Uno degli anticipi dell’ottava giornata di ritorno del campionato di massima serie, è stato il match dell’Arechi tra Salernitana e Bologna. In un pomeriggio tutt’altro che “favorevole”, soprattutto per le avverse condizioni meteorologiche, ne è venuta fuori anche una bella gara, ricca di occasioni da rete e spunti interessanti.
A dirigere l’incontro è stato il signor Ayroldi di Molfetta, coadiuvato dagli assistenti Bercigli e Berti; in sala Var gli internazionali Orsato e Giallatini. In questo editoriale, parleremo dell’unico episodio degno di “lente di ingrandimento” , che tanto ha fatto infuriare i tifosi della Salernitana. Da quest’ultimo, però, prenderemo anche spunto per fare una panoramica a trecentosessanta gradi di quello che sta accadendo – negli ultimi tempi – tra campo e Var room di Lissone.
Passiamo alla moviola.
[ Episodio chiave della gara ]
Al 28’ del 1t, Ribery (S) entra in area di rigore felsinea e termina a terra dopo un contatto con Orsolini (B). Ayroldi – perfettamente posizionato ed in controllo – assegna un calcio di rigore a favore della Salernitana. Dopo alcuni secondi ed un breve “silent check”, viene richiamato alla “on field review” dal Var Orsato. Riviste le immagini, l’arbitro pugliese torna sui suoi passi e riprende il gioco con una “propria rimessa”, affidando – come da regolamento, ogni qual volta il gioco viene interrotto in area di rigore con azione a favore della squadra difendente – il pallone al portiere del Bologna.
[Considerazioni personali]
Riguardo al suddetto episodio, sarò schietto e diretto: per quanto mi riguarda, quando un arbitro è nel pieno controllo dell’azione – sia per posizionamento che per vicinanza alla stessa – il Var non deve intervenire , a meno che non ci siano delle topiche colossali, degli errori che metterebbero tutti d’accordo – per quanto difficile sia – privi di interpretazioni soggettive. Dinanzi a fattispecie “borderline”, cosa troppo ricorrente nelle ultime settimane, un uso eccessivo della tecnologia può portare ad inasprire ulteriormente gli animi di tifosi e dirigenti, già esagitati per tutte quelle squadre che si giocano un qualcosa di importante.
La tecnologia non può e non deve “sostituire” l’arbitro di campo, da sempre giudice insindacabile di quanto avviene sul terreno di gioco. Secondo il mio punto di vista, l’Aia deve fare chiarezza ed impartire linee guida chiare che portino ad univocità e, soprattutto, salvaguardia dello spettacolo. Lo stesso discorso vale per l’ente che si occupa della stesura e dell’aggiornamento del regolamento, l’IFAB. Ultimo tassello per ultimare un “puzzle perfetto”, sarebbe un passo indietro anche di addetti ai lavori – giornalisti, dirigenti e tesserati vari – e tifoserie. Per anni si è invocata questa benedetta “moviola in campo”, vuoi per poca fiducia negli arbitri, vuoi per beceri complotti. La strada da percorrere, e con questo concludo, è una: usare la tecnlogia con raziocinio – magari prendendo spunto da altri sport, come l’inserimento della “challenge”, la famosa chiamata al monitor da parte delle squadre interessate – ed accettare le decisioni dell’arbitro “uomo” , giuste o sbagliate che siano, senza ricorrere ad ipotetici disegni di palazzo, complotti o farneticazioni di ogni tipo.
“L’unico uomo che non commette mai errori, è l’uomo che non fa mai niente”. [Theodore Roosevelt]
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