Editoriale

La Salernitana gioca alla pari con la Juventus e rende orgogliosi e felici i suoi tifosi.

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Nessun rimpianto può consegnare agli archivi una delle partite più intense e carismatiche della storia secolare granata.

Si è sofferto troppo nel secondo tempo e nel segmento finale del match? Significa vivere fuori dalla realtà pretendere che contro calciatori del calibro di Vlahovic, Milik, Cuadrado, Bremer e tanti altri ancora si gestisca senza patimenti un risultato di vantaggio.

Poteva essere evitato qualche errore di gestione nelle fasi conclusive della contesa? Altro quesito ozioso e privo di fondamento, perché quando subisci gli attacchi portati da interpreti di qualità ed hai un’ora e mezza di corsa e fatica nelle gambe, l’errore fa parte dell’ordine naturale degli eventi.

La Juve attendeva spasmodicamente la partita contro la Salernitana per aggiustare una classifica già severa e al di sotto delle aspirazioni della vigilia. Perché aveva la necessità di conquistare tre punti per preparare serenamente il secondo turno, già decisivo, di Champions contro il Benfica, e soprattutto per dissipare i primi malumori in un universo che conosce da sempre solo il verbo vincere.

L’unica verità significativa della serata è che Dia e compagni sono usciti dal prestigioso impianto torinese con il quinto risultato utile consecutivo e un vantaggio di cinque punti sulla zona retrocessione. Dopo aver esibito una prestazione ricca di contenuti atletici, agonistici, tattici e tecnici.

Un pareggio in casa di una delle maggiori pretendenti al titolo, condito da giocate di ottima fattura e dalla consapevolezza dei propri mezzi, rappresenta un altro passaggio fondamentale in quel percorso di crescita graduale e paziente che porterà la Salernitana, nel giro di qualche anno, ad essere una delle più interessanti realtà provinciali del calcio italiano.

Però, adesso, non è ancora il tempo di consegnarsi alla fretta malsana di alzare l’asticella. Certi progetti necessitano di esperienze da sommare, di errori da compiere, di strategie da limare, di altre professionalità da acquisire, di scenari da pianificare con entusiasmo e meticolosità. Ogni semina ha bisogno dei suoi tempi, ed i raccolti saranno copiosi solo se si avrà l’umile realismo che impone una crescita quotidiana fondata sul lavoro e sulla sana ambizione.

Dal punto di vista tecnico-tattico, la gara ha visto l’esordio di Daniliuc e Piatek dal primo minuto; entrambi hanno giocato una partita di spessore. Il primo ha fronteggiato con personalità e vigore un attaccante del calibro di Vlahovic, il secondo ha immediatamente dimostrato di essere compatibile con il modo di giocare del partner Dia. Due innesti che valorizzano ulteriormente l’ottima campagna acquisti realizzata dalla proprietà e dal direttore sportivo De Sanctis.

La Juventus è entrata in campo con il piglio della squadra consapevole di aver un solo risultato a disposizione, costringendo sulla difensiva i ragazzi di mister Nicola. La circolazione veloce della palla, le repentine verticalizzazioni tra le linee a favore del giovane Miretti hanno creato non pochi problemi, soprattutto sul versante destro granata, a Fazio e compagni. Bravo è stato Sepe a farsi trovare pronto sulle conclusioni ravvicinate del giovane centrocampista di casa.

Poi, mister Nicola ha ordinato al braccetto difensivo Bronn di accorciare sulla trequarti le distanze dal giovane talento bianconero, alle mezzala Coulibaly di scalare sulla corsia esterna per fronteggiare le sovrapposizioni di De Sciglio e a Candreva di presidiare con diligenza ed esperienza la fascia.

Sul versante opposto, Fazio ha preso immediatamente le misure a Kean, mentre Mazzocchi, dopo una fase di studio, ha iniziato ad imperversare vincendo il duello con il dirimpettaio Cuadrado.

In questo contesto di superamento della fase critica, le due punte, Dia e Piatek, hanno esibito scaltrezza ed efficacia, alla pari di un Candreva che, valicato il difficile assestamento tattico di inizio match, alla prima occasione utile, leggendo in anticipo lo sviluppo dell’azione promossa da Mazzocchi, è andato a finalizzare con cattiveria l’ottimo assist del laterale napoletano.

Il gol ha creato enorme disagio psicologico alla Juventus, i granata non hanno mai smesso di ripartire e distendersi compatti in avanti, riuscendo a difendersi egregiamente e guadagnando il rigore che ha consentito a Piatek e compagni di chiudere la prima frazione di gioco con il doppio vantaggio in saccoccia.

Nella ripresa, come era facilmente prevedibile, i bianconeri, sorretti da carisma e spessore tecnico, sono scesi in campo determinati a ribaltare il risultato. Allegri ha inserito Milik, libero di agire al fianco e alle spalle di Vlahovic, ha alzato gli esterni e le mezzali (Miretti e Fagioli), schierando di fatto una difesa a tre, con Bremer e De Sciglio (Alex Sandro) a sganciarsi continuamente dalle retrovie e Paredes a dettare i tempi.

Nel finale, inoltre, il trainer di casa ha pescato in panchina lo strapotere fisico di Danilo per assegnargli il ruolo di mezzala, spostando Cuadrado a sinistra e inserendo il talentuoso Soule a destra. Per la Salernitana è iniziata una fisiologica ed inevitabile sofferenza, perché non è mai semplice contenere una squadra che presenta tante opzioni qualitative e altrettante variabili tattiche.

Però gli uomini di Nicola, pur soffrendo molto, non si sono mai disuniti ed hanno sempre cercato di pungere in avanti. La Juve ha accorciato in fretta lo svantaggio con Bremer, ha calciato molto in porta dalla distanza, ma è arrivata a tu per tu con Sepe in una sola circostanza, quando Danilo si è inserito a destra facendo partire un insidioso tiro cross.

Certo, qualche errore a centrocampo di Vilhena e Coulibaly (falli ingenui in area e disimpegni approssimativi) poteva essere evitato, ma chi ha giocato a calcio sa perfettamente che la fatica cagionata dal forcing avversario toglie a volte la necessaria lucidità.

Si è rischiato di perdere il match, per fortuna il Var ha scovato la posizione di off side di Bonucci che ha permesso alla truppa salernitana di lasciare meritatamente indenne lo stadio piemontese. Però è altrettanto importante sottolineare che anche Bonazzoli e Kastanos hanno avuto sul piede altre due opportunità per battere Perin, trovando gli stinchi provvidenziali di Bremer e Bonucci.

Il finale rissoso ha sublimato un match intriso di intensità agonistica e caratterizzato dalla volontà delle due compagini di ottenere l’intera posta in palio.

Il pari in casa della Juve rappresenta un momento esaltante del rinnovato progetto di rinascita dell’Ippocampo.

Orgoglio e felicità hanno preso dimora nei cuori dei supporters granata.

Maurizio Iuliano

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