Ciro De Cesare, in veste di ex calciatore sia della Salernitana sia del Chievo Verona, non poteva sottrarsi ai microfoni della redazione di SOLOSALERNO.IT. Attraverso una prolifica chiacchierata, ci racconta la sua esperienza fra i ranghi granata e fra le fila dei “mussi volanti”.
Occhi rivolti al passato e voce proiettata al futuro, il “Toro di Mariconda” – una vera e propria istituzione dalle nostre parti – con emozione e piacere ha ripercorso alcune delle tappe più emozionanti ed importanti della sua carriera calcistica.
Ciao Ciro, buongiorno. Era ineludibile un tuo contributo in vista della gara che la Salernitana sarà chiamata a giocare questo sabato contro il corazzatissimo Chievo.
Come vedi la squadra di mister Castori quest’anno?
“La Salernitana sta facendo molto bene, insomma, tutto ciò che la società ha chiesto all’allenatore. In fase di mercato hanno preso qualche buon giocatore, ci sono alcuni che sono, sicuramente, in ritardo di condizione ma, tutto sommato, la squadra può mantenere le zone alte della classifica e se la può giocare con tutte. Il campionato di serie B è molto lungo, stressante e ci vuole una ‘panchina lunga’ per poter fare veramente bene. È fondamentale quest’ultimo aspetto. Per vincere o per raggiungere degli obiettivi, per fare un campionato di vertice, ovviamente, occorre avere una rosa molto assortita e valida.”
È proprio la “panchina lunga” che manca alla Salernitana, soprattutto nel reparto offensivo. Le operazioni di mercato non sono state all’altezza delle aspettative dei tifosi ma, soprattutto, della posizione interessante in cui si trova la Salernitana. Il mercato avrebbe potuto portare in dote nomi più blasonati. Soprattutto l’ultimo acquisto, Kristoffersen, non presenta il curriculum che dia garanzie al team di Castori.
“Sicuramente. Non posso pronunciarmi oltre su quest’ultimo acquisto perché non lo conosco. Ho approfondito un po’, guardando delle immagini e sembrerebbe un giocatore molto simile a Djuric. Ma, inutile girarci attorno, la Salernitana avrebbe avuto bisogno d’altro, di un attaccante da doppia cifra. Anche i tifosi attendevano un nome importante. Nonostante tutto però, c’è da stare sereni perché la squadra che può continuare a fare bene”.
Ciro il tuo primo gol in serie B è stato proprio contro il Chievo. Cosa rammenti di quel momento storico?
“Giocammo fuori casa, raggiungemmo Verona in aereo ed io avevo una fifa tremenda di volare. Non amo viaggiare in aereo. I ragazzi mi presero in giro durante l’intero tragitto per questo mio timore. La partita contro il Chievo la ricordo soprattutto perché è stata la mia prima gara ufficiale, l’esordio. Fu una partita ben giocata. Prendemmo un gol al termine dell’incontro e, perdemmo il vantaggio che era stato realizzato grazie alla mia rete su cross di Vittorio Tosto, mi inserii dalla destra e andai a segno. Poi prendemmo il calcio di rigore a sfavore su fallo di mano Giovanni Tedesco che fece si la partita terminasse in pareggio. Fu un grande esordio. Per me, parlare del Chievo è sempre bello. Ho vissuto quattro anni lì e sono ricordi indimenticabili. Pezzi di storia importanti li devo anche a quella realtà. Andammo in serie A ed è stato un anno bello, vissuto con la stessa intensità, o quasi, di come avevo vissuto a Salerno.”
Qualche esperienza particolare col Chievo che ti è rimasta particolarmente impressa, al di là della promozione in massima serie?
La cosa bella fu quando arrivai lì. Per ambientarmi ci misi un bel po’. Abituato alla realtà campana, feci non pochi casini, creai diversi disordini in città.
Ti facesti riconoscere, insomma, da buon meridionale…
Si, giustamente, non avendo mai vissuto esperienze fuori porta, trovandomi a Verona – città molto particolare – il primo mese trascorso lì feci un po’ di danni.
Portasti un po’ di brio, fuori e dentro al campo…
“Però calcisticamente, quando sono arrivato durante il mercato di novembre, riuscii a risollevare le sorti della squadra che era ultima in classifica. Feci 12 gol da quando arrivai, contribuendo alla salvezza del Chievo. Calcisticamente ho fatto molto bene, solo nel privato, nei primi tempi, ho avuto non pochi problemi. Ebbi non poche difficoltà soprattutto nel farmi comprendere. Il dialetto campano non lo conoscevano e non volevano conoscerlo!! A Verona sono un po’ particolari da questo punto di vista!”.
Da ex, invece, come hai vissuto l’Arechi?
Da ex sono tornato a Salerno e se non erro, tornammo a casa con tre gol incassati. Al di là del risultato e della prestazione, fu una grande emozione giocare nel principe degli stadi. Salerno per me è una delle piazze più importanti in assoluto.
La prestazione fu condizionata dall’affetto e dai ricordi in granata?
“No, quando andavo in campo pensavo solo a giocare. È normale che scontrandomi contro la squadra in cui ho fatto la storia l’emozione era inevitabile ma, in quel momento ero in calciatore del Chievo, quindi riuscii a scindere i sentimenti dall’ambito professionale”.
Quando approdasti a Salerno nel ’97 è vero che fu proprio il presidente Aliberti a telefonarti e volerti nella sua squadra?
“Si, era già in accordo con il mio procuratore. Io credevo fosse uno scherzo, non avrei minimamente pensato ad una telefonata così diretta. Invece era lui che complice con il mio procuratore (che mi volle fare questa sorpresa prendendo già accordi). Ad Aliberti dissi – ” Non fare lo scemo, dai che non sei Aliberti” – invece era lui, alla fine la prendemmo a ridere e concretizzammo l’accordo”.
Ultima domanda… sulla multiproprietà cosa ne pensi? Credi possa essere seriamente un cancro moderno in ambito calcistico?
“Credo che oggi mantenere una squadra in serie B sia molto difficile e dispendioso. In questo momento la società, con tutti i contro che presenta, con tutte le difficoltà, non gli ha mai fatto mancare nulla. È solida. Sicuramente se si dovesse affrontare il discorso legato alla serie A, diventa tutto più problematico. Penso che sarà l’ultimo problema della società perché, se la Salernitana facesse un campionato di vertice o raggiungesse la Serie A, sicuramente troverebbero qualche escamotage per far sì che questa squadra possa iscriversi al campionato”.
Tu l’hai vissuta la Salernitana in festa, nel massimo campionato italiano, sai quanto la gente possa dare alla squadra e alla società stessa. In fondo, il calcio è dei tifosi. Non pretendiamo un presidente innamorato, ma, sicuramente qualcuno che si dedichi esclusivamente alla Salernitana, questo, si.
“La gente si aspetta il passo vincente, che la squadra possa riabbracciare la serie A. I tifosi sono stanchi, hanno subito campionati più o meno anonimi e per noi la gioia più grande sarebbe quella di raggiungere la massima serie. Sognare dovrebbe essere il minimo”.
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