di Antonello Perna
Chissà per quale squadra farà il tifo, Salah.
La terra d’origine dei suoi genitori contro quella che lo ha accolto, gli ha dato un lavoro in fabbrica prima e poi in un Bar.
Peccato che la Polizia l’abbia fatto chiudere, perché li dentro si vendeva droga.
Salah ed i suoi amici cominciano ad incontrarsi, a condividere idee, pensieri, a parlare di ragazze, di libri.
Organizzano e pianificano una trasferta che sarà pericolosa, che potrà cambiare totalmente la vita loro e di quelli intorno.
Salah e i suoi amici cercano prima una 12 posti, poi decidono di affittare le macchine per quella trasferta. Cappuccio in testa, barba folta e cercare di non farsi riconoscere.
Con Salah c’è suo fratello e la sua fede.
Tre ore e mezza in macchina: preghiere, niente birra e poche fermate.
Ragazzi che erano già lontani mille miglia da Moolenbeck, dal colore dorato del deserto, che forse non avevano mai visto.
Salah sa che in nome di quella fede si può e si deve fare di tutto.
Salah si prepara, si purifica insieme agli altri, cui ordina di riempire gli zainetti.
Salah e i suoi amici si allacciano le cinture.
Salah e i suoi amici si dividono, arrivano chi allo stadio, chi alla discoteca, che per strada.
E poi tutto è fumo, esplosioni e sangue. E lacrime e morte.
Salah non ha il coraggio di slacciare le cinture come ha fatto invece suo fratello. Salah, per i successivi quattro mesi, scapperà braccato dalle Forze Speciali belghe, ma anche da quelli che erano i fratelli dei suoi amici, che ora sono nel Paradiso dei terroristi.
Salah gambizzato e poi arrestato davanti ad una casa sicura. Ma ormai il Belgio non è più un posto sicuro per le cellule dell’Isis.
Embed from Getty ImagesSalah sta scontando l’ergastolo in un carcere di Massima Sicurezza.
Chissà se la vedrà partita, Salah. Se gli piacerà, per chi farà il tifo.
Per la Terra dei suoi genitori o per il Paese che li ha accolti.
Buona partita, Salah.
Salah Abdeslam è colpevole della sparatoria nei pressi del Café Bonne Bière e della pizzeria Casa Nostra, in Rue de la Fontaine au Roi a Parigi Il 13/11/2015. È stato condannato all’ergastolo. Nella stessa operazione terroristica, suo fratello Ibrahim si è fatto esplodere con una cintura esplosiva. È l’unico di quel comando dell’Isis che non ha avuto la forza e il coraggio di azionare il bottone della sua cinta.