Editoriale

Il bicchiere resta mezzo pieno. Chiarezza e meticoloso tagliando, in vista della lontana ripresa

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Quando i tempi diventano duri, l’uomo alle prese con le difficoltà tende a fare un bilancio, nel tentativo di vedere il bicchiere mezzo pieno, prima di ritrovare l’equilibrio smarrito a causa di una disfatta e ricominciare la risalita.

La doppia, fallimentare trasferta in casa di Fiorentina e Monza, terminata con due sconfitte e cinque gol subiti, consegna alla lunga sosta ‘mundial’ una Salernitana smembrata nei suoi principi tecnico-tattici, fragile nel suo tessuto motivazionale, ovina nella capacità di riversare sul manto erboso il necessario temperamento.

La buona stella, però, ha sentenziato che nei bassifondi della classifica le acque restano stagnanti e i dieci punti di vantaggio sulla terz’ultima (Cremonese) aiuteranno a fare ordine nei due mesi che separano Fazio e compagni dalla ripresa del torneo.

Ancora una volta, come era già accaduto dopo l’exploit nella Torino juventina, i calciatori granata si sono adagiati sul soffice giaciglio di un paio di prestazioni oscillanti tra qualità tecnica e solidità collettiva, hanno iniziato a rimirarsi troppo a lungo nello specchio delle effimere ambizioni individuali, finendo per essere travolti dall’assenza di quel sano realismo che non dovrebbe mai abbandonare l’approccio al presente.

Il colpaccio inatteso in casa della Lazio, condito da giocate ‘special’ e accompagnato dalla migliore graduatoria della storia secolare dell’Ippocampo, aveva posto il gruppo al cospetto del classico bivio. Restare sul pezzo, indossare il saio dell’umiltà e del duro lavoro, oppure mollare la presa, guardare ai tanti ‘oltre’ individuali e perdere inevitabilmente il contatto collettivo con la realtà.

La lunga e languida estate salernitana, evidentemente, ha suggerito che sarebbe stata troppo dispendiosa sul piano psicofisico la volontà di essere esigenti con se stessi, di porre più in alto l’asticella del rendimento e degli obiettivi. Meno impegnativo procedere a vista, rifugiarsi nell’assenza del pericolo imminente (dietro sono lenti come tartarughe) e consegnarsi ad un dovere di prammatica, orfano della sacra fiamma della passione e della brama di conquista.

Perché la squadra vista all’opera negli ultimi centottanta minuti ha deluso soprattutto in questa sua difficoltà a reperire nuove motivazioni su una strada che sembrava ormai in discesa e apparentemente priva di ostacoli.

Senza fame non si va da nessuna parte, la Salernitana uscita satolla dallo stadio Olimpico ha accantonato tensione mentale e carattere leonino, consegnandosi ad un appagamento prematuro ed esecrabile a questi livelli.

Per fortuna, le condizioni ‘metereologiche’ restano miti, la sosta giunge provvidenziale e dovrà essere capitalizzata al massimo, per evitare, alla ripresa, che la delusione lasci il posto ad un’inattesa preoccupazione che rischi di sfociare nell’ansia e nel panico.

Milan, Torino, Atalanta e Napoli, una dopo l’altra, fanno tremare i polsi e, forse, già pentire di non aver fatto il possibile, nelle ultime tre gare, per accantonare in cascina altro utilissimo fieno.

Le disquisizioni sull’adeguatezza della conduzione tecnica e sui continui proclami societari sono destinate a registrare un nuovo, esponenziale tasso di crescita, fanno parte del gioco. Ciò che conta è la chiarezza che deve essere ripristinata con urgenza.

Sia che si tratti di unità di intenti e di incomprensioni relazionali, sia che riguardi fiducie da confermare convintamente, sia che vengano poste al centro del focus tecnico lacune dell’organico da colmare. Il mese di gennaio dovrà trovare tutti pronti ad indossare l’elmetto, per evitare traumatici deragliamenti dal percorso che conduce a una tranquilla salvezza.

La partita. La Salernitana scesa sul manto erboso del ‘Brianteo’ di Monza, schierata con l’abituale 3 5 2, diverso negli interpreti (Bradaric, Maggiore e Botheim dal primo minuto), ha regalato immediatamente l’impressione di squadra ‘impiegatizia’, tesa a garantire il compitino e ad inibire, senza tanta convinzione, la volontà di successo dei padroni di casa.

Una disposizione difensivamente scolastica, facilmente aggredibile dagli avversari attraverso movimenti senza palla (Rovella, Carlos Augusto, Colpani, Caprari), circolazione veloce della sfera e repentine verticalizzazioni. Difesa perennemente approssimativa nella tempistica degli interventi e nella ricerca di una solida compattezza.

Centrocampo dedito esclusivamente a fronteggiare l’iniziativa altrui, privo di idee, scarsamente dinamico e aggressivo, sfilacciato e totalmente assente sul piano dell’intraprendenza e del desiderio di andare a creare disagio alla fase difensiva lombarda.

Attaccanti lasciati da soli al loro destino, immediatamente domati dal vigore e dalla concentrazione di Izzo e compagni.

Le due reti realizzate da Carlos Augusto e Mota nei primi quarantacinque, scontate sulla base di quanto registrato sul terreno di gioco, hanno generato un quesito ben più preoccupante: possibile che una squadra, reduce da una sconfitta senza attenuanti e da alcuni giorni di ritiro, si presenti in condizioni così precarie?

Nell’intervallo, Nicola ha provato ad arrestare il tracollo operando una rivoluzione tattica e sostituendo tre calciatori (Bronn, Maggiore e Botheim hanno lasciato spazio a Bohinen, Valencia e Piatek). La squadra si è schierata con il 3 4 3 e, approfittando di un Monza inizialmente pago e attento soprattutto a gestire il doppio vantaggio, ha finalmente mostrato flebili segni di vita.

Perché di questo si è trattato, considerato che non si è andati oltre ad un continuo e stucchevole scivolamento di palla da un versante all’altro del campo, in attesa del traversone capace di sgretolare la muraglia difensiva brianzola.

Punturine di spillo per i concentratissimi Izzo, Marlon e Caldirola, i quali hanno continuato a garantire un pomeriggio rilassante al portiere Di Gregorio.

Ben presto i padroni di casa hanno compreso che la partita andava ancora giocata e che i rivali erano facilmente aggredibili dal punto di vista difensivo. Hanno ripreso a palleggiare e verticalizzare, nuovi dolori sono arrivati per la retroguardia campana, con il sigillo finale su rigore di Pessina, che ha archiviato il match con un tre a zero senza attenuanti per Radovanovic e compagni.

Oggi è un altro giorno, tanti altri saranno disponibili fino al 4 gennaio del nuovo anno, quando sarà ospitato all’Arechi il Milan di Leao e Giroud. Troppi per non pretendere un meticoloso collaudo in vista della seconda parte della stagione.

Maurizio Iuliano

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