C’era una volta il Marocco, una nazionale che ha sgretolato i soliti calcoli e ha deciso di sognare in grande.
Senza proclami ma con il duro lavoro, dove ciascuno ha nascosto la formula magica tra i rispettivi piedi, inviando i primi messaggi chiari sin dai gironi.
Mai casuale una rimonta o una vittoria di misura nei 90 minuti, perché l’opinione attuale è sempre pronta a sminuire, senza attribuire il giusto peso alle imprese.
Ciò che però diventa una prassi, si trasforma pian piano in qualcosa di gigante e concreto, consegnando il biglietto di ritorno a Spagna e Portogallo.
Nazionali ambiziose, disarmate da un gruppo di eroi rappresentanti il continente Africano, impugnando la penna giusta che serve a lasciare tracce storiche.
Dalla mente di Walid Regragui, l’allenatore del Marocco, sono nate le idee concrete per volare lontano.
Tra pali, dalle retrovie, tra le linee del centrocampo fino al reparto offensivo, solidi e compatti in un viaggio lungo.
Volare sì, con il pallone addomesticato con sicurezza in ogni frangente di gioco, fino a barrare la casella delle prime quattro al mondo.
Il posto che la storia del calcio dona a chi osa, in attesa di una finalina per il terzo e quarto posto, dove sventola con merito la bandiera maghrebina.
Questa squadra insegna a credere nei sogni, nonostante il calcio moderno allontani molte volte la vera passione.
Non serve spiegare le lacrime nel finale di gara, sui volti di chi, partita dopo partita, ha assaporato un sogno nella realtà quotidiana.
Vestiti di rosso e ricordati per sempre, come la nazionale africana che è riuscita ad arrivare più lontano di tutti.
Il grazie allora va al coraggio di questi eroi calcistici, perché questo è solo l’inizio di un messaggio chiaro, proveniente da nazioni africane vogliose di toccare presto la coppa del mondo.
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