Editoriale

La formalità da sbrigare sta diventando un incubo. Sveglia, serve una squadra tosta e organizzata

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Dieci minuti iniziali spigliati, caratterizzati dalla compattezza dei reparti, da movimenti senza palla, dalla capacità di rubare la sfera e contrattaccare con un palleggio teso a cercare gli esterni o la verticalizzazione giusta, avevano lasciato sperare in una serata ben diversa e nella conquista di un risultato positivo, fondamentale per la classifica e l’umore del gruppo e della tifoseria.

Sensazioni spazzate via dagli altri due terzi della prima frazione di gioco, durante i quali la squadra di Nicola, complice anche l’abilità del Verona di scovare in fretta le criticità difensive granata, si è progressivamente sfaldata, diventando leziosa e sterile, subendo la pressione scaligera ed il gol che ha posto in salita il match.

Autentiche voragini si sono spalancate tra le linee di difesa e centrocampo, palloni filtranti tra i tre centrali difensivi e nello spazio tra i braccini del terzetto centrale e gli esterni intermedi, soprattutto sul centrodestra, hanno permesso a Lazovic e compagni di capitalizzare l’assiduo e pugnace lavoro svolto sul prato verde.

Nella ripresa, con i padroni di casa impegnati soprattutto a gestire il vantaggio, la Salernitana ha cercato di mischiare le carte con l’ingresso in campo degli interpreti seduti inizialmente in panchina. Passando dal 3 4 1 2/ 3 5 2 del primo tempo al 3 4 3, prima di terminare la contesa con un garibaldino 4 2 4, tanto generoso quanto caotico e legato essenzialmente alle giocate estemporanee dei singoli e alla disperata soluzione di portare, confusamente, più uomini a ridosso dei sedici metri gialloblù.

Ed anche su questo aspetto bisognerebbe riflettere a lungo, perché la foga e l’intensità dovevano essere adoperate con largo anticipo e non attendere la consapevolezza di un’imminente, nuova sconfitta per emergere da un grigiore motivazionale incomprensibile ed esecrabile.

Sono arrivate anche un paio di occasioni nitide per pareggiare la partita (e non sarebbe stato uno scandalo), con Dia e Piatek che hanno avuto sui piedi i palloni giusti per rendere meno insonne la nottata dei seguaci dell’Ippocampo e della proprietà.

Patron Iervolino e i suoi più stretti collaboratori, in queste ore, sono impegnati nel prendere una decisione sulla svolta da imprimere alla guida tecnica futura, la quale avrà l’onere di conquistare una salvezza che, con il trascorrere dei turni di campionato, sta diventando sempre più problematica.

Dilapidata quasi del tutto l’enorme distanza dalla zona calda, guadagnata nella prima parte della stagione. Adesso sono solo quattro i punti di vantaggio sullo stesso Verona, terz’ultimo in graduatoria, mentre lo Spezia, quart’ultimo, è collocato appena due lunghezze dietro Candreva e compagni.

Le compagini che precedono la Salernitana, invece, stanno viaggiando con una rassicurante continuità, registrando anche identità tecnico-tattiche che facilitano la conquista di risultati preziosi. Restano anch’esse nel mirino, ma la ragione invita a considerare soprattutto le ultime quattro, tre delle quali dovranno restare alle spalle, per evitare un rovinoso scivolamento nell’angusta cadetteria.

In giornata sono attesi sviluppi definitivi, perché il tempo stringe e all’orizzonte già si materializza l’immagine della temibile Lazio, altro team in cerca di riscatto e di punti pesanti per restare agganciata alla zona Champions. Inoltre gli uomini di Sarri scenderanno sul manto erboso dell’Arechi scortati dal forte desiderio di riscattare la netta e sorprendente sconfitta casalinga subita nel girone d’andata.

La Salernitana, al momento, è un insieme di figurine che stentano a diventare una squadra tosta, coesa, organizzata, abituata alla costanza della lotta, risultando sempre più spesso distante dalla filosofia operaia della formichina laboriosa che accumula punti, sofferenza dopo sofferenza.

Un insieme di solisti che fanno enorme fatica a trasformare il virtuosismo tecnico individuale in una sinfonia tecnicamente perfetta ed efficace ai fini del risultato ultimo.

Si sta scherzando con il fuoco, e sta accadendo da tempo. L’erronea convinzione di una sostanziale formalità da sbrigare, insinuatasi sinistramente nella proprietà ad inizio stagione, nella stessa squadra detentrice di significativi trascorsi calcistici individuali, nella tifoseria che non ha mai considerato seriamente la possibilità di vedere i propri beniamini impelagati nella lotta per la sopravvivenza, sono alla base di tante superficialità registrate nelle prime ventidue giornate del torneo e, forse, anche nell’ultima sessione del calciomercato invernale.

E’ rimasto poco tempo per costruire una strategia calcistica solida, capace di sostituire l’operazione compitino di un team poco omogeneo sul piano tattico e motivazionale con una schiera di combattenti famelici, ben istruiti sul da farsi una volta messi i piedi sul terreno di gioco.

Bisogna svegliarsi in fretta, tutti. Prima che sia troppo tardi ed i rimpianti e le analisi postume facciano il solletico all’amara realtà di un risultato calcistico estremamente nefasto e inatteso alla vigilia.

Gli uomini sono artefici del proprio destino, profetizzavano gli antichi latini. E’ giunto il momento di dimostrarlo.

Maurizio Iuliano

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