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Il mestiere di leggere

A cinque Super Bowl preferisco un cross di Maiellaro o una fuga di Roscioli.

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Il mestiere di leggere
Il mestiere di leggere
Tempo di lettura: 4 minuti

A Gianni Mura devo dire grazie perché mi ha portato, con il suo calice di Franciacorta, a vivere il più bel mestiere che mi sia capitato di fare.

Il mestiere di leggere.

Ormai le chat, internet e i social ci hanno fatto perdere il senso di questo meraviglioso lavoro. Leggere, d’altra parte, non è soltanto fagocitare informazioni o “indinniarsi” per un commento.

Leggere rappresenta l’entrare nella vita delle persone.

Certo, bisogna raccontarla bene la vita delle persone. Solo in questo modo si riesce a interpretarlo al meglio, questo mestiere.

Vi racconto un aneddoto su Gianni Mura:

Chi scrive da queste colonne virtuali, molto timidamente, gli chiese se potesse scrivere qualcosa su Agostino di Bartolomei.

In un primo momento non ricevette alcuna risposta.

Dopo un quarto d’ora, però, gli giunse uno scritto meraviglioso. In un quarto d’ora, Gianni Mura, aveva messo a punto un pezzo magnifico. In un misero quarto d’ora aveva dipinto la gloria e la fine di un campione.

Ecco, Gianni Mura era questo.

Gianni Mura era questo, dicevamo, ma non solo. Era uno che amava Milano, viveva la sua città, il suo mondo fatto di osterie e di gelaterie. Viveva in zona Stazione Centrale: un luogo sicuramente non da guida turistica, né da cartolina, semplicemente un luogo da vecchia Milano.

Questa persona, un anno fa, ci ha salutato.

Ci ha salutato colui che, durante i Tour, in sala stampa era l’unico ad usare una Olivetti Lettera 22. Un giorno venne redarguito da un addetto stampa che, con la tipica simpatia francese, provò a pungerlo: “Ma non pensa che il suo ticchettio dia fastidio ai suoi colleghi?” Lui, seraficamente, rispose: “In realtà è il silenzio delle loro tastiere a darmi fastidio”.

Bildnummer: 02961094 Datum: 13.07.2007 Copyright: imago/Volkmann Journalist Gianni Mura (Italien / La Repubblica) an seiner Schreibmaschine; Vdig, quer, Fernsehen, TV, Medien, Journalist, Sportjournalist, Sportreporter, Fieldreporter, antiquiert, veraltet, o0 Arbeit Tour de France 2007, ProTour, Straßenradsport, Straße, Rad 6. Etappe: Semur en Auxois – Bourg en Bresse Radsport Herren Einzel Einzelbild Randmotiv Personen Objekte

Un po’ di tempo fa ho visto un documentario, creato da un’altra giornalista che mi ha insegnato il mestiere di leggere, si tratta di Emanuela Audisio. Il documentario, neanche a dirlo, era dedicato a Mura.

In realtà è dedicato alla vita di ognuno di noi.

È un inno alla vita di redazione, consigli di condivisione. Poi storie, poi lettere e poi cartoline inviate dai posti più disparati, esotici o meno: sicuramente mozzafiato. L’Alpe d’Huez, ad esempio.

Si, perché quando qualcuno ti racconta le epopee di miti assoluti come Fausto Coppi e lo fa con la stessa grazia e maestria di Lodetti, beh.

Quando un giornalista incarna la leggerezza della giocata individuale, non puoi non amare il gesto di aprire il giornale e cercare quella storia, quel racconto.

Si, mi mancano anche i suoi Cattivi Pensieri domenicali, mi manca il brivido leggere una frase – farmi sorprendere dal bagliore del bello – e poi rileggerla.

Mi manca, ormai si è capito. Mi manca il mio mestiere di lettore.

Forse è perché i nuovi professionisti hanno travisato il ruolo dello scrivere e del raccontare. Ora pare un’enorme buffonata, infarcita di parole uguali, di concetti redatti con il ctrl+c e ctrl+v. Tutto quello che, in conclusione, mi ha fatto comprendere che il mondo attuale non potrebbe sopportare la nascita di altri Gianni Mura.

Perché chi crede di essere un influencer potrà anche dirottare le mode, magari funge da mero raccoglitore di like. Non potrà mai capire, però, il significato profondo del verbo raccontare.

Raccontare, del resto, non è essere chinati ad angolo retto verso il potente di turno. Raccontare è l’arte di amare le persone, a prescindere dai tornaconti personali.

Osteria o ristorante? “Osteria! Così sei sicuro che nel menù non c’è il sushi”.

Ecco, è in un’osteria in cui, in questo momento, ti rifocilli. La stessa osteria in cui, prima o poi, finiremo tutti. Se dovessi vedere un uomo che, timidamente, ti porge un libro per fartelo firmare non mandarlo a fanculo.

Non guardarmi così, è che io non bevo.

Però ho occhi e orecchie grandi per sentirti di nuovo parlare della cosa che amavi di più. La vita.

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