Domenica 13 giugno 2021 ha tagliato il suo primo grande traguardo da allenatore, riportando il Campobasso in Serie C (intesa come terzo livello del calcio italiano) dopo 32 anni di assenza. Ma Mirko Cudini resta comunque sempre legato alla Salernitana, dato che 77 partite in 3 stagioni e mezzo e, soprattutto, la promozione in A nella stagione 1997/1998 rimangono ricordi indimenticabili.
Salve, Mister. Innanzitutto complimenti per la promozione con il suo Campobasso. Che soddisfazione è stata? Vi è differenza nel vincere da allenatore rispetto ai successi ottenuti da calciatore?
“Salve. Beh, la soddisfazione è grande. Abbiamo dato, grazie all’apporto della società che da due anni sta programmando alacremente, un’immensa gioia a una piazza importante che da tanto aspettava il ritorno tra i professionisti. L’unica differenza tra vincere da calciatore o da allenatore è la maniera di esternare la gioia. Vincere è sempre bello e l’emozione è sempre la stessa qualunque sia il ruolo, ma è chiaro che da allenatore devi avere atteggiamenti più contenuti nell’esprimere la tua felicità rispetto a quelli che avevi da calciatore“.
Il suo futuro con il Campobasso è già delineato? Anche perché le intenzioni della società sono quelle di non fare un campionato da comparsa, anzi tutt’altro.
“Per quanto riguarda il mio futuro, ci incontreremo a breve con la società e parleremo del futuro. Ma l’idea è quella di rimanere e le prospettive sono buone al riguardo. Per quanto riguarda la piazza, bisogna tener conto che per la società sarà il primo campionato tra i professionisti e quindi l’obiettivo principale sarà il consolidamento della categoria. Sarà un torneo “anomalo”, poiché ci sono tante piazze importanti e organici di primo livello. Quindi, il Campobasso dovrà affacciarsi al campionato con umiltà e mantenere la categoria sarà il primo step“.
Veniamo alla Salernitana. La compagine granata ha festeggiato il 19 giugno il suo centoduesimo compleanno. Forse il compleanno più paradossale della sua storia, dato che nella tifoseria vi è la convivenza di due sentimenti contrastanti: la gioia per il ritorno in Serie A e l’ansia per disputare il massimo campionato, considerata l’annosa vicenda legata alla multiproprietà. Partiamo dalla gioia. Quanto meritava Salerno il ritorno in Serie A e che analogie ha trovato con il campionato vinto nel 1998, nel quale fu protagonista?
“Che Salerno meritasse la Serie A non vi è ombra di dubbio. Una promozione magari insperata alla vigilia, ma poi meritata a suon di prestazioni figlie dell’organizzazione di gioco e della forza del gruppo. Rispetto alla mia promozione, ho notato subito questa analogia. E cioè che anche noi nella stagione 1997/1998 non eravamo accreditati alla vigilia tra le compagini papabili per il salto di categoria, cosa che invece avvenne. Poi, come differenza, spicca ovviamente quella del gioco. La mia Salernitana era decisamente più votata all’attacco, mentre quella di Castori si è basata su un gioco più difensivo ma ugualmente redditizio“.
Rossi e Castori, due allenatori diversi tra di loro. Uno lo ha avuto da calciatore, l’altro lo ha seguito a distanza. Che differenze trova tra i due?
“Beh, ai tempi di Rossi avevamo un blocco squadra di 4-5 giocatori provenienti dalla vittoria della Serie C del 1994 e che quindi avevano fomentato quel gruppo che si è costruito strada facendo e ci hanno insegnato la mentalità vincente. Castori, secondo me, a differenza di Rossi, si è invece maggiormente dedicato alla compattezza di gruppo. Non che Rossi non abbia puntato sul gruppo, però, ripeto, avere quei 4-5 calciatori già incanalati nella mentalità di vincere a Salerno fece la differenza all’epoca“.
Parliamo di cose positive, immaginando la Salernitana regolarmente iscritta in Serie A. Ripartirebbe da Castori in panchina?
“Assolutamente sì. Credo che il mister debba avere la possibilità di disputare il massimo campionato, che ha conosciuto solo nell’esperienza con il Carpi. Anche perché credo che la Salernitana manterrà l’ossatura della squadra che è stata promossa e quindi sia a maggior ragione giusto dar seguito alla sua filosofia“.
Gli addetti ai lavori già parlano di mini torneo a 4 per la salvezza con lo Spezia e le tre neopromosse, compresa ovviamente la Salernitana. Si trova d’accordo o è ancora troppo presto per parlare di pronostici?
“Mah, sulla carta tutto porta a quest’ipotesi ma i campionati poi vanno giocati e svolti sul campo. Quindi, non partirei con questo pronostico, perché le sorprese in negativo e in positivo ci sono sempre. Un esempio è proprio lo Spezia, da tutti additato come vittima sacrificale e che invece si è salvato molto bene. Quindi, no, non la vedo così, avremo delle sorprese“.
Arriviamo alle dolenti note, ossia l’ansia dei tifosi per la vicenda iscrizione. Lotito è arrivato a un bivio: o cede la società o accetta il trust con le condizioni proposte dalla FIGC. Come pensa terminerà questa vicenda?
“Sono fiducioso e credo in una conclusione positiva. Penso che alla fine Lotito, anche a costo di rimetterci personalmente, lascerà la Salernitana. Sebbene sia altrettanto convito che, in una maniera o nell’altra, sarà sempre vicino alla compagine granata. Ovvio, col passare dei giorni, ci sta che l’ansia aumenti ma, ripeto, sono fiducioso nella buona conclusione della faccenda“.
Ovviamente, è ancora presto per fare qualunque tipo di pronostico. Però, immaginiamo la seguente situazione: Salernitana salva in A e Campobasso, allenato da Cudini, Salvo in Serie C. Metterebbe la firma?
“Ne metterei più di una. Come ho già detto, il primo step per entrambe le squadre sarà il mantenimento della categoria. Quindi, certo che metterei più di una firma“.
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