La metamorfosi dell’universo granata è tutta condensata nell’anomala ed inattesa amarezza provata al termine dell’intensa sfida sostenuta sul prato verde bergamasco.
Perché i ragazzi di Nicola hanno disputato l’ennesima grande partita, in diverse circostanze sono stati dominanti sull’avversario, hanno sfiorato il gol della sicurezza con ripartenze e penetrazioni letali nel cuore della retroguardia nerazzurra. Prima di essere beffati ad un metro dal traguardo dal chirurgico diagonale di Pasalic.
In vista dei confronti interni con Venezia e Cagliari, gare che dovranno rappresentare lo strappo decisivo in chiave salvezza, tutti avrebbero firmato per la conquista di un punticino in grado di assestare la classifica e valorizzare l’auspicabile doppio successo interno.
Però negli occhi e nella mente restano impresse le tante opportunità costruite da Verdi e compagni per ammazzare il match. Due volte Coulibaly e Bohinen, ma anche il tiro dell’ex torinista su una delle sue micidiali verticalizzazioni e la conclusione in corsa di Ederson sulla sponda di Milan Djuric.
L’Atalanta ha esercitato un maggior possesso palla, ha spesso costretto la Salernitana ad arroccarsi all’interno del suo fortino, ma autentiche occasioni da reti non è riuscita a costruire. Lo stesso fendente di Pasalic, bravo ad interpretare il ruolo di ‘falso nueve’, è frutto di una prodezza estemporanea e dell’unico scollamento difensivo evidente della difesa campana.
Nicola ha preparato bene la partita, assegnando alle mezzali il compito di approfittare del fantasioso gioco a tutto campo di Verdi per sfondare centralmente ed anche sulle corsie laterali. In questo contesto di ripartenze con molti uomini, anche il lavoro di Bohinen, sempre rapace nella conquista di palloni e nel riproporsi verticalmente con e senza la palla attaccata al piede, ha finito per accentuare i problemi dell’Atalanta nel contenere la capacità granata di distendersi collettivamente. E’ mancato solo il colpo del ko, che avrebbe reso ancora più significativa una prestazione che passa agli archivi accompagnata da generale soddisfazione.
I calciatori hanno dato tutto, si sono aiutati in campo per gli interi novantacinque minuti, spendendo tutte le energie psicofisiche disponibili nella difficile trasferta in terra lombarda.
In un contesto generale di grande presenza tecnica, tattica, mentale e atletica, ci sentiamo di spendere due parole per Gyomber e Verdi. Il primo, ingiustamente attaccato nella prima parte della stagione, vittima di una precarietà tecnica che ha finito per svilirlo nelle sue prestazioni, da settimane è un autentico baluardo del reparto arretrato di mister Nicola. Reattivo, grintoso ed applicato, ha conferito tempismo e tenacia inesauribile alla linea difensiva granata.
Altrettanto evidente la metamorfosi tecnica di Simone Verdi, il quale, sgravato da un dispendioso ed innaturale ruolo nelle vesti di cursore esterno a tutto campo in entrambe le fasi di gioco, collocato alle spalle della prima punta e libero di svariare sull’intero fronte offensivo, ha liberato le sue giocate imprevedibili, la capacità di creare superiorità numerica ed assist a favore dei compagni, oltre ad aver ritrovato efficacia nell’attaccare la porta avversaria. Estro rispolverato e conseguente incremento del tasso di incisività offensiva della compagine granata.
La squadra ha speso molto ed ora è attesa dalle due partite che, presumibilmente, si riveleranno decisive ai fini del raggiungimento dell’agognata salvezza. Sarà importante riposare bene nelle prossime ore, curare gli acciacchi fisici che, di partita in partita, stanno anche condizionando parzialmente le scelte di Nicola e presentarsi al meglio all’imperdibile appuntamento con la storia. Ben sapendo che, dove non arriveranno la grinta, la fisicità, la sagacia tattica e la qualità calcistica, ci sarà un pubblico follemente innamorato dei suoi beniamini a tirar fuori le residue risorse di un campionato a lungo tribolato ma nella condizione di trasformare tutti gli affanni attraversati in un indimenticabile finale di stagione.
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