La Salernitana sta facendo il suo percorso, non è merito del voto di scambio, né del clientelismo. Non è merito della longa manu dei procuratori amici. Quella, semmai, è la nobile arte del piazzista porta a porta.
La Salernitana veleggia nelle zone alte per merito di una guida tecnica che ha saputo apparecchiare, di sforzi e sudore, un banchetto di avanzi tiberini. La Salernitana è lassù per merito del cuore dei calciatori, degli abbracci e della compattezza, del sacrificio e del carattere.
Salerno è strana, quando si vince è merito della società, quando si perde è colpa dei detrattori.
Veracità del nostro essere meridionali. Si professano manifestazioni popolari e antichissime, tutto ciò che concerne la scaramanzia. Sale grosso, occhi secchi, civette, ferri di cavallo e zampe di coniglio. Tutto giusto, per carità.
Un popolo, per natura, è sempre in lotta con la sorte. Le superstizioni, del resto, fanno parte del bagaglio culturale e genetico.
La sfera della razionalità può anche essere scavalcata, capita nei momenti di poca lucidità. Così come si può incappare, a volte, in cecità transitorie. Il cuore, però, è inequivocabilmente – atlante di anatomia alla mano – un muscolo involontario. E, anche se qualcuno ritiene sia mera e inutile appendice, non pulsa a comando. Allo stesso modo, le aree del lobo temporale e l’Ippocampo – sedi non stabilite della memoria – vengono ritenute mero orinatoio.
Pillole di redenzione, fra le antenne lesse di radio e tv, giungono da più parti. Per ora sono timidi accenni, diventeranno sicuramente stoccate illogico-sgrammaticate. Da questo discorso esulano quei soliti ignobili che, quantomeno, sono coerenti.
Le file si ingrossano e il pensiero di facciata, con lentezza e scarsa lungimiranza, prova a scalfire gli argini del buonsenso.
Le parole posseggono tratti caratteristici, sono lo specchio di chi le pronuncia.
Leggere determinate dichiarazioni è un insulto, nei confronti dei destinatari ma anche dei mittenti. Un’offesa, soprattutto, nei riguardi di chi conosce bene il camaleontismo del parlante. Conosce bene le fughe e i silenzi tattici, conosce bene la tracotanza con cui prova ad interpretare e riscrivere i testi sacri.
Ché la Salernitana, la sua Storia ultracentenaria, è religione intrisa di impulsi anticlericali. Qui si omaggiano le divinità e i santi.
Non i curati di provincia. I fedeli parrocchiani se ne facciano una ragione. Specialmente se poi, quella provincia, non appartiene alla nostra area geografica.
Calderoni verbali destinati ad un uditorio che, se applaude, non ha la minima percezione degli eventi presenti, né dei passati.
Tutto amabilmente squallido. Come Francesco Cossiga che, all’alba dei ’90, iniziò a picconare il sistema di cui aveva fatto largamente parte. Come se un tal de’ tali, rampollo dei Parioli – indossate le vesti del sovvertitore di campagna – iniziasse a condurre battaglie che non gli competono, contro i frutti della propria stessa mensa.
L’ombra nera del populismo è il male del nostro secolo, è l’evoluzione del fai da te in chiave dialettica. Esattamente ciò di cui, in questi tempi, non abbiamo minimamente bisogno.
Non si parli di Prima Repubblica, se della Prima Repubblica – alla stessa maniera dell’altra gramigna che infesta i palazzi – si è figli modello.