Editoriale

La definitiva riconciliazione con il calcio. Ampi margini di crescita per un futuro esaltante

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La prima mezzora di partita della Salernitana, volendo riassumerla, possiamo definirla uno spartiacque rispetto ai tanti anni indigeribili propinati dalla precedente gestione. Una sorta di momento storico che riconcilia con il pallone e cura in maniera definitiva le tante ferite sopportate con pazienza biblica.

Insomma, abbiamo ammirato e vissuto la squadra e il progetto tecnico a lungo sognati, i quali adesso, stando bene attenti a maneggiare oculatamente crescenti entusiasmi al fine di non farli degenerare in presuntuosa spavalderia, rappresentano il primo passo di un percorso intriso di qualità tecnica, organizzazione societaria e ambizioni da alimentare in chiave futura.

La Salernitana si candida, finalmente, a recitare il ruolo che le compete nel calcio che conta. Investimenti notevoli, calciatori di spessore internazionale, società che mantiene gli impegni, staff tecnico che lavora con competenza, passione e meticolosità certosina.

E siccome anche l’occhio vuole la sua razione, i quattro punti conquistati in tre partite regalano anche la possibilità di vedere i propri beniamini nella parte sinistra della classifica. La strada è lunga e le nuove difficoltà distano poco meno di quattro giorni, ma per qualche ora è giusto assaporare sensazioni e stati d’animo neppure immaginati nel recente passato.

Dal punto di vista tecnico-tattico, la netta affermazione contro la Sampdoria consegna altre certezze. In primis, per vincere le partite non si può prescindere dalla presenza in organico di calciatori di qualità che diano all’allenatore la possibilità di esprimere le proprie idee sul prato verde.

Seconda pietra miliare della giornata di ieri è la consapevolezza maturata nel registrare l’auspicata vena prolifica del reparto avanzato. Quando gli attaccanti sono inseriti in un progetto calcistico qualitativo, che chieda loro di partecipare fattivamente alla manovra prodotta dai compagni, trovare la porta diventa un approdo naturale.

Nicola ha dominato la sfida tattica contro il collega Giampaolo, che pure era reduce da due prestazioni significative contro squadre di livello come Atalanta e Juventus. Un match ricco di intensità agonistica e atletica, caratterizzato da un’incoraggiante varietà di soluzioni offensive, con dieci interpreti di movimento in grado di interagire compatti in entrambe le fasi di gioco.

Aggressività tesa alla conquista del pallone, verticalizzazioni repentine, movimenti senza palla e circolazione della sfera rapida e in grado di procacciarsi invitanti spazi in cui fiondarsi con chiarezza d’idee e determinazione.

Uno spettacolo la regia a due tocchi di Maggiore, che elude la densità centrale doriana servendo a destra l’ispirato Candreva, il quale ha sempre una tripla opzione di gioco: andare nell’uno contro uno con il disorientato Augello, servire l’arrembante Coulibaly e le punte nello spazio alle spalle del terzino ligure, operare un cambio di gioco per creare superiorità numerica sul fronte opposto, dove Mazzocchi e Vilhena sono pronti a fare danni.

In questo contesto tattico, pianificato alla vigilia per non concedere riferimenti da marcare agli avversari, recita un ruolo determinante Federico Bonazzoli, che alterna presenza offensiva e movimenti sulla trequarti che liberano spazi alle mezzali e tengono compatta la squadra, consentendo inoltre alla linea difensiva di accorciare sulla mediana e diventare essa stessa parte integrante della costruzione della manovra.

In alcuni momenti è davvero esaltante vedere la Salernitana distendersi in avanti con una sorta di 3-1-6, con i tre difensori centrali oltre la linea di metà campo, Maggiore a fungere da presidio difensivo in caso di ripartenza rivale, esterni, mezzali e attaccanti lesti ad aggredire gli ultimi venti metri di Colley e compagni.

La doppia firma di Dia e Bonazzoli in termini di gol ed assist è la sintesi perfetta di meccanismi ben assimilati ed oliati in settimana.

La squadra sembra divertirsi sul prato verde, la ricerca del gol è costante, tutti partecipano e restano accesi, le giocate riuscite alimentano entusiasmo ed autostima; la Sampdoria vede le streghe e capitola in fretta.

Chiarezza d’idee che riveste anche la fase difensiva granata: attaccanti che intralciano la costruzione dal basso dei difensori centrali di Giampaolo, Candreva e Mazzocchi tamponano ed attaccano i loro dirimpettai, Coulibaly e Vilhena alternano densità centrale e scivolamenti sulle fasce per rintuzzare le sortite dei terzini blucerchiati, con Maggiore sempre pronto ad accorciare sulla mezzala avversaria lasciata incustodita dal movimento laterale dei colleghi di reparto.

Bronn e Gyomber incollati su Djurcic e Caputo. Una macchina quasi perfetta, al netto di qualche fisiologico errore in fase di gestione palla o di sporadici interventi difensivi fuori tempo. La Sampdoria crea poco nel primo tempo, quasi nulla nei secondi quarantacinque minuti.

Il match si conclude al minuto cinquanta, quando Vilhena – spostato a sinistra in luogo dell’ammonito Mazzocchi giustamente sostituito da Nicola – realizza la terza rete al termine di una dirompente fuga impreziosita dall’assist di un ispiratissimo Coulibaly.

L’ultimo terzo di gara, contrassegnato dall’esigente concentrazione di un Nicola costantemente sul pezzo, regala prezioso minutaggio ai ‘titolari’ seduti in panchina e, soprattutto, il gol ad un Botheim che non ha nessuna intenzione di recitare da comprimario in una stagione che si presenta assai promettente.

Maurizio Iuliano

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