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Fraccapani: «Superai la curva di Vietri e mi innamorai di Salerno. Sembrava Montecarlo. Si poteva fare di più con quella squadra».

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La Salernitana è stata sempre meta di difensori importanti ed arcigni. Se facessimo dei nomi staremmo qui a scrivere cartelle su cartelle. Un difensore che è rimasto ancora nel cuore di tanti tifosi (quelli con qualche capello bianco si intende) è di sicuro Piero Fraccapani.

Arrivò a Salerno nel 1971 in una annata che vide i granata alle prese sempre con i soliti problemi societari. La società rischiò di non iscriversi al campionato per delle esposizioni debitorie sanate poi con l’intervento del Comune di Salerno. Si fece fatica addirittura a trovare un tecnico, salvo poi ingaggiare Vitali, reduce dalla vittoria del campionato a Sorrento.

Come spesso accade, però, la squadra riuscì ad isolarsi dai problemi disputando un bellissimo girone di andata, grazie alla tenuta difensiva ma soprattutto alla vena realizzativa di Mauro Pantani, vincitore della classifica dei cannonieri.

Fraccapani fu l’anima della difesa. Scuola Milan con una esperienza in quel di Padova, “Fracca” (come amavano chiamarlo i compagni) si integrò subito nel tessuto salernitano, diventando un vero e proprio punto di riferimento. Quel campionato fu dominato dal Brindisi ma la Salernitana, nel girone di ritorno, mollò la presa.

Ritornò nel 1977 ma giocò poco a causa di un problema ad una gamba.

Ci racconti quel campionato

«Io credo che se fosse rimasto l’avvocato Tedesco alla presidenza sarebbe stato tutto diverso. Con l’arrivo di Vessa ci fu il declino. Avevamo una squadra bellissima, costruita bene. Se avessimo avuto un attaccante di categoria tipo Pulitelli, ad esempio, avremmo potuto dire la nostra anche per la vittoria del campionato. Onestamente io non avrei ceduto Horton che era un’ala molto forte. In quegli anni andava in B una sola squadra ma avremmo lottato fino alla fine. Poi nel calcio ci sono tante varianti, dagli infortuni alle squalifiche che condizionano. Ci fu anche l’infortunio di Valsecchi che fu sostituito da Fulvio De Maio. Insomma, tanti episodi che condizionarono il nostro cammino».

Però Pantani face tanti gol

«Mamma mia. Ne fece 18 o 19. Se avesse avuto una testa diversa avrebbe giocato in squadre di serie A di medio alta classifica. Un calciatore straordinario. Magari se avessimo avuto in panchina uno come Giammarinaro che trovai ad Avellino l’anno dopo sarebbe andata diversamente. Eravamo forti davvero».

Uno dei pochissimi errori che lei commise fu una clamorosa autorete contro il Matera. Come andò?

«Avevo 38 di febbre ed io non volevo assolutamente giocare. Il povero Bruno Carmando mi diede due Aspirine e andai in campo ma ero stordito come un pesce sul bancone. Arrivò un traversone anonimo. Con quel pallone avrei potuto fare qualsiasi cosa ma la toccai col sinistro e la misi dentro la nostra porta. Fulvio De Maio rimase di sasso giustamente. Poi nel secondo tempo non rientrai».

C’è qualcuno che lei ricorda con più piacere?

«Due in particolare: Giuseppe Tedesco, il nostro presidente, e Bruno Carmando. Bruno era di una professionalità unica ma anche molto spiritoso. Faceva tutto: il massaggiatore, il confidente, il medico. Un massaggiatore di serie A. Il presidente Tedesco era un galantuomo. Stava sempre vicino alla squadra».

Il suo ingaggio fu salutato con grande entusiasmo. Che ricordi ha della città?

«Arrivai di sera in macchina e dopo Cava de Tirreni imboccai la curva di Vietri e guardai il panorama. Salerno mi sembrò Montecarlo e me ne innamorai subito. Poi tutti me ne parlavano bene. Il “Vestuti” era sempre traboccante di entusiasmo. La squadra era un tutt’uno con la città. Nel bene e nel male. Ricordi stupendi».

Il secondo campionato non fu entusiasmante

«Arrivai a novembre ma già avevo problemi ad una gamba. Non giocai nel mio ruolo, perché da libero giocava Consonni. Quando Masiero fu esonerato e Mujesan prese il suo posto questi mi pregò di giocare stopper ma io non ce la facevo. Fu un campionato anonimo. Non ero io. Andai a Pagani, ma la gamba non mi dava tregua. Andai via perché non mi andava di rubare soldi».

È rimasto nel mondo del calcio?

«No. Ho cominciato a lavorare nel mondo della pubblicità. Ho cominciato come agente ed ho fatto una bella carriera in questo settore. Dopo qualche anno, sono diventato direttore delle vendite per il quotidiano Repubblica per la Lombardia».

Parliamo della attuale Salernitana. Che idea si è fatto?

«La Salernitana è una bella squadra con un bravo allenatore. Il problema è capire se Lotito ha interesse ad andare in A. In questo caso dovrebbe lasciare o risolvere il problema. Due squadre in A costano. Il problema del regolamento si supera. Io sono dubbioso sul fatto che lui voglia andare in A».

Perché?

«In A bisogna investire e prendere calciatori importanti. Se poi si retrocede è difficile rivendere i giocatori. A quel punto una società non regge più e fallisce. Ho tanti dubbi. Per quello che mi riguarda io ritengo Lotito una persona inaffidabile. Io credo che a lui non interessi andare in A. O forse non gli conviene. Ovviamente, io mi auguro di sbagliare perché Salerno merita la A soprattutto per il calore della sua gente».

Ernesto Curcione

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