L’autostrada si srotola sotto due paia di pneumatici che hanno visto sicuramente tempi migliori. La benzina, tristemente annacquata, scarseggia.
È Bologna, comunque, la prima puntina sullo stradario: colei che fra portici e viali attende il battesimo dei granata. La Dotta e la Cenerentola: due culture a confronto, ambizioni contrapposte all’ombra di San Luca.
Il viaggio, dunque, riparte: diversi i porti, quasi simili i marinai, indiscutibilmente uguale il nostromo.
Angelo Mariano Fabiani non ha mollato, tutt’altro. Al netto delle solite – inspiegabili per chi non legge fra le righe – trattative mordi e fuggi, al netto della solita gestione da casa cantoniera: l’altroieri Pagani e Rieti, ieri San Benedetto del Tronto, oggi Seregno, domani chissà.
La memoria, tuttavia, è esercizio inviso alla massa: la lesa maestà – per questi reami – non è stata ancora derubricata. Turarsi il naso e andare avanti, nulla è eterno: la baldanza si trasformerà in addio.
Crollarono imperi dove non tramontò mai il sole, figurarsi i bugigattoli di provincia tenuti su col nastro biadesivo e le cene vis-à-vis.
L’estate delle rivoluzioni annunciate, pertanto, ha ceduto il passo all’afa: chiamatela pure stasi o continuità.
Frattanto, i sarti del diritto anglosassone hanno cucito una vela fatta di stracci, un ponte che si regge a stento e collane di gomene putrescenti. Il tutto con l’avallo di Gravina, faro intermittente di frastagliate legalità.
Eppure è lì la Salernitana, e tenta di navigare sotto costa: orientandosi, senza bussola, fra le stelle. Senza Presidente, senza soldi – dicunt – e finanche senza la frangia più calda dei suoi tifosi. Ché la gestione attuale dell’afflusso negli stadi è la morte dell’aggregazione. Alcuna accusa al Green Pass, misura – parere di chi scrive – scomoda ma obbligata.
Portare pazienza, rivedere la luce. Si tornerà, quando l’ingresso sarà per tutti e i posti sui gradoni saranno scelti dall’abitudine e dalla scaramanzia, non dall’algoritmo di un circuito telematico.
Si riparte, dicevamo, al di là della Terra di Gaibola: laddove, nel primo pomeriggio di un dicembre lontano, un bambino – troppo piccolo per le trasferte, non altrettanto per assumere zaffate di Marlboro rosse – allungava il collo per godersi un sogno proiettato sulla squallida parete di un circoletto. Laddove un autogol di Paramatti restituì il respiro agli oltre duemila salernitani – fortunati loro – presenti.
Si riparte dal feudo di Dalla, dal solco in cui la poesia – fra le stelle e i gatti in amore – ha reso immortale il profilo di San Petronio.
Dodicimila lune hanno ricucito la Via Emilia a quella zolla di mare, fra Alburni e Lattari, che ci ha concesso il privilegio di farsi amare. Nel frattempo, del Poeta resta l’ombra impressa fra rondini e comignoli.
Fugge il tempo, con lui l’arte. Anche l’Agnese delle Cocomere – storica titolare del chiosco tanto amato da Lucio – ha deciso di volare altrove. Si parla, ormai, un idioma diverso: tutto è cambiato. Non necessariamente in meglio.
Il divenire, purtroppo, non è sempre sinonimo di progresso: chiedere per credere – mai per comando – a chi ha provato ad acquistare tagliandi online nelle ultime 24 ore. Ai prezzi di un settore popolare che – ora più d’allora – ha assunto i crismi di una patrimoniale.
Chiedere a chi, con tanta sofferenza, ha deciso di non seguirla. Almeno per il momento, in attesa di normalità che potrebbero esporre la scritta “on delay” sul tabellone degli annunci.
Chiedere anche – pensiero di tutt’altra importanza, perciò doveroso – a chi ha visto il dolore trasformarsi da racconto in realtà, da eccezione in regola.