Ci vorrebbe una camicia buona per tutti. Quella che Maurizio Costanzo augurava in uno spot pubblicitario degli anni ‘80 rimasto nella memoria popolare. Insieme a tante altre cose che hanno caratterizzato la carriera di questo Maestro. Intendo, per parlare della Salernitana in questo momento occorrerebbero misurato senso ironico, lucidità nell’identificare i problemi, capacità di spiegarli con semplicità, e, magari, contribuire a risolverli. Ricetta talmente semplice da non potersi realizzare. Perchè, al netto delle opinioni – la presente compresa – sparse a macchia d’olio sui mille canali social possibili, un fatto resta. Ci sarà un pallone a metà campo, un avversario di fronte. E in buona sostanza, questa squadra dovrà cavarsela da da sola.
Ci vorrebbe un Vignaroli
Come? Ah, di fronte a domande come queste si suole prender tempo aggettivandole con “bella”. Bella domanda, si dice. Vuol dire che non si conosce la risposta. Però, nella diretta di solosalerno andata in onda ieri mi hanno colpito molto le parole di Fabio Vignaroli, ex attaccante granata e persona intelligente dentro e fuori dal campo. Da conoscitore delle complesse dinamiche che ruotano intorno alla semplicità del giuoco del calcio, Fabio ha osservato che tutti sono occupati a dare la colpa a qualcuno. È vero, e mi ha fatto pensare alle “leggi” dell’umorista statunitense Artur Bloch.
Ce ne sono un paio che, secondo me, si adattano al momento.
Legge di Jacob
Errare è umano; dare la colpa a un altro ancor di più.
Legge di Peter sulla sostituzione
Preoccupati delle pagliuzze e le travi si arrangeranno da sole.
Il Retropensiero
È questo lo scenario, mi pare. “Condito” dalla teoria del “recondito”, secondo la quale ciascuna opinione espressa abbia un secondo fine, visibile o meno, confessabile o meno. È vero, siamo tutti figli di questo padre sciagurato, è così che ci hanno cresciuti. Ma forse non è vero per tutti. Forse, al pari di tutti i tifosi che soffrono per il momento particolare che questa squadra attraversa, là fuori c’è un buon numero di persone che ha un fine solo: vedere la Salernitana fare un gol in più dell’avversario. Creduloni mai, ma più sereni dovremmo essere. Del resto, nel microcosmo granata, che tanto micro non è, pensieri e parole, opere ed omissioni delle “voci” si conoscono benissimo, e quanto scritto e detto negli anni della multiproprietà sta lì a certificarlo.
Il trofeo della ragione
Ma divago. E quando si divaga, si complica. Provo a semplificare, distinguendo tra “Cosa” e “persone”. La prima è quella che conta, il motivo per cui siamo qui. La prima è quella che resta. È la Salernitana. Cosa conta realmente? La Salernitana. Cosa viene prima di tutto? La Salernitana. Cosa desidera il nostro cuore di tifoso? La salvezza della Salernitana. Le “persone” occupano il nostro tempo da opinionisti – in quanto detentori di opinione lo siamo tutti – ma vengono a distanza non debita, lontanissima.
E lasciate che a scriverlo qui sia un vedovo Sabatini, critico sulla politica dei prezzi, impaziente e deluso sull’evoluzione promessa e ad oggi neppure abbozzata da parte della nuova proprietà. Lasciate che a scriverlo sia chi ha pianto di rabbia sotto la pioggia di Bergamo nel vedere la maglia granata scandalosamente stuprata dall’atteggiamento irricevibile dei protagonisti in campo.
Io sono tutto questo. Ma il tempo dedicato alle “persone” è esercizio ozioso tra una palla a centro e l’altra. La “ragione”? Trofeo poco ambito, noi uomini del Sud sappiamo bene a chi viene tradizionalmente assegnato.
Voltati, Alessio
Pochi o tanti che siano, gli spettatori in presenza, esattamente come quelli che non possono o non vogliono esserci, guarderanno tra poche ore al terreno di gioco con un desiderio solo: quello di vedere Alessio Cragno girarsi a raccogliere un pallone di più del nostro portiere, Sepe o Ochoa che sia.
Roba talmente semplice che a volte ce ne dimentichiamo. Ricordiamolo, per 100’ circa.
Poi, beninteso, ricominceremo. Inutile sperare non accada. Nello zaino di un tifoso granata, polemica e sofferenza non mancano mai. Per questo è tanto pesante.