“Se la vittoria ha molti padri, la sconfitta è orfana”
John Keats
Prenderemo in prestito una perla che perviene da John Keats – poeta romantico dell’Inghilterra post-vittoriana – e ben si accosta all’atmosfera respirata dai rampolli della Salernitana che sarà. O quantomeno dovrebbe essere.
Una serie di sette sconfitte consecutive, una squadra allo sbando, una classifica con appena tre punti all’attivo, figure barbine raccolte in giro per i green di tutt’Italia, avvicendamenti in panchina che servono a poco.
Sliding doors interne, via Rizzolo dentro Procopio. Declassando un tecnico si promuove l’altro, ma a che pro?
Cercare di risolvere l’abisso tecnico e programmatico con le rivoluzioni in panchina è come provare a disgelare l’Everest con un pacco di sale iodato.
Chi si assume la paternità di uno sfacelo senza precedenti? La risposta è tanto ovvia quanto complicata. Domandate in via Allende, risponderanno: nessuno.
Il settore giovanile dell’Ippocampo rappresenta poco più che un mini-serbatoio, un’indesiderata scocciatura, quasi una gatta da pelare. Sembra la pianta grassa custodita sul tavolino del salotto, necessita di acqua al minimo sindacale e, tutto sommato, non è neanche bella da vedere. Sta là solo perché l’abbiamo ereditata da quella zia che ci teneva tanto.
Il responsabile di settore, organigramma ufficiale alla mano, dovrebbe essere il Club Manager della Juve Stabia, nonché figlio d’arte. Innocue dimenticanze, alzi la mano chi si trova a proprio agio con la burocrazia e tutto quel che riguarda l’anagrafica.
Ventilava un’ipotesi, la scorsa estate, ovvero la promozione del preziosissimo factotum Angelo Mariano Fabiani. Proprio lui, grande artefice dalle cure alla prima squadra. Colui che, scandagliando sapientemente il mercato dei grandi, ha sempre costruito organici all’altezza. Il Deus ex machina, sopraffino stratega, costruttore di squadroni che il mondo fan tremar. Dispensatore di triennali, cocchiere provetto in grado di condurre la carrozza a occhi bendati. Lo stradario, tanto, è sempre stato lo stesso. Dal Guido Biondi al Pierluigi Penzo, passando a più riprese per le gole di centro classifica.
Sempre in sella, del resto si tratta del Direttore durato tre pontefici e sei esecutivi. Cambiano le stagioni e i ruoli, le primavere si inseguono o si sfasciano, banali vizi di forma.
Cambia tutto per non cambiare niente, partendo dall’esito dei campionati (vuoi vedere mai che la delegittimazione attuale porti a un risultato finale differente). Dagli affari esteri a quelli interni, indossando anche la toga del guardasigilli. Tutto sommato è lui l’anima di una Salernitana che poco rappresenta il suo popolo.
Angelo Mariano Fabiani, destinato a tutto ciò che, per definizione, dovrebbe rappresentare il materiale umano futuribile di una società. Un po’ come se domattina Flavio Briatore, grande conoscitore dei problemi reali del Paese, venisse proposto al Ministero dello Sviluppo Economico. Stona un pochettino, non vi pare?
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