Che il debutto di Coulibaly non avrebbe dato al centrocampo granata fin dalla gara di Empoli un altro peso ed un altro passo era abbastanza chiaro ed in fondo lo sapeva anche Fabrizio Castori.
Il trainer marchigiano ha subito gettato nella mischia il suo pupillo, che attendeva dallo scorso settembre, sia per dargli modo di accelerare il processo di integrazione all’interno della nuova squadra sia per fargli riprendere confidenza con il ritmo partita.
C’era, per giunta, anche emergenza in mediana per le assenze di Capezzi e Di Tacchio e, dunque, al Castellani la Salernitana si è presentata con un volto nuovo in campo per tutte queste ragioni.
Ciò, però, non è bastato e non poteva essere sufficiente, del resto, per pensare di annullare un divario tecnico e tattico, acuito da un differente approccio alla partita e da un improponibile paragone sul piano della brillantezza fisica.
E così l’Empoli, che in casa aveva faticato contro squadre molto più indietro della Salernitana in classifica, ha visto ben presto trasformarsi la partita di cartello della giornata e, forse, dell’intero girone di andata, in una goleada fin troppo facile.
Bravi i toscani, il cui primato affonda radici in un terreno sconosciuto per la società granata e cioè in una comprovata capacità e volontà di costruire, partendo dal vivaio, e di programmare nel tempo stagioni soddisfacenti sul piano economico e tecnico.
Tutto questo per la Salernitana è ancora oggetto di valutazioni, non ancora di studio perché la società granata dà come l’impressione di non aver ancora sposato l’idea che si debbano reclutare i talenti, allevarli e coltivarli con pazienza e cura e che le squadre si costruiscano nel tempo, come un mosaico prezioso, e non possano essere allestite con quella supponenza e quella approssimazione che non sono mancate nemmeno nei mesi di settembre ed ottobre scorsi.
Sottolineavamo, all’epoca, che una rosa con quattro portieri e quattro centrocampisti e senza terzini veri di riserva fosse una anomalia e che sul lungo periodo la coperta corta sarebbe diventata cortissima, al punto che ora la Salernitana è a meno sette dalla vetta, dopo averla toccata in solitaria non più tardi di un mese fa o giù di lì. Tre partite hanno cambiato la classifica, ma hanno anche confermato i dubbi e rafforzato le certezze di quanti hanno provato ad andare oltre il momento quando il vento soffiava alle spalle di Castori e della sua truppa, che vanno ringraziati per il quasi miracoloso percorso avuto fino alla vigilia di Natale.
La Salernitana ha costruito le sue fortune sulla solidità difensiva, raggiunta ad un prezzo altissimo e cioè il sacrificio totale, assoluto e continuo, di tutti i calciatori di movimento davanti a Belec, punte in testa. Ed ecco che oggi Tutino è un corpo estraneo, poco gratificato dal copione tattico voluto dall’allenatore, mentre calciatori che lo scorso anno si erano imposti all’attenzione dei tifosi – Cicerelli e Dziczek per esempio – sono in fase di involuzione. Senza poter fare mai veramente turnover, Castori ha fritto il pesce con l’acqua, divenuta sempre più torbida. Ora, però, non si può gettare via questa stessa acqua con tutto il bambino.
Tocca alla società, come è giusto che sia, fare la sua parte.
Bisognava dotare il tecnico di più di un rinforzo già per la gara di Empoli, non tanto per provare a conquistare un risultato positivo ma per lanciare un segnale. Se dal campo provengono segnali preoccupanti, che, purtroppo, per certi aspetti sono semplici conferme dei timori ottobrini circa la reale tenuta e consistenza della squadra, dalla società sono arrivati i soliti.
Dalle parole a profusione di dicembre di Mezzaroma si è passati a segnali intermittenti ed ora si è arrivati alla classica situazione di una assenza totale di segnali. Che poi sarà il ritiro o meno la soluzione partorita per scacciare la crisi o che più in là (visto che l’aria si è irrigidita e certi venti hanno cambiato direzione) si possa pensare anche a clamorosi provvedimenti di altra natura (la partita col Pescara sarà una prova della verità per tutti, compreso Castori, non tanto per i suoi demeriti quanto perché scaricare le colpe sull’allenatore resta sempre la più comoda delle vie di fuga), la vera svolta si avrà solo in presenza di un mercato condotto con sincero slancio e grande determinazione.
Sofian Kiyine ha preparato le valigie e le ha caricate sull’auto con cui arriverà presto a Salerno. L’auspicio è che nel bagaglio per i prossimi cinque mesi abbia incluso pure le giuste motivazioni per rendersi utile, atteso che per Castori non pare il rinforzo ideale. Sarà il campo, poi, a stabilirlo.
Di certo, alla rosa mancano ancora diversi tasselli. Due terzini ed una punta sembrano priorità ineludibili. Un altro centrocampista (Crociata è la richiesta esplicita di Castori, Murgia la possibile occasione dell’ultimo minuto) sarebbe importante al di là del ruolo in cui verrà impiegato Kiyine, perchè la Salernitana, nelle quattro sconfitte patite in trasferta, ha palesato una inferiorità tecnica nettissima a centrocampo con gli avversari di turno. Va bene il gioco sbrigativo, va bene la volontà di verticalizzare subito, ma, come diciamo da mesi, un minimo di costruzione ed una certa predisposizione ad impostare la manovra anche con i centrocampisti sembra un’arma a cui non si possa così deliberatamente rinunciare se non al prezzo che in diverse occasioni è stato pagato.
Se vengono meno certi equilibri, se mancano le energie o se qualcuno comincia a saltare il turno quando c’è da rincorrere, si va incontro a figuracce come quella di Empoli. Figuraccia, sì. E’ questa la parola che oggi dovrebbe risuonare nella testa di chi ha fatto sì che in campo andasse una squadra così inerme. Se meriti e colpe partono sempre dalla testa, allora è giusto che in primis siano proprietà e dirigenza a rendere conto alla piazza del disastro di ieri sera, terza perla di una collana che contava già due sconfitte di fila ed altri indizi disseminati qua e là che solo chi non vuol vedere ha fatto finta di non cogliere. Ed invece, dopo la batosta del Castellani, ha parlato solo l’allenatore in seconda, che più che chiedere scusa non poteva fare e che, almeno, ha avuto la decenza e l’onestà di fare quel mea culpa che avrebbero dovuto fare altri, magari i dirigenti presenti ad Empoli.
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