Occorre abbandonarsi al vortice delle umiliazioni per rinfocolare il sentimento di autodeterminazione. Il fuoco che monta fra cassa toracica e intenzione non può in alcun modo essere domato, se non attraverso la denuncia e la scomoda arte di scrivere.
La Salernitana chiude con l’Amiens per l’ingaggio di Sanasi Sy, il laterale sinistro si aggrega alla corte di Castori: tutto normale, si tratta delle dinamiche del calciomercato, bellezza!
Definire l’innesto un’incognita – curriculum alla mano – non è un’opzione tanto campata in aria, è legittimo. Ma, quest’oggi, non sarà la dimensione tecnico-tattica ad armare l’inchiostro dell’editoriale. Soffermarsi su cosa pensano gli altri di noi, magari, non è edificante, né sarà un esercizio nuovo a queste latitudini ma rende l’idea (semmai fosse necessario ribadirlo) di quale sia lo stato dell’arte.
Leggere che, secondo Foot National (un portale francese), Sanasi Sy è diretto verso una filiale della Lazio deve far drizzare i capelli in testa, far montare disgusto, altrimenti l’amore – motore dell’irrazionale – altro non è che un riflesso della retorica.
La Salernitana non è più, pur essendo stata – quanto è stata per tutti noi, solo Dio sa – ed ora si ritrova ad essere il subaffitto della passione. Le situazioni che riguardano la nostra gloriosa casacca emergono e, nel frullare d’ali di una porzione di sudditi assuefatti al disgusto, mettono in pericolo l’identità, 102 anni di storia e un intero esercito di nuove generazioni che vedono nella Salernitana un qualcosa di astratto e lontano dalla visceralità. Non si può tacere ma, soprattutto, non si può tacciare di pesantezza chi non si presta più al gioco del “si, vabbè. Però”.
In questo senso si articola l’ennesimo, duro, comunicato del Direttivo Salerno:
“Ve lo avevamo detto, certo, ma cosa conta. La faccia (la nostra) ce l’abbiamo sempre messa, e continueremo a farlo, anche pagando in prima persona. I risultati, gli ultimi, sorprenderanno qualche ingenuo (?!?), ma non cambiano un pensiero (il nostro) ormai consolidato. È bene ricordare (e a qualcuno fischieranno le orecchie) che noi veniamo da un confronto diretto con la proprietà, con delle promesse (nero su bianco) miseramente disattese! Lo abbiamo fatto a seguito di una vittoria di prestigio. Lo ribadiamo, oggi, dopo una cocente umiliazione.Perché questo nostro pensiero resti scritto nella pietra. Il nostro NO ALLE MULTIPROPRIETÀ non è figlio del pregiudizio.Il nostro NO ALLE MULTIPROPRIETÀ non è il capriccio di una sconfitta. Il nostro NO ALLE MULTIPROPRIETÀ sarà la linea guida delle nostre azioni”.
Ché la multiproprietà – concetto da ripetere fino alla nausea – è la morte del calcio, Salerno ha detto basta. Con buona pace di chi ancora, ravanando nel letame, prova ad edificare fortificazioni laddove il sentimento dominante è il disprezzo.