di lettura: < 1 minutoGrande emergenza per Stefano Colantuono in vista del match esterno…
Valerio Crezzini della sezione di Siena dirigerà la gara tra Sassuolo e Salernitana, in programma…
Per la quarta volta nella sua carriera, Stefano Colantuono torna sulla panchina della Salernitana e…
Ora è ufficiale: Giovanni Martusciello è stato sollevato dall'incarico di allenatore della Salernitana. Lo ha…
FIORILLO 6: mai impegnato in novanta minuti, registra la disinvoltura con la quale gli avversari…
La Salernitana ospita il Bari nella partita che chiude la 13/a giornata di Serie B…