Non è stato facile domare il Monza, conquistare tre punti attesi da tempo e necessari per dare una rinfrescata ad una classifica che cominciava a destare più di una preoccupazione.
Non sono stati rari i momenti di difficoltà tattica vissuti, soprattutto nella prima frazione di gioco. Però la squadra non si è mai disunita, sorretta da orgoglio e temperamento ha sempre provato a mantenersi compatta nella fase passiva e accesa quando il pallone transitava tra i piedi dei calciatori granata.
La strada che dovrà facilitare l’approdo ad un’identità tecnico-tattica ben definita e che rispecchi i principi calcistici di Sousa, francamente, è ancora lunga da percorrere. Però, è innegabile che si stia lavorando alacremente e meticolosamente per ridurre i tempi e creare in fretta le condizioni che favoriscano il raggiungimento e il superamento dei diversi stadi intermedi.
Perché, ad esempio, la capacità di essere coesi comincia a vedersi sul prato verde, anche se la continuità non è ancora quella giusta o, per essere precisi, non soddisfa completamente il trainer portoghese.
Bisogna anche dire però che è assolutamente prioritario, nella valutazione dei centottanta minuti del nuovo corso, sottolineare che le due squadre affrontate, Lazio e Monza, occupano una posizione di vertice nella speciale graduatoria del possesso palla e dell’abilità nell’esercitare un predominio pressoché costante nell’arco di un match.
Pertanto, alcune sbavature e criticità, già fisiologiche perché figlie di un lavoro di campo settimanale appena agli inizi, sono state favorite anche dall’evoluta organizzazione tattica delle compagini allenate da Sarri e Palladino. Da qui al termine della stagione, non saranno tante le avversarie in grado di fare la partita muovendo il pallone e dando pochi riferimenti. E questo aspetto, unitamente ai meccanismi difensivi ed offensivi che si perfezioneranno gradualmente, consentirà a Candreva e compagni di gestire con minori apprensioni ed affanni le fasi di una gara.
Intanto Paulo Sousa, dopo un’intensa settimana di allenamenti in più, da allenatore di spessore qual é, consapevole della necessità di dover schierare una squadra ordinata e razionale per fronteggiare meglio le rivali, lo sforzo atletico e le paure dettate dall’assenza di risultati, ha letteralmente modificato, rispetto al match contro la Lazio, la sua terza linea, quella dei trequartisti.
I suoi ragazzi non sono ancora pronti ad essere sinergici attraverso la coesione delle quattro linee, a sostenere l’impiego di tre attaccanti più portati ad offendere che a legare le diverse porzioni di campo con il palleggio. Lo saranno tra qualche settimana, quando la condizione psicofisica sarà migliore e l’apprendimento dei concetti di gioco sarà più familiare.
Alla luce di questa consapevolezza, il trainer lusitano ha schierato Candreva e Kastanos a supporto Piatek, al fine di rendere meno proibitiva, dettando il passaggio e migliorando il fraseggio e il tasso di imprevedibilità, la transizione dalla fase di non possesso a quella attiva, con contestuale sacrificio difensivo dei due quando a condurre le danze è stato il Monza.
Ed i risultati si son visti, perché i lombardi hanno giocato tanti palloni, condotto la gara con con maggior protagonismo, affrancandosi spesso dalle marcature rigide a zona che la Salernitana cercava di esercitare, ma in porta hanno tirato una sola volta nei primi quarantacinque minuti, con un colpo di testa di Ciurria sul quale Ochoa è stato strepitoso.
I brianzoli sono stati in perenne movimento, arretrando centrocampisti, sganciando esterni e braccetti difensivi, sguinzagliando trequartisti sulle corsie esterne e nella trequarti granata, ma hanno trovato una Salernitana finalmente capace di soffrire e compattarsi con tutti i suoi effettivi, di restare sul pezzo e rispondere colpo su colpo una volta conquistata palla.
In questo senso, superlativo è stato il lavoro di Candreva, sempre abile a dettare il passaggio tra le linee, a trovare agibilità sulle corsie esterne, a far salire la squadra e i laterali intermedi (soprattutto Sambia a destra) con la sua carismatica visione di gioco e, soprattutto, a cercare con caparbietà la giocata individuale in grado di spaccare la partita.
Ha creato tanto la Salernitana nel primo tempo, ma la sfortuna sui tiri dell’ex laziale e la scarsa vena realizzativa di un encomiabile Piatek, condizionato però dalla fame eccessiva di gol, hanno ritardato l’appuntamento con il vantaggio.
All’inizio del secondo tempo, Palladino ha inserito Mota e Donati al posto di Gytkjaer e Sensi, immaginando di conferire maggiore imprevedibilità e continuità al possesso palla sciorinato nella prima frazione di gara.
Ma la Salernitana, se vogliamo anche meno ordinata nella sua proposta offensiva rispetto ai primi 45 minuti, ha anteposto cuore, rabbia e motivazioni e, contendendo, conquistando e sfruttando palloni sporchi, ha chiuso in fretta i conti con la realizzazione di tre reti. Sulle barricate ancora un Candreva intriso di lucidità e personalità, un Coulibaly in versione trequartista raffinato e un Piatek abile a resettare gli errori sotto porta del primo tempo e a diventare determinante con la sua ‘cattiveria’ nelle azioni di due gol su tre.
Palladino ha mescolato ancora le carte e inserito altri interpreti, schierando i suoi con il 4 2 4 e il 4 2 3 1, ma Sousa, sfruttando pienamente i cambi, ha spedito sul manto erboso calciatori in grado di garantire gamba e interdizione, erigendo un vero e proprio fortino a difesa del rassicurante vantaggio.
Il triplice fischio, dolce come l’ambrosia degli dei, ha restituito sorrisi ed entusiasmo alla squadra e ad un ambiente troppo a lungo squassato da autolesionistiche polemiche e incurabili pessimismi.
In attesa di conoscere il risultato del Verona impegnato in casa contro l’ostica Fiorentina, Dia e compagni guadagnano due punti sullo Spezia e si apprestano a preparare con ritrovata serenità la trasferta in casa della Sampdoria.
Non sarà semplice, ma il ‘martello’ Sousa saprà trovare argomenti e duro lavoro da distribuire a tutti. Il tempo è tiranno e c’è ancora tanto da fare.