Chi mastica calcio paventava, alla vigilia della gara contro il Verona, che l’impegno dei granata sarebbe stato più arduo di quello affrontato contro l’Atalanta. Perché gli orobici, reduci dall’importante prova fornita in Champions League sul campo del Villareal, avrebbero sicuramente concesso qualcosa sul piano mentale, della continuità tecnica e dell’intensità atletica. E cosi è stato, con gli uomini di Gasperini che hanno sofferto a lungo, prima di risolvere la pratica con una giocata firmata Ilicic-Zapata. La difficoltà del match contro gli scaligeri, invece, era preventivabile per almeno due motivi: la pressione esercitata dalla necessità di conquistare i primi tre punti del campionato e, soprattutto, la consapevolezza di doverlo fare contro una squadra con il morale alto dopo il prestigioso successo ottenuto ai danni della Roma. Un collettivo, quello guidato da mister Tudor, composto da calciatori di qualità e molto abili a sfruttare gli spazi e il gioco senza palla di trequartisti ed esterni che concedono pochi riferimenti alle difese rivali.
La Salernitana, pur cosciente dei rischi a cui sarebbe andata incontro, ha deciso di giocarsela a viso aperto, schierando inizialmente Ribery alle spalle di Gondo e Simy. Una spavalderia imposta dalla classifica, anche se il trainer marchigiano ha cercato di tutelarla con il dinamismo e l’aggressiva prestanza fisica della coppia mediana composta da Mamadou e Lassana Coulibaly.
Le due formazioni hanno offerto uno spettacolo godibile ai presenti sulle gradinate dell’Arechi, novanta minuti caratterizzati da continui capovolgimenti di fronte. Veneti più estrosi, lucidi e sereni, granata aggrappati alla personalità di Ribery, che regala sempre la sensazione di poter inventare una giocata decisiva, e all’entusiasmo dell’inesauribile e spigoloso Gondo, il quale con il suo movimento senza soluzione di continuità ha creato molti grattacapi a Gunter e compagni.
Un punto che elimina qualche scoria di troppo addensatasi nella mente dei calciatori granata ma non migliora una classifica critica, resa preoccupante anche dall’exploit dell’Empoli in casa del Cagliari. Però il campionato è ancora lungo, la Salernitana vista all’opera negli ultimi due incontri disputati sul terreno amico è sicuramente un complesso meno remissivo di quello registrato nei primi duecentosettanta minuti della stagione.
Una squadra che possiede maggiori argomenti offensivi da contrapporre agli avversari, più spigliata e coraggiosa, nobilitata dalla presenza carismatica dell’asso transalpino, dall’ottimo impatto con la massima serie di Cedric Gondo e, soprattutto, con ulteriori potenzialità offensive (Simy e Bonazzoli) che non tarderanno a concretizzarsi e a dare il loro apporto in termini di realizzazioni e giocate determinanti.
Però, questa mentalità emersa contro Atalanta e Verona, costringerà Fabrizio Castori a rivalutare pregi e difetti del nuovo impianto di gioco. La quotidianità lavorativa dell’ex mister del Carpi, infatti, sarà alle prese con l’eterno dilemma calcistico della coperta troppo corta. Affrontare le gare con maggiore intraprendenza e un numero superiore di calciatori in grado di incidere sul piano offensivo, pertanto, comporterà la necessità di trovare delle contromisure sul piano difensivo.
Perché spostare più uomini nella metà campo avversaria, inevitabilmente regala più opportunità per fare gol e vincere le partite, ma allo stesso tempo espone la retroguardia a numerose situazioni in cui bisogna esser pronti giocare in parità numerica contro gli attaccanti rivali, a leggere i potenziali pericoli e gestirli con tempestive coperture preventive. Il quesito di fondo, quindi, è capire se l’organico a disposizione di Castori presenti difensori che possiedono esperienza, acume tattico, velocità e fisicità tali da poter assicurare una serena gestione delle situazioni di uomo contro uomo e di quelle in cui bisogna esser lesti a neutralizzare le ripartenze fulminee operate dagli incursori rivali. L’impressione, suffragata da quanto visto sin dall’inizio del torneo, è che i dioscuri granata siano più affidabili quando restano rintanati negli ultimi venti metri e godono della massiccia copertura assicurata dalla linea mediana e dal sacrificio delle punte. Al momento però, con il mercato invernale ancora distante, non è possibile intervenire e bisogna attrezzarsi per limitare i danni.
Però altrettanto certa è la presa di coscienza che in serie A questo attendismo non approdi a nulla, come testimoniano le difese ad oltranza esibite contro Roma e Torino, squadre che alla lunga scardinano i tuoi progetti esageratamente difensivisti grazie alle giocate spiazzanti delle individualità di spessore (Pellegrini, Sanabria) presenti nei loro organici.
Riuscire a fare una sintesi tra le due diverse esigenze, cercando di trovare il fondamentale equilibrio tra le due fasi di gioco, rappresenta per Castori il compito tattico più urgente da affrontare nell’immediato futuro.
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