La Serie A va presa di petto, ma anche con la giusta leggerezza. Le sconfitte, alcune anche pesanti, vanno messe nel conto se si è una matricola. Lo si sapeva e non lo si deve dimenticare ora che la realtà è questa. Come si sapeva che il trust avrebbe potuto nuocere – o almeno non giovare – alla salute della Salernitana in sede di costruzione della squadra.
Ora, però, bisogna fare con quel che si ha (che, per inciso, in attacco non è neanche così poco o così male), ma anche aguzzare l’ingegno e fare di necessità virtù. Oggi l’avversario è l’Atalanta di Gasperini, squadra che ha raggiunto una dimensione europea e che in Champions si sente come a casa. Eppure, all’inizio di un cammino esaltante, la squadra orobica era in piena zona retrocessione e Gasperini ad un passo dall’esonero.
La svolta arrivò in occasione di un successo sul Napoli di Sarri, dovuto anche ad una serie di cambi nella formazione titolare voluti dal trainer ex Genoa. La Dea, intesa come Atalanta, allora fu coraggiosa e si meritò lo sguardo benigno della buona sorte.
Per la gara di stasera ci si augura che la dea bendata sia dalla parte dei granata, ma la sorte favorevole va anche cercata e corteggiata. Servono intuizioni felici, coraggio nelle scelte, capacità di rivedere anche una impostazione preordinata se le circostanze lo richiedono.
La Salernitana non ha i valori tecnici e nemmeno fisici dell’Atalanta che gioca e pensa a ritmi sostenuti, quasi indiavolati, ma deve provarci con le sue armi, con il suo gioco, con le sue idee. Anche stasera l’Arechi sarà un contenitore di tifo e passione, ma dovrà essere la squadra, sul campo, a trasmettere agli spettatori quella scarica di adrenalina e di entusiasmo che è mancata nelle gare con Roma e Torino in modo particolare.
Al cospetto della Dea orobica non sarà vietato perdere. Ci mancherebbe.
Sarà vietato avere paura di perdere. Questo proprio non sarebbe accettabile.
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