Avere lo stesso colore
Il toro che vinceva tutto.
Il toro che rifilava goal a grappoli, dopo che dalle tribune suonava una tromba con la carica.
Il toro di uno dei più grandi giocatori di tutti i tempi.
Il toro di un presidente ex muratore che intratteneva rapporti commerciali con il partito comunista sovietico.
Il toro dello scudetto di Pulici, Claudio Sala e Renato Zaccarelli.
Il toro della sedia di Emiliano.
Il toro di un giocatore con il naso schiacciato che diventò allenatore e fumò mucchietti di tabacco per la pipa in Spagna.
Il toro di un centrocampista che si chiamava Leovegildo e con uno sguardo sapeva come andava a finire un’azione.
Il toro di Casagrande il braccio rock e maledetto della democrazia Corinziana.
Il toro che trionfa a Bilbao.
Il toro dei tifosi vip che non possono non esserti simpatici: Baricco, Culicchia, Gianni Minà, Boosta dei subsonica.
E un tale Mick Wallace europarlamentare irlandese che a Bruxelles più di una volta si è presentato così
Il toro di un manager che fece la pipì in gruppo su un albero di Arcore.
E che parla spesso, troppo e permettetemi a capocchia.
Il toro che a suon di chiacchiere del suo presidente cerca di ritagliarsi uno spazio al tavolo delle sorelle del calcio.
Ma come vuole il detto delle Chiacchiere e tabacchere di legno i risultati negli ultimi tempi non sono dei migliori.
Nonostante una copertura mediatica sistematica e metodica sul maggior quotidiano sportivo italiano.
Urbano Cairo. L’uomo che dice una cosa e ne fa un’altra.
Quello che diceva ad Immobile di farsi i cazzi suoi perché è stato un suo ex dipendente.
Poi c’è anche del bello in questa squadra:
Ivan Juric da Spalato.
Bel giocatorino.. ottimo allenatore.
Forse fuori dal campo è una persona diversa.
Perché fa spesso e volentieri delle dichiarazioni senza filtri. Come quelle che nel calcio si guadagna troppo, che spesso calciatori non vivono una vita reale.
E lui spesso proprio per cercare un contatto con quella realtà va in giro a dare una mano. E impara da chi è restato indietro lezioni di vita che mi sa che riporta negli spogliatoi.
Due squadre con una maglia con lo stesso colore.
Una per omaggio alla brigata Savoia, l’altra per omaggio ad una grande squadra che solo la nebbia riuscì a bloccare.
Ci andremo con la faccia emozionata e sorridente perché con la numero 7 dovrebbe esserci un giocatore che non solo ha vinto.
Ha rivoluzionato il modo di giocare nel suo ruolo.
E pronto a scrivere nuove storie.
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