Giorno dopo giorno risulta sempre più svilente portare avanti determinati scambi. Magari è necessario affidarsi alle infografiche per rendere chiari concetti che, a quanto pare, sfuggono.
Non v’è alcuna connessione fra la contestazione rivolta alla società e il doveroso supporto a quanto rappresentato in campo da Di Tacchio e compagni.
No, assolutamente. Non c’è alcuna relazione. É necessario contare fino a cento prima di elaborare teorie che, eufemisticamente, definiremmo stravaganti. Nessuno tifa contro la Salernitana, pertanto qualche menestrello a gettoni dovrebbe correggere leggermente il tiro.
Non si tratta, altresì, di una disputa fra guelfi e ghibellini – metafora, questa, largamente inflazionata – piuttosto è un vis-à-vis che ricorda contras e sandinisti nel Nicaragua a cavallo fra i ’70 e gli ’80. Non stiamo assistendo a una lotta fra chi sostiene il potere temporale e chi, invece, il potere spirituale. Dal momento che Imperator et Pontifex – per editto di autoreferenzialità – rappresentano la stessa persona e hanno la sede fiscale in quel di Formello.
La divisione, per la precisione, è fra chi desidera l’autodeterminazione e chi, tutt’al più, gode di avanzi, interessi e concessioni. Potremmo assimilare, in un sol colpo, Reagan a Lotito, perderci nei meandri della storia e ammettere che il collaborazionismo è la “forma d’amore” – tra milioni di virgolette – più utilitaristica che esista.
Potremmo paragonare, inoltre, gli aficionados del triumvirato capitolino ai paesi satellite, quelli che barattarono la spina dorsale per un tozzo di pane e una cuccetta nella plancia di comando. Mentre la tribù degli innamorati senza secondi fini potrebbe facilmente costituirsi – cambiando scenari geopolitici – fra le trame dell’OLP o, magari, del CLN. Tutto ciò che, in effetti, presenta il sostantivo “liberazione” nell’acronimo.
Stampatelo sulle tasche del cuore e deviate altrove le accuse di strumentalizzazione: ”Laddove prevalgono orgoglio e amore per le proprie radici non esistono ragioni di portafoglio”.
Tante, troppe, le mortificazioni subite nel corso degli anni. Salerno ha visto decrescere prima i numeri, poi il fervore. E quando la passione vacilla non è mai colpa del popolo, ma sempre di chi lo amministra con disprezzo, freddezza e tracotanza.
Sostenere l’operato dei proprietari, coloro che alcuni – rivolgendosi, forse, ad una piazza composta da servitori della gleba del XII secolo – definiscono padroni, è l’esercizio più stucchevole che possa esistere.
Quelli che chinano il capo nei confronti di questa società sono paragonabili al pover’uomo che – rientrando in anticipo a casa – si imbatte nell’amante della moglie e, sdebitandosi per aver compromesso le gioie dell’amplesso, gli offre anche caffè e sigaretta.
La Salernitanità, per concludere, non è questione di convenienza. La Salernitana non è stata, non è e non sarà mai seconda a nessuno. In alcun modo.
Indossare la livrea dello struzzo per rifugiarsi con la testa sotto la sabbia – ignorando i problemi che la presente multiproprietà comporta – espone al pericolo che qualcuno approfitti della postura adottata.
In effetti, ragionandoci su, pure questa potrebbe essere equivocata come “forma d’amore”.