Nella storia della Salernitana ci sono stati calciatori che sono entrati nel cuore della gente. Quelli che lottavano su ogni pallone, che sentivano il peso della maglia e che, purtroppo, non sono riusciti a vincere seppur con una squadra potenzialmente composta di calciatori di categoria. Marco Billia è stato uno di quei calciatori. Arrivato dall’Udinese all’età di 26 anni, Billia è stato un difensore arcigno, a volte irridente con gli avversari. Insomma, un bel tipo, di quelli che tanto piacevano alla torcida granata che riempiva le vecchie gradinate del “Vestuti”.
Con lui continuiamo il viaggio nel tempo, aprendo l’album dei ricordi di quei due anni (dal 1985 al 1987) in cui Marco Billia indossò la maglia granata collezionando 53 presenze condite da tre reti.
È corretto affermare che Salerno è stata la tappa più importante della sua carriera?
«Assolutamente si. Salerno mi ha permesso di giocare con continuità. Purtroppo, ebbi qualche problema ad un ginocchio e avrei potuto fare di più ma non posso negare che i salernitani sono quelli che mi hanno dato di più a livello di umanità. Un rapporto con la gente impagabile. Fattori esterni mi hanno impedito di restare più a lungo ma io dei salernitani posso solo parlare bene. Per uno del Nord che si apprestava a giocare in un’altra realtà Salerno era il massimo».
A Salerno lei viene ricordato come il difensore che marcò Maradona. Che ricordi ha di quella partita?
«Ricordo benissimo quella partita. A dire il vero mi alternai con De Nadai nella marcatura di Maradona. Tra l’altro segnai il gol del momentaneo pareggio. In panchina c’era mister Ghio. Di Maradona si può parlare tutta la vita. Ti impressionava già nel riscaldamento perché palleggiava con gli scarpini slacciati. In campo poi, un fenomeno totale. Per lui giocare con noi o con la Juve era assolutamente la stessa cosa, non come qualche fenomeno di adesso che spesso tendono a snobbare gli avversari. Sono esperienze che ricordi per tutta la vita».
Ci ricorda anche quella volta in cui, a Taranto, invitò il direttore di gara a fare un uso diverso del cartellino che le aveva appena mostrato?
«Mamma mia che partita! Stavamo giocando bene in casa della squadra che poi avrebbe vinto il campionato. Andammo in vantaggio con De Vitis ma poi l’arbitro che era di Padova (Schiavon ndr) combinò dei disastri incredibili. Mandò fuori quattro giocatori (Lombardi, Leccese, Conforto e De Vitis) e ammonì mezza squadra. In pratica invitai l’arbitro a mettersi il cartellino in quel posto quando fui ammonito. Io per indole sono focoso e quando vedi che sei impotente verso certe situazioni ti va il sangue al cervello. Perdemmo 2-1 ma meritavamo la vittoria».
C’è rimpianto per non aver vinto nulla con quelle squadre?
«Tanto rimpianto. Nel secondo anno sia io che Boschin firmammo un precontratto con il Genoa che poi fu annullato perché il ds Rizzo chiese molti soldi. Ci fu una campagna di ringiovanimento della squadra. Arrivarono Ferrara, Favo, tutti calciatori con grande prospettiva ma, a mio parere, fare la serie C in una piazza come Salerno con giocatori così giovani fu azzardato per le ambizioni della piazza. Ci salvammo tranquillamente ma l’obiettivo non era quello. Col senno di poi dico che in quell’anno la società fece un errore perché Salerno in C doveva vincere. Il mio rammarico è quello di aver fatto solo due anni a Salerno. Ma in quegli anni la Salernitana aveva anche bisogno di fare cassa. Diciamo che il mio trattamento non fu dei migliori e la cosa mi dispiacque molto»
Poi fu esonerato Ghio
«Ero molto legato a lui. Aveva un modo di allenare che a quei tempi non faceva nessuno. Era all’avanguardia. Aveva una grande personalità anche se era fresco di patentino. Insomma, un allenatore giusto per Salerno. Per me fu una perdita importante. Accettare un altro allenatore con un modo di allenare diverso non fu facile. Posso dire che anche in quel frangente la società sbagliò a non dargli tempo».
Segue ancora la Salernitana?
«La seguo. Mi informo dei risultati ma, devo essere sincero, non condivido molto le scelte di Lotito. La Salernitana adesso è prima e deve continuare a fare quello che sta facendo. A me non piace più di tanto Castori perché certe piazze necessitano di allenatori che esaltino le qualità dei giocatori. Castori è un pratico. La multiproprietà, poi, frena la passione. Noi giocavamo sempre con lo stadio pieno in campionati che potevamo o non potevamo vincere. Ma tutto ciò non importava. Salerno è questo. Deve sognare e deve vincere. Io spero che accada presto».
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