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Colpire con precisione un pallone con i piedi mentre si sta correndo non è una cosa normale, farlo addirittura con la parte posteriore è qualcosa di più. Lo sa bene Boulaye Dia. Sedici centri (record in massima serie per il club campano), MVP granata di aprile e terzo nella classifica marcatori, sono solo alcuni dei numeri della brillante stagione dell’asso senegalese che a suon di gol si è preso la Salernitana.

Il taconazo ed i suoi verbi

Non sarà stato come il sublime taconazo di Guti per Benzema nella notte del Riazor di La Coruña, ma fare un tacco, nel gioco del calcio, è in ogni caso sinonimo di ribaltare le prospettive e stupire tutti. Ribaltare e stupire per Dia sono verbi ormai familiari. Un gol- quello del minuto cinquantatré- che accende ancor di più le luci su di lui e sulla Salernitana, capace di ribaltare (ed il 29 lo fa anche materialmente dando avvio all’azione) con un colpo a sorpresa le prospettive di entrambi nel pomeriggio capitolino. I granata che guardano al futuro con ancor più consapevolezza nel proprio potenziale ed il senegalese che svela maggiormente un potenziale da vero e proprio crack del calcio italiano e non. Il secondo verbo (ed effetto) collegato al tacco è stupire. Anche qui la Salernitana e Dia sono legati. L’ippocampo ha stupito quando- dopo un periodo difficile- ha saputo inanellare un filotto di risultati e prestazioni positive capaci di regalare la salvezza con tre giornate d’anticipo come mai accaduto fino ad ora nella propria storia, il centravanti ha stupito mostrando freddezza sotto porta, leadership e doti fuori dal comune.

Sedici centri

Seconda rete all’Olimpico per Dia che, proprio come era accaduto lo scorso ottobre contro la Lazio, riesce a mettere la sua firma nell’impianto capitolino. Il modo, come detto, è tra i più spettacolari dal punto di vista calcistico, il luogo non banale. Proprio lo stadio della Capitale, nel corso degli anni, è stato scenario di altri colpi di tacco. Il più famoso, restando sulla sponda giallorossa del Tevere, è quello di Amantino Mancini nel derby del 9 novembre 2003 quando- dagli sviluppi di un calcio d’angolo- il brasiliano riuscì a sbloccare la stracittadina con un tocco di grande difficoltà e bellezza. Quello del granata è stato totalmente differente. Necessario potrebbe essere il giusto aggettivo visto che, guardando la dinamica dell’azione con Dia in “vantaggio” sulla sfera, l’unico modo per battere Rui Patricio era effettivamente solo la magia alla Mancini. Qualcuno, volendo sottilizzare, potrebbe dire che abbia colpito il pallone più con fortuna che con volontà e bravura. Ora, però, andate a dirglielo voi al 29 che quello di ieri non è stato il suo personale e strabiliante taconazo.

Redazione

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