La Salernitana devi viverla, per capire la vasta gamma di esperienze emotive ed esistenziali che riesce a regalarti. Perché focalizzare semplicemente l’attenzione su quanto accade sul terreno di gioco, significa disperdere i momenti salienti del tuo viaggio al fianco dell’Ippocampo.
Prendi la partita di ieri, quando, ad extra time ormai iniziato, ti appresti a raccogliere i cocci di un turno che volge al termine con le vittorie delle quattro dirette concorrenti e la sconfitta della truppa di Castori. Una cappa opprimente di delusione grava sul cuore, sei obbligato a familiarizzare con la consapevolezza di veder sfumare il secondo posto ghermito dal Lecce corsaro a Vicenza, con Venezia e Monza ad insidiare anche il terzo e il quarto gradino della classifica, utili per eludere i preliminari della post season e poter giocare da una posizione di vantaggio gli spareggi che mettono in palio l’ultima promozione in massima serie.
Ti aggrappi allo stoicismo filosofico per metabolizzare lo sfarinamento dei sogni silenziosamente cullati nella lunga settimana di vigilia del match, dici a te stesso che è tempo di far di necessità virtù e che, pertanto, bisogna accantonare in fretta il brusco risveglio, operare una ‘virile’ tabula rasa, voltare pagina e riprendere il cammino con la medesima determinazione.
E non sai ancora che l’apoteosi, pronta ad irrompere sulla scena, sta già ridendo del tuo broncio da bambino a cui hanno strappato dalle mani il gustoso gelato al cioccolato. Essa si materializza nei minuti di recupero concessi dal signor Fourneau, direttore di gara di origini francesi. Dettaglio che sembra quasi premonitore rispetto alla rivoluzione calcistica che Gondo e compagni si apprestano a scatenare negli ultimi cinque giri di lancette.
Trecento secondi che si elevano rispetto alla battaglia in corso sul prato verde e diventano un’esperienza totalizzante per il tifoso granata. Che in questo ridotto spazio temporale affronta una prova sulla sua tenuta coronarica, ma anche il repentino dubbio filosofico, dopo la prima rete di Gondo, insinuatosi tra la saggezza che invita a preservare un pari che mantenga distanti Monza e Venezia e il desiderio di provare a fare un altro golletto che consenta di restare aggrappati alla maglia del fuggitivo Lecce.
Il tempo dedicato alla misurazione delle pulsazioni e all’enigma amletico sulla gestione dei tre minuti finali ancora disponibili, si trasforma in una potentissima scarica adrenalinica quando l’attaccante ivoriano deposita il secondo pallone alle spalle del portiere lagunare.
Ed è quello il preciso istante in cui la prevenzione medica e la filosofia spicciola vanno a farsi friggere, lasciando il posto alla musica del raffinato cantautore Paolo Conte, con l’irruzione all’interno del gaudio collettivo granata dello ‘spettacolo di arte varia di uno innamorato di te’, che ruba immediatamente la scena all’esterno dello stadio Arechi, tra le strade ed i vicoli cittadini e nelle abitazioni che ospitano decine di migliaia di tifosi incollati davanti a televisori, pc e smartphone.
Adesso sarebbe il caso di staccare la spina per qualche giorno, di smaltire la stanchezza fisica e mentale cagionata dalla battaglia contro i lagunari di mister Zanetti. Invece è già antivigilia di un altro appuntamento cruciale, sempre più decisivo, contro il blasonato Monza di Berlusconi e Galliani. L’obiettivo è la conquista dei tre punti, per restare agganciati al Lecce e conservare la possibilità di realizzare il sorpasso definitivo negli ultimi tre turni della stagione, che, almeno sulla carta, sembrano concedere qualche chance in più a Di Tacchio e compagni.
Testa fredda e cuore caldo, l’eden del pallone non è più una chimera.