Editoriale

Francia – Inghilterra: l’ombra lunga del disarmo

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La notte giunge e ti prende alle spalle, è l’improvvisa vertigine che separa il dormiveglia dal primo ordine dei Generali: in lei, quella misteriosa dipendenza che anticipa lo scontro.

Le sentinelle circumnavigano gli accampamenti, ben undici alle porte di Orléans. Tarda, il sonno: ovvio che sia così.

Preludio di battaglia, non conosci altro da che campi, è così che conti il tempo: semina, raccolto, coscrizione.
Acuiscono, i sensi: sei in grado di captare l’impercettibile, persino il fruscio della luna sulla Loira.

La battaglia, strano a dirsi, è la più alta forma di democrazia: il cimiero rende tutti uguali; oltre il baluardo, fante contro fante.
Giglio contro Croce.

Che te ne fai della visione periferica, se il nemico ti porge la fronte?
Cos’altro può mai offrire, il circostante. Se non un confuso matrimonio d’armi, schiere di cavalli bardati a morte, compagni disseminati per il campo.

Questa, calcio o non calcio, è Inghilterra – Francia.

La smania di predominio è l’antica evidenza di rapporti interpersonali: fin da Azincourt, fin da quei Cent’Anni combattuti in punta di spada e di fango. Poi, giunse il secolo delle alleanze di facciata: dalla crisi di Fascioda, passando per l’Entente Cordiale, gli accordi di Sykes-Picot e un poco ventilato progetto di unificazione durante l’occupazione nazista.

Fino ad oggi, laddove ci si contende lo scettro calcistico del Continente.

Azincourt, ottobre 1415

L’autunno a Calais è diapositiva imbiondita: la brezza atlantica spazza le instabilità del terreno. Gli zoccoli dei francesi affondano sul fianco della collina, le frecce a lunga gittata segnano l’epilogo di una disfatta annunciata. Pur se in gran numero, i francesi sono costretti a piegarsi agli arcieri di Sua Maestà. È l’ora più buia per la Francia, il pendolo della Storia oscilla a favore degli inglesi.

Domrèmy, luglio 1424

È quasi mezzogiorno, Jeanne percorre l’orto: poco più che bambina, neanche tredici anni; i coetanei la credono strana.
Nell’ora in cui l’ombra è perpendicolare al terreno, si inginocchia: è mezzogiorno, luculliana preghiera che anticipa il pasto frugale.

Jeanne è così, amata dagli anziani e derisa dai compagni, nel villaggio ha la fama di “Santarellina”. Offre il giaciglio ai diseredati, cura le piaghe agli appestati; caritatevole, ben oltre l’età. Caritatevole, di una carità baciata dal Signore e incenerita dalla Curia.

Jeanne prega, Dio si rivela: là, nell’orto, è voce che guida verso panorami inimmaginabili per una donna. A maggior ragione se figlia di contadini. La Francia, al tempo, è poco più che un concetto astratto, inglobato dal sistema feudale. Frammenti di Regno, governati qua e là dalla Corona d’Albione.

Orléans, ottobre 1428

Jeanne conduce l’esercito del Re, col verbo e la spada. Così, l’Orléans assediata guadagna i suoi chilometri quadri di libertà. Ad ogni ascesa corrisponde una caduta, avverrà per mano di Giovanni II di Lussemburgo.

Venduta agli inglesi, Jeanne rispose di settanta capi d’accusa. Una donna, del resto, non può guadagnare la fiducia di reggimento e sovrano, se non attraverso la stregoneria.

Eretica, venne offerta al fuoco vestita di bianco.

Scorrono i secoli, i rapporti mutano. Gli interessi coloniali delineano le strategie in politica estera dei due Paesi: Commonwealth e Grandeur, facce della stessa medaglia. È l’era delle alleanze interessate.

Fascioda, settembre 1898

Gli inglesi intendono unire i domini africani da Sud a Nord: dal Capo al Cairo. I francesi vogliono cucire la sterminata distanza che intercorre fra l’Atlantico e il Mar Rosso. Le due direttrici intersecano, accade nel Sud del Sudan.

Il Capitano Marchand e Lord Kitchener incrociano le truppe, un’altra guerra sembra alle porte.
Eppure, la Belle Epoque produce soluzioni alternative, inutile scornarsi quando si può dividere il companatico.

Prodromi di Entente Cordiale. Quella Cordiale Intesa che, fin dal 1904, produrrà effetti dominanti sulla politica internazionale. Fianco a fianco nella Grande Guerra, gomito a gomito per spartirsi il Medioriente e alimentare la potenza di fuoco delle contraddizioni. Dalle spoglie dell’Impero Ottomano, ecco gli accordi di Sykes-Picot. Diplomazia sotterranea, macerie che scontiamo tutt’oggi.

Londra, maggio 1940

La fase francese della Seconda Guerra Mondiale ha effetti catastrofici sugli equilibri europei. Ai tedeschi, in poco meno di sei mesi, riuscì quel che sulla Marna rappresentò interminabili stagioni di stallo: invadere Parigi.

Charles De Gaulle, dall’avamposto d’Oltremanica propose la totale unificazione di Francia e Gran Bretagna: unire le forze per resistere ai nazisti. La maggioranza del Parlamento francese, tuttavia, si espresse negativamente: dimostrazione inattaccabile che un’Intesa – per quanto Cordiale – non sarà mai propensa alla subalternità.

Meglio provincia nazista che colonia inglese.

Doha, 10 dicembre 2022

Paci imposte, strette di mano e pugnali nascosti. Francia – Inghilterra non può essere una partita qualunque, è scontro intergenerazionale fra generazioni promiscue.

Da un lato del campo, si sfidano i Generali; dall’altro, si rincorrono i fanti talentuosi.
Non sempre un disarmo coincide con la non belligeranza, non sempre un’alleanza produce la voglia di stare assieme.

Francia – Inghilterra è tutt’altro che un accordo fra gentiluomini, molto più che una partita di calcio.

È la Storia che lo impone.

Alfredo Mercurio

Nato nel '90. Due passioni governano i moti del cuore e, molto spesso, confluiscono l'una nell'altra: Salernitana e poesia.

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