In uno sport trainato da interessi che generano milioni di euro intorno ad ogni singola partita, l’attuale gestione emergenziale delle istituzioni calcistiche è una farsa che oscilla tra l’incomprensibilità e il dilettantismo.
Discorso che, ovviamente, facciamo a trecentosessanta gradi e non perché a rimetterci, contro la Lazio, è stata una Salernitana che definire rimaneggiata equivale a scivolare in un forzato eufemismo.
Protocolli ballerini e di breve durata cambiano pelle rapidamente, anche nello sviluppo della medesima giornata, finendo per scontentare, a turno, tutte le squadre partecipanti al torneo di serie A.
La folle corsa al rispetto di tappe scadenzate da appetiti economici, contro ogni evidenza che suggerisca uno stop in grado di smorzare la corsa inarrestabile del contagio che attraversa il paese, rischia seriamente di compromettere la regolarità del campionato.
Immaginare di poter continuare a mandare in scena partite farlocche come quella vista all’Arechi, con il risultato che potrebbe avere una valenza determinante ai fini dei diversi obiettivi stagionali (scudetto, qualificazione alle competizioni europee e salvezza), è uno schiaffo alla passione e alle legittime ambizioni di società e tifoserie. Si torni in fretta ad onorare la regolarità dello sport più amato dagli italiani, evitando di trasformarlo in una partita del giovedì tra scapoli ed ammogliati, quando all’ultimo minuto uno dei partecipanti, scoperto nella sua infedeltà coniugale, è costretto a dare buca, costringendo i compagni a giocare con il portiere unico.
Lotito, onnipresente, rinuncia questa volta alla trasferta nel suo ex eremo incontrastato, dopo aver distribuito a piene mani, alla vigilia del match, pillole al curaro. Decisione saggia, qualcuno dirà, perché conoscendo la sua indole padronale e arrogante, difficilmente avrebbe sopportato di registrare la subitanea empatia che si è creata tra la tifoseria salernitana e il neo patron Iervolino. Ed invece, probabilmente, la presenza sugli spalti avrebbe insegnato al patron laziale un‘utile lezione di vita su quanto sia importante il rispetto da riservare concretamente ad una città che vive in maniera identitaria il rapporto con la sua squadra di calcio.
Difficile parlare di calcio giocato, per i motivi esposti in precedenza. La resistenza della malandata truppa granata è durata appena sette minuti; il tempo di apparecchiare su un piatto d’argento l’ennesima doppietta in carriera di Ciro Immobile. Colantuono, costretto a schierare il giovanissimo Motoc (classe 2002) al centro della difesa, ha provato a contenere tatticamente la qualità laziale, ma ha dovuto chinare il capo al cospetto degli errori di distrazione commessi dai suoi difensori.
L’ex tecnico di Atalanta e Udinese aveva distribuito compiti e riferimenti precisi ai calciatori, tentando così di arginare la fisiologica insicurezza di una squadra assemblata alla men peggio. Esterni intermedi granata (Kechrida e Ranieri) a marcare i laterali del tridente offensivo laziale (Zaccagni e Pedro), Schiavone e Obi intenti a tamponare le incursioni di Marusic e Hysaj, ma anche i braccini dell’improvvisato pacchetto difensivo a tre (Delli Carri e Veseli) pronti ad aggredire sulla trequarti la fantasia delle mezzali (L.Alberto e Milinkovic Savic) di Sarri.
Reggere e sperare di trovare la giocata estemporanea di rimessa della coppia Gondo-Bonazzoli. Copione semplice e assimilato anche discretamente nelle primissime battute del match. Però sono state sufficienti due evitabilissime dormite individuali (Veseli e Ranieri) per mandare al macero la problematica strategia tattica faticosamente pianificata all’interno dello spogliatoio.
Due gol che hanno sottratto ulteriore significato ad una gara già poco credibile in partenza, con la Lazio che si è poi limitata a conservare la gestione del doppio vantaggio ed una Salernitana troppo fragile per sperare di andare oltre qualche innocua punturina di spillo da somministrare ai forti rivali.
Il rimpianto, notevole, è rappresentato dall’impossibilità di sfruttare l’entusiasmo derivante dall’exploit in casa del Verona e, soprattutto, dall’avvento della nuova proprietà.
In attesa di conoscere l’esito completo della ventiduesima giornata e delle gare da recuperare, continuando a rivolgere uno sguardo preoccupato all’infermeria da svuotare, la Salernitana, a partire da stamattina, cercherà di reperire sul mercato almeno sei/sette calciatori di spessore che l’aiutino a mantenere viva la speranza di strappare la proibitiva permanenza in serie A.
L’entusiasmo e l’ambizione del motivato presidente Iervolino, supportati dall’acclarata competenza del nuovo ds Sabatini, lasciano dormire sonni tranquilli. In vista dell’immediato futuro, ma soprattutto sul terreno di una progetto calcistico capace di regalare alla tifoseria sogni da trasformare in trascinante realtà, organizzazione societaria e solidità programmatica.
Un nuovo, esaltante romanzo dovrà essere scritto. All’intero universo granata il compito di riempire pagine bianche in trepidante attesa.
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