Nella memoria collettiva di tutti, il 1992 resta per l’Italia uno degli annus horribilis. Basti solo pensare alle stragi di Capaci e di Via d’Amelio che costarono la vita ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e alle loro rispettive scorte e all’inchiesta della Procura di Milano, passata alla storia come Tangentopoli, che spazzò via la classe politica italiana.
Per quanto riguarda la Salernitana, il 1992 è un anno importante perché per 4 mesi una Leggenda del calcio italiano divenne allenatore della Bersagliera. Già, Tarcisio Burgnich, storico difensore della Grande Inter e della Nazionale Italiana (autore di una rete nella Partita del Secolo, Italia-Germania 4-3, semifinale dei Mondiali di calcio Messico 1970), dal 26 febbraio al 31 maggio di quell’anno guidò la Bersagliera nel torneo di Serie C1 1991/1992.
Era la Salernitana retrocessa l’estate precedente dalla B a causa della sconfitta col Cosenza per 1-0 (gol di Marulla) nello spareggio di Pescara e che vide un cambio societario, con Soglia che passò la mano a Pasquale Casillo, con Franco Del Mese nominato amministratore delegato. La nuova società scelse Giovanni Simonelli, allenatore della Sangiuseppese che l’anno precedente aveva sfiorato quella che sarebbe potuta essere una storica promozione in C1, come nuovo tecnico.
La partenza dei granata fu veemente. La Salernitana, trascinata dai gol di Pasa e D’Isidoro, duellò con la Ternana per la prima posizione ma in inverno incappò in una crisi di risultati e di gioco. In 10 giornate, tra dicembre e febbraio, i granata misero a referto una sola vittoria contro la Sambenedettese, quattro pareggi e ben cinque sconfitte, scivolando in un amen dalle zone nobili a quelle calde della classifica. Dopo il ko contro la Reggina del 23 febbraio (1-0), la decisione di dare il benservito a Simonelli e di affidarsi alla Roccia, a Tarcisio Burgnich.
Del Mese e Cannella, d.s della Salernitana in quella stagione, gli comunicarono che la società aveva stabilito un premio promozione di un miliardo. Burgnich, con molta schiettezza, dopo il primo allenamento comunicò ai dirigenti che l’unico obiettivo possibile raggiungibile da quel gruppo era la salvezza, registrando i movimenti difensivi, giocando di più a uomo e accantonando la zona “simonelliana”.
L’obiettivo venne raggiunto. La Salernitana di Burgnich in 13 partite rispettò pienamente la media del punto a partita, collezionando 13 punti frutto di 4 vittorie, 5 pareggi e 4 sconfitte. Tanto bastò per concludere il torneo al settimo posto a 34 punti, nel gruppone centrale che vide ben 13 compagini racchiuse nel fazzoletto di 4 punti, ultima delle quali il Fano penultimo a 30 punti e retrocesso assieme al Monopoli fanalino di coda.
La dirigenza granata cercò di convincere Burgnich a rimanere ma il friulano, con la schiettezza che lo contraddistingueva (nel senso vero di queste parole e non infarcite di vana retorica, come usa fare qualcuno), affermò in un’intervista dell’epoca: “i dirigenti mi chiedono la promozione, ma non sarà facile vincere il campionato ripartendo da zero, perché la società ha intenzione di cedere quasi tutti gli elementi dell’attuale gruppo. Io non me la sento di dare false assicurazioni. Nel calcio non è facile centrare un risultato di prestigio subito dopo una rivoluzione tecnica“.
Parole chiare. Chiaro come fu l’atteggiamento di Burgnich nei quattro mesi alla guida della Salernitana. Il friulano, salvando la Bersagliera, mise un primo tassello verso la costruzione di quella che sarebbe stata la Salernitana vincente di Delio Rossi due stagioni dopo.
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