Evitare l’isteria diffusa che si respira dopo ogni sconfitta. Questa deve essere la prima operazione da portare avanti, dentro e fuori il terreno di gioco, se si desidera accompagnare la Salernitana in un viaggio tranquillo, al termine del quale conquistare la certezza di disputare, il prossimo anno, il terzo campionato consecutivo di serie A.
Ed invece, si fa fatica pure a crederlo, dopo aver giocato per un’ora quasi alla pari contro l’Inter, polemiche feroci e ingiustificati timori hanno assalito larghissimi strati della tifoseria. Come se perdere due a zero nel fortino dei vice campioni d’Italia, reduci da un doppio exploit in Champions contro il Barcellona, sia da ritenere una mortificante punizione e non un evento semplicemente ordinario.
Da dove scaturisca questa pretesa di andare a dettar legge in casa di Onana, Skriniar, Barella, Calhanoglu, Lautaro e tanti altri ancora, davvero non si capisce.
E la difficoltà a comprendere gli stati depressivi del post gara diventa ancora più marcata se diamo una lettura attenta alla classifica. Perché i granata – in attesa delle proibitive gare che attendono Lecce e Sampdoria, impegnate stasera contro Fiorentina e Roma – occupano il dodicesimo posto ed hanno cinque punti di vantaggio sulla terz’ultima, il Verona, che ha anche perso all’Arechi.
Un nervosismo eccessivo, che finisce per contaminare anche l’obiettività dei giudizi, aggiungendo polvere da sparo ad un fuoco alimentato inutilmente.
Nel mirino, poi, finiscono sempre gli stessi interpreti, al di là dei contenuti esibiti sul rettangolo verde. Ieri, ad esempio, Kastanos è stato ingiustamente preso di mira da commentatori, pagellisti e opinionisti. La verità espressa dal campo, in realtà, ha eletto il cipriota come uno dei più vivaci nel corso dei primi quarantacinque minuti.
Dal suo educato piede mancino, infatti, sono partite le giocate più significative della compagine diretta da Nicola. Pronti, via ed un’intelligente verticalizzazione ha spalancato una prateria a Dia, poi una bordata di sinistro ha scheggiato il palo alla destra di Onana, prima di un assist illuminante per Piatek, il cui tiro ha impegnato severamente il numero uno nerazzurro, e due penetrazioni palla al piede che hanno creato superiorità numerica, oltre a qualche sana randellata distribuita a Lautaro e compagni.
Così come è apparsa eccessiva l’attenzione focalizzata sull’alterco in campo tra Bohinen e Candreva, dimenticando che una partita di calcio è fucina di stress psicofisico, non una bibita dissetante da tracannare stando stesi su una sdraio il primo giorno delle vacanze estive.
Di tutto si è parlato, insomma, non dell’importanza di archiviare con moderata soddisfazione la partita contro l’Inter, per lasciar spazio immediatamente al match casalingo contro lo Spezia.
Novanta minuti che potrebbero imprimere una prima, vera svolta al torneo di Candreva e compagni. Ma anche da giocare con freddezza e raziocinio, perché gare semplici non esistono in massima serie e, soprattutto, perché accumulare punti impedisce alla classifica di diventare stagnante e pericolosa.
La partita. Nicola schiera i suoi uomini con il 3-5-2, che diventa 5-3-2 in fase di non possesso. Assetto identico a quello interista e padroni di casa chiamati a condurre le danze.
I granata sono ordinati, corti e compatti nelle prime fasi di gioco, alzano gli esterni sul giro palla interista, scivolano con le mezzali sui braccetti difensivi nerazzurri ed in difesa i tre centrali controllano i riferimenti offensivi nelle rispettive zone di competenza. L’Inter fatica a trovare spazi, si affida a qualche sterzata al centro di Dimarco per creare superiorità numerica sul fronte opposto, oppure sfrutta errori di gestione del pallone (Coulibaly e Dia) degli ospiti per ripartire.
Però è la Salernitana a rendersi incisiva grazie all’ottima intuizione di Kastanos che serve nello spazio Dia, il quale s’invola verso l’area interista ma cincischia al momento del dribbling che deve procurargli la possibilità di calciare in porta.
Quando giochi contro compagini ricche di campioni non devi abbassare mai la guardia e la soglia di attenzione, perché basta davvero poco per essere castigati. Come testimonia l’azione del vantaggio nerazzurro, giunto al minuto quattordici. Uno sviluppo in velocità sulla destra, ad opera di Skriniar-Dumfriess-Calhanoglu-Barrella e Lautaro, fa saltare tutte le marcature granata e guadagnare quella frazione di secondo all’argentino, che calcia dai diciotto metri e rende inutili le chiusure di Daniliuc e Pirola e il tuffo di Sepe.
Fondamentale il gioco senza palla di Barella, che attacca la profondità ed abbassa la linea difensiva campana, e quello di Lautaro, che esce dai blocchi e guadagna tempo e spazio per calciare con cattiveria in porta. Piccole responsabilità della fase difensiva ospite (perfettibile il tempismo delle marcature da scalare), più significativi sono i meriti degli astri nerazzurri.
La Salernitana non commette l’errore di disunirsi, resta coesa, sa che gettarsi allo sbaraglio potrebbe farle subire un’altra goleada dopo quella patita in casa del Sassuolo.
I granata sono un po’ troppo scolastici e prevedibili nel palleggio, nonostante l’Inter si difende più di posizione che affidandosi ad un pressing costante e feroce. Quando la sfera viaggia verticalmente e rapidamente, gli uomini di Nicola riescono a rendersi pericolosi con la staffilata di Kastanos (servito da Dia), che termina a lato di un soffio, e la conclusione a giro di Piatek (assist di Kastanos), che viene deviata in angolo dal reattivo Onana. I nerazzurri non stanno a guardare, ripartono spesso ma, al netto di un colpo di testa di Lautaro a pochi metri da Sepe, non creano granché fino al termine dei primi quarantacinque minuti.
Parte bene la Salernitana ad inizio ripresa, con la linea difensiva aggressiva, i centrocampisti più rapidi nelle transizioni offensive, gli esterni collocati in posizione più avanzata, mentre Dia detta la verticalizzazione e Piatek viene incontro al pallone per far salire la squadra. Un ottimo lancio di Candreva raggiunge la testa della punta senegalese, che colpisce bene il pallone ma trova Onana a negargli la gioia del gol.
L’Inter controlla la partita con una discreta dose di apprensione, non è serenissimo, però ancora una volta è micidiale nel capitalizzare un errore degli avversari (Daniliuc-Vilhena) in fase di disimpegno, prima di pescare con un perfetto lancio l’inserimento in area granata di Barella, che salta Pirola e batte Sepe per la seconda volta.
Gol che chiude virtualmente la contesa, dopo un’ora di gioco. Nicola spedisce in campo Bonazzoli, Valencia, Bohinen, Sambia e Bronn e termina il match ordinando ai suoi uomini di disporsi con il 3-4-3. La squadra non smarrisce la bussola ma, complice anche la gestione del risultato esperta e carismatica dei padroni di casa, non riesce più a rendersi pericolosa nell’ultimo terzo di gara.