Un pari sofferto per i granata e non del tutto meritato, ma va bene così. Perché il Torino è la classica squadra che sarebbe preferibile sempre evitare quando stai attraversando un periodo complicato dal punto di vista psicologico.
Le compagini allenate da Juric, infatti, sono intense, fisiche, aggressive, danno pochi punti di riferimento e costringono ad effettuare letture tattiche mai banali. Pertanto, la difficoltà è costantemente dietro l’angolo, così come l’errore procurato dall’imprevedibilità avversaria e della carenza di serenità.
Un pareggio che interrompe la serie negativa di tre sconfitte, aggiusta una classifica che iniziava ad insinuare il germe della preoccupazione e permette di preparare con ritrovata tranquillità gli ultimi due difficili appuntamenti, contro Atalanta e Napoli, del girone d’andata.
Gara che ha evidenziato, ancora una volta, criticità difensive figlie di una tenuta mentale non sempre all’insegna della concentrazione massimale.
Però, il match ha anche restituito al gruppo il Vilhena carismatico e incisivo ammirato ad inizio stagione.
Così come ha impressionato tutti l’esordio del giovane Nicolussi Caviglia, centrocampista universale, tecnicamente dotato, intelligente sotto l’aspetto tattico, dinamico e sempre supportato da robuste dosi di carisma e temperamento. Un virgulto estremamente versatile, grazie al quale Davide Nicola potrà abbracciare diverse opzioni tattiche.
Per non parlare, infine, della nuova prestazione stratosferica di ‘Memo’ Ochoa, la cui personalità intrisa di reattività, calma serafica e dedizione rappresenta un ulteriore valore aggiunto all’interno del competitivo organico costruito dalla società e dal ds Morgan De Sanctis.
Partita da scomporre in tre segmenti, con il primo e il terzo caratterizzati dalla conduzione dei giochi da parte del Torino. Alla Salernitana, invece, è da assegnare la prima metà della seconda frazione di gioco.
Ai punti avrebbero sicuramente meritato qualcosa in più i granata piemontesi, ma i padroni di casa hanno saputo reagire nella ripresa, contenendo il nuovo protagonismo del Toro nelle battute finali del match.
Il primo tempo è stato assai complicato per l’Ippocampo, ma mister Nicola, almeno nelle intenzioni, aveva preparato bene la partita.
L’obiettivo di partenza consisteva in un 3 5 2 in grado di assicurare superiorità numerica in fase difensiva e la possibilità di regalare pochi punti di riferimento alla retroguardia ospite.
Contrariamente al solito lavoro di chiusura immediata sui braccetti difensivi rivali, infatti, le due mezzali di giornata (Nicolussi Caviglia e Vilhena) avevano soprattutto il compito di garantire, insieme a Bohinen centromediano, una densità centrale capace di inaridire la costruzione dal basso di Lukic e Linetty, con il norvegese chiamato ad abbassarsi per assicurare, insieme ai tre centrali difensivi, superiorità numerica anche sul tridente d’attacco torinista.
Al progetto difensivo, poi, doveva essere affiancato il proposito di attaccare la retroguardia ospite con gli inserimenti negli spazi delle mezzali, il gioco tra le linee di Bonazzoli, la ricerca della profondità di Dia e gli uno contro uno di Candreva su Vojvoda.
La strategia complessiva non era affatto campata in aria, ma il campo ha provveduto, nei primi quarantacinque minuti, a sparigliare in fretta le carte di Nicola.
E’ accaduto perché il Torino era sempre bravo ad uscire dai blocchi difensivi della Salernitana con i suoi trequartisti, abili a dettare il passaggio tra le linee, a legare il gioco con i compagni che si muovevano compatti in avanti, compresi i difensori centrali, e ad attaccare improvvisamente la profondità con movimenti senza palla, coadiuvati in questo lavoro anche da un Lukic sempre arrembante.
La Salernitana ha trovato enormi difficoltà ad arginare le trame fitte, rapide e tambureggianti dei rivali, subendo il gol e riuscendo a limitare i danni solo grazie alle parate provvidenziali di Ochoa.
Nel secondo tempo, però, il trainer granata ha operato dei correttivi tattici che hanno permesso ai suoi uomini di entrare finalmente in partita e creare i presupposti per giocare su un piano di parità con Sanabria e compagni. L’ingresso in campo di Piatek al posto di Bohinen si è tradotto in un 3 4 3 aggressivo sui riferimenti avversari, in un uomo contro uomo a tutto campo, meno prevedibile e più fulmineo nella transizione offensiva, una volta sottratta palla ai rivali.
Il gol realizzato da Vilhena è frutto di questo differente approccio tattico e mentale. Una Salernitana rivitalizzata, pugnace e reattiva, ha creato diverse insidie al Torino con Bonazzoli e Dia pronti a tagliare tra le linee e a liberare lateralmente le sgroppate di Candreva e Bradaric, mentre Piatek fungeva da elastico, venendo incontro al pallone, prima di scaricarlo e attaccare la profondità.
Con un pizzico di fortuna, in questa fase, Fazio e compagni avrebbero potuto addirittura ribaltare il risultato, ma un tiro del centravanti polacco è terminato di poco sul fondo, mentre una potente conclusione di Candreva è stata respinta da Milinkovic Savic.
Dopo poco più di venti minuti, l’inerzia del match è tornata favorevole al Torino. I calciatori di casa, infatti, hanno iniziato ad accusare la stanchezza causata dal generoso avvio del secondo tempo.
Criticità resa ancora più palese dalle forze fresche e qualitative lanciate da Juric nella contesa. Il Toro ha ritrovato vigore e spinta con Singo e Rodriguez sulle corsie esterne, ma anche qualità ed imprevedibilità con Miranciuk ad affiancare Vlasic a supporto di Sanabria.
La Salernitana non è riuscita più a ripartire ed ha ricominciato a subire l’azione tambureggiante di un Torino desideroso di conquistare l’intera posta in palio. I padroni di casa hanno sofferto, un po’ si sono disuniti e non sono crollati grazie a due parate importanti di Ochoa. Nicola è stato bravo nel finale a sistemare la difesa con gli ingressi di Gyomber e Pirola, che hanno conferito vigore e temperamento alla retroguardia e aiutato la squadra a conquistare un preziosissimo punto.