Francisco Guillermo Ochoa Magaña nasce a Guadalajara il 13 giugno 1985. Estremo difensore messicano, che a cicli alterni sa scoprirsi quasi il migliore al mondo, appartiene a un mondo di realismo magico che lo annovera tra i personaggi capaci di assimilarsi a una invenzione di Gabriel Garcia Marquez, a un protagonista dei romanzi di Isabel Allende. Si nutre di talento e di magia, leggende fagocitanti le sue stesse qualità tecniche. Un portiere eccezionale durante le settimane del Mondiale e delle competizioni di maggiore visibilità internazionale, meno decisivo nei club in cui ha militato, nonostante le tifoserie gli abbiano spesso riservato un amore incondizionato, assurdo, pazzo.
A 19 anni esordisce con il Club America nel campionato di casa e, grazie alle ottime prestazioni in Coppa America, attira le attenzioni su di sé da ogni parte del mondo entrando, nel 2007, nella top 30 dei calciatori candidati al Pallone d’Oro. Dopo ottime stagioni disputate all’ombra dell’Azteca, nel 2011 si ferma ad un passo dal trasferimento al PSG, che aveva raggiunto l’intesa con il procuratore per portarlo a Parigi. Ma un controllo antidoping sentenzia che Ochoa è positivo al clenbuterolo, uno stimolante che pare lo avesse contaminato per un’intossicazione alimentare, e alla fine non se ne farà nulla. Al suo posto, i parigini ingaggiano Sirigu, anch’egli coinvolto nelle sirene di radiomercato della sessione corrente. In Francia, poi, ci arriverà davvero, ma non nella capitale, bensì in Corsica. “Memo”, così come soprannominato in patria, gioca per tre anni con la maglia dell‘Ajaccio. Un triennio d’amore incondizionato, e ricambiato, con i tifosi. In Francia lo amarono così tanto che, si dice, un tifoso decise di mettere un annuncio per vendere la casa purché rimanesse una volta scaduto il contratto. Ma così non fu.
Il 17 giugno del 2014, Guillermo “Memo” Ochoa tecnicamente è un giocatore sull’orlo della disoccupazione. Il suo contratto con i corsi dell’Ajaccio scadrà un paio di settimane più tardi, il 30 dello stesso mese, e lui ha deciso di non rinnovarlo. Ma al Castelão di Fortaleza, nella seconda partita del girone A dei Mondiali, in campo c’è lui. È il portiere del Messico che tenta di opporsi ai padroni di casa del Brasile. Fortissimi, favoritissimi. Tanto che pare non esserci partita, da quant’è ampia la forbice che separa la nazionale di Luiz Felipe Scolari da quella del Piojo Herrera. Solo che il Brasile attacca, attacca, ma non sfonda. E il merito è di quel portiere con i capelli ricci e un nastro a impedire che schizzino da tutte le parti. Dopo 25 minuti, ecco il primo prodigio: Neymar salta di testa, incorna verso la porta, ma “Memo” toglie la palla proprio dalla riga bianca. Qualcuno ha addirittura paragonato il suo miracolo alla parata del secolo di Gordon Banks su Pelé. Durante i 90 minuti, Ochoa si ripeterà più volte. Su Paulinho, presentatosi solo davanti a lui. Poi ancora su un sinistro ravvicinato di Neymar. Quindi su un colpo di testa da un metro Thiago Silva. Fanno quattro parate decisive di puro riflesso. Finisce 0-0 e il premio di migliore in campo va a lui. Dopo la super prestazione, sui social impazza una foto in cui Ochoa è in posa con la mano destra aperta e in bella vista. Dopo il mignolo c’è un dito in più. Qualcuno ci casca, ma è un fake. Divertente, ma pur sempre un fake. Anche se rende piuttosto bene l’idea della dimensione del personaggio.
Successivamente passa al Malaga, in Spagna, dove è chiuso dall’idolo locale Kameni. Una manciata di presenze in un anno e mezzo prima del prestito al Granada, dove batte due record: il maggior numero di parate in un solo campionato e le reti subite, che alla fine saranno 80 in 37 presenze. Il salto importante lo effettuerà nel 2016 andando in Belgio, allo Standard Liegi, dove rimane per 3 anni sino al 2019, riuscendo a vincere anche una Coppa del Belgio. Terminata l’esperienza europea, ecco il ritorno in patria dove tutto era cominciato. Altre tre stagioni, con diversi successi, con il Club America, con cui è rimasto legato ad un contratto che scadrà ufficialmente il prossimo 31 dicembre.
Ora il desiderio di una nuova sfida in Europa dove, suo malgrado, non è mai riuscito a dimostrare appieno il suo valore. Morgan De Sanctis, alla ricerca di un portiere pronto all’uso dopo l’infortunio di Sepe, ha fiutato l’affare e se n’è assicurato le prestazioni fino al prossimo 30 giugno con opzione di rinnovo. E con cinque mondiali, di cui tre da titolare, sul “groppone”, appare difficile considerare Ochoa come una semplice scommessa. Vero e proprio idolo in patria, ed unico messicano della storia ad entrare nella top 30 del pallone d’oro, Ochoa è un estremo difensore di sicura affidabilità, anche a dispetto delle 37 primavere fin qui vissute. Un portiere che non fa dell’altezza uno dei suoi punti forza, (circa 182 centrimetri), ma abile nel posizionamento tra i pali e dotato di ottimi riflessi. Come biglietto da visita, il rigore parato a Robert Lewandovski nell’ultimo mondiale del Qatar. In attesa di vederlo volare tra i pali dell’Arechi a partire dal prossimo 4 gennaio.
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