Editoriale

La storia dell’Ippocampo non mente mai. Il mistero di Lassana e della palla inattiva

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Le giovani generazioni del tifo granata, al minuto 98 della sfida salvezza contro il Cagliari, sono entrate ufficialmente nella storia strutturalmente ‘dolorosa’ del secolare Ippocampo. Tifare per la Salernitana, infatti, comporta il doversi accollare una passione tanto coinvolgente quanto estenuante, per gli ostacoli che puntualmente si materializzano nei momenti cruciali di un campionato.

I più attempati aficionados del cavalluccio sanno benissimo che il calice della gioia, prima di essere tracannato avidamente, deve pagare dazio all’amarezza e alla disillusione degli eventi che precedono l’affermazione finale.

Ogni promozione o sopravvivenza sofferta, partendo da quelle conseguite al Vestuti sotto la guida di Tom Rosati e Giancarlo Ansaloni, fino ad arrivare al recente successo firmato Castori e alla doppia salvezza cadetta con Leonardo Menichini al timone, prima dell’apoteosi hanno dovuto confrontarsi con l’inquietante incertezza del tempo che decide di prendersi una pausa e far vivere tutti sospesi tra il baratro e il trionfo.

E la narrazione non si è smentita neppure questa volta, decidendo di infliggere timori e apprensioni quando si era ormai giunti ad un passo dal paradiso calcistico. Il sospiro di sollievo gigantesco, tirato dopo il rigore revocato dal direttore di gara Di Bello con l’ausilio del Var, è sembrata quasi un’inattesa elusione del copione standard, perché appena due minuti più tardi ci ha pensato l’incornata di Altare a ristabilire l’essenza intrisa di piccoli tormenti della storia del club.

Pertanto, storia già nota e nessun condizionamento che funga da inibitore psicologico dovrà intralciare gli ultimi centottanta minuti che attendono mister Nicola ed i suoi ragazzi.

La Salernitana, dopo aver rimesso in sesto un campionato già sepolto nell’anticamera della seconda divisione, ha ancora il privilegio di essere artefice del proprio destino. Empoli ed Udinese gli ultimi due appuntamenti stagionali, senza tralasciare di lanciare uno sguardo attento ai percorsi complessi che attendono le rivali.

Nonostante l’amarezza del gol subito in extremis, che fa il paio con quella scaturita dopo il terminale tiro incrociato di Pasalic nella recente trasferta in casa dell’Atalanta, l’intero universo granata può concedersi il conforto di vedere il bicchiere mezzo pieno. Le ultime sei partite, tutt’altro che semplici e giocate nel breve lasso temporale di ventidue giorni, hanno portato in dote ben quattordici punti, consentendo a Djuric e compagni di abbandonare l’ultimo posto e collocarsi fuori dal terzetto destinato al ritorno in serie B.

La gara contro il Cagliari del neo tecnico Agostini, come era facilmente prevedibile, è stata caratterizzata da intensità agonistica e da un esasperato tatticismo. Poche le occasioni nitide costruite dalle due squadre, le cui difese hanno sostanzialmente avuto la meglio sui reparti offensivi. Si sapeva che le opportunità per prevalere sarebbero state figlie di una giocata del singolo o di qualche disattenzione difensiva.

Ed alla fine così è stato. La Salernitana ha conquistato il rigore del vantaggio, siglato da Verdi, con una magia di Kastanos. La compagine sarda, nel concitato finale, è riuscita ad evitare una sconfitta devastante grazie all’incornata dello stopper Altare, lasciato colpevolmente indisturbato dalla retroguardia locale.

Per il resto, tanto equilibrio e solo parvenze di pianificazioni strategiche della vigilia volte ad affermare una prevalenza tattica. Nel primo tempo, il Cagliari ha provato a sfondare sulle corsie esterne, con Bellanova a destra e con la partecipazione di più uomini (Altare, Rog, Lykogiannis e Joao Pedro) sulla fascia mancina. I sardi sono stati un po’ più incisivi dei padroni di casa, sfiorando il gol con un colpo di testa di Pavoletti, un tiro di Joao Pedro dopo aver superato Gyomber ed una verticalizzazione dell’ex centravanti del Napoli neutralizzata dalla tempestiva uscita di Sepe.

Poi la Salernitana ha trovato le giuste contromisure ed ha iniziato a sua volta a pungere la difesa rossoblù. Dapprima timidamente con qualche tentativo di tiro fuori misura di Verdi, poi trovando spazi e cross dalle corsie laterali (Mazzocchi e Verdi due volte) che non hanno però beneficiato dell’impatto risolutivo di Djuric. Infine, quasi a voler sprigionare le energie oculatamente custodite nella prima parte del match, nel secondo tempo si è rivista a sprazzi la vivacità propositiva delle mezzali (Coulibaly ed Ederson), pur non creando situazioni offensive rilevanti.

Quando il match sembrava ormai incanalato verso un interlocutorio pareggio, è arrivata la giocata imprevedibile di Kastanos (entrato in luogo di un Bohinen condizionato dal cartellino giallo subito in precedenza), abile a procurarsi il penalty della possibile svolta, freddamente trasformato in gol da un Verdi sempre vivido.

A questo punto della gara, Agostini ha mescolato più volte le carte, inserendo Marin, Pereiro e Keita, rispettivamente al posto di Rog, Deiola e Pavoletti, e passando dal 3-5-2 al 3-4-1-2. Poi il tecnico ospite ha optato per la carta Baselli (subentrato a Ceppitelli) per concludere la contesa con il 4-3-1-2.

Tante buone intenzioni che si sono infrante contro l’arcigna densità difensiva della Salernitana, la quale, però, non è stata cinica nel chiudere la partita con un colpo di testa di Ederson da ottima posizione, oltre ad essere stoppata dalla parata di Cragno su un bolide di Kastanos. Adrenalina male incanalata, che ha reso frenetica e pasticciona anche una succulenta ripartenza di Bonazzoli.

Quando tutto sembrava volgere al meglio per i padroni di casa, il tardo pomeriggio di un Arechi ribollente di passione ha partorito il pathos del rigore prima concesso e poi negato al Cagliari e, soprattutto, il lancinante colpo inferto da Altare al culmine di un combattutissimo match.
E qui, senza voler assolutamente cercare demeriti a tutti i costi, una domanda sorge spontanea: perché, con Ceppitelli e Pavoletti fuori dal rettangolo verde, sul giovane stopper dei sardi, unica vera insidia nel gioco aereo rimasta in campo, è stato dirottato nei panni di oppositore acrobatico Lassana Coulibaly e non uno dei tre centrali difensivi?
Un dettaglio che, considerata la posta in palio e il traguardo a portata di mano, necessitava sicuramente di maggiore attenzione.

Maurizio Iuliano

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