Un Arechi vestito a festa e desideroso di sprigionare gioia, ha pazientato un tempo, prima di essere premiato dalla reazione vincente e orgogliosa della squadra.
Una vittoria attesa, per spazzare via i fantasmi che ancora turbavano la memoria dei tifosi granata dalla ‘drammatica’ serata del 22 maggio 2022.
La degna conclusione casalinga della notevole gestione tecnico-tattica targata Paulo Sousa. Percorso che ha visto Candreva e compagni perdere in due sole occasioni nelle ultime quindici gare.
Novanta minuti al termine della stagione, ma ancora qualche obiettivo importante da inseguire propone il torneo. Agganciato in classifica l’Empoli, impegnato oggi a Verona, la Salernitana ha la possibilità, vincendo a Cremona, di mettere anche i toscani alle spalle.
Poi sarà, finalmente, il momento di sedersi ad un tavolo. Per iniziare a programmare un campionato che si proponga di alzare l’asticella e gli obiettivi di società e tifoseria.
Ciò che davvero colma i cuori di felicità è la progressiva evaporazione di quell’indigesta sensazione di precarietà, vissuta troppo spesso nell’ultrasecolare storia granata.
Salerno sta guadagnando sempre più spazio e visibilità nell’universo pallonaro delle grandi firme. E si tratta di una recita possente e carismatica, destinata ad evolversi positivamente.
C’è tutto l’occorrente per pianificare un futuro ricco di esaltanti momenti. L’ambizione e l’entusiasmo di un presidente intenzionato ad affermarsi anche nel calcio che conta. La competente lungimiranza di un direttore sportivo che ha già dimostrato di saper svolgere il suo lavoro. Un allenatore preparato e meticoloso, che riesce sempre a conferire una precisa e riconoscibile identità alle squadre che allena.
L’ultimo tassello è la marea di seguaci dell’Ippocampo che gremisce gli spalti in casa e in trasferta. Un’impetuosa spinta avvertita dai calciatori, che si sentono in dovere di dare sempre il massimo pur di renderli felici.
Una base significativa è stata già creata quest’anno, con tanti elementi che sono riusciti ad imporsi strada facendo. Superando qualche frettoloso giudizio negativo espresso sul loro conto.
Alcuni brillanti interpreti, meritevoli di raccogliere i successi personali seminati lungo il cammino, andranno via. Per raggiungere palcoscenici calcistici più prestigiosi e operare un legittimo salto di qualità professionale.
Dalla loro cessione, però, deriveranno robuste plusvalenze che, investite in maniera mirata, potranno rendere ancora più competitivo il gruppo che sarà consegnato al trainer portoghese.
La conferma del tecnico, tutt’altro che scontata considerato il suo valore, rappresenta un indizio più eloquente di mille parole.
Senza dimenticare la sua dimensione di realtà ‘provinciale, la Salernitana è fermamente determinata ad accantonare la logica della mera sopravvivenza.
La partita. Avvolti da un caloroso clima di festa, un po’ intorpiditi dalla salvezza ampiamente acquisita, i beniamini di casa hanno inizialmente faticato a conferire intensità e temperamento alla loro prestazione.
Sousa, che deve fare a meno di Dia uscito malconcio dalla gara dell’Olimpico, schiera Candreva trequartista. All’interno di un tridente sempre pronto a recepire e soddisfare dettami di natura difensiva.
Anche al centro della difesa si contano defezioni importanti. Gli infortuni di Gyomber, Lovato e Fazio, uniti alla squalifica di Daniliuc, consegnano un roster striminzito al coach lusitano. Dentro Bronn e Troost Ekong, che si aggiungono a Pirola per comporre il terzetto di retroguardia.
Ritmi non altissimi, poco significativa anche la volontà delle due contendenti di pigiare con determinazione il piede sull’acceleratore.
L’Udinese, però, dimostra di avere qualche idea in più nei primi quarantacinque minuti. Con gli attaccanti (Thauvin e Nestorovski) che dettano il passaggio tra le linee e le mezzali (Samardzic e Lovric) propositive nel palleggio e nel supportare le punte.
Lo sviluppo della manovra friulana costringe la Salernitana a fare densità centrale nella propria metà campo. Questa necessità dei padroni di casa diventa una sorta di limite, soprattutto quando i rivali operano cambi di gioco e attivano la spinta di Zeegelaar a sinistra e Pereyra a destra. Quando il talentuoso argentino entra nel vivo del gioco, l’Udinese realizza due reti e sembra mettere in discesa il match.
I gol subiti dalla retroguardia campana mettono in rilievo la scarsa intesa di una difesa messa in piedi tra mille difficoltà.
I granata, forti della serenità dettata dall’assenza di ansie legate alla classifica, non si disuniscono e provano ad alzare i giri del motore. Ma la loro manovra continua ad essere ruminata a centrocampo e scarsamente incisiva negli ultimi venti metri.
Serve un episodio favorevole o una giocata di qualità partorita dai calciatori più estrosi e carismatici. Candreva e Kastanos rispondono presente e confezionano, il primo con l’assist ed il secondo con un’imparabile traiettoria a giro, il gol che dimezza lo svantaggio.
La ripresa si apre con l’ingresso di Bradaric al posto di uno spento Botheim. Sousa riporta Kastanos nel terzetto avanzato e sposta Mazzocchi sull’out destro.
I primi minuti non sortiscono gli effetti sperati, però il nuovo assetto, accompagnato da maggiore aggressività, mostra un tasso superiore di imprevedibilità.
Bradaric e Mazzocchi spingono, Candreva continua a dare pochi punti di riferimento agli avversari, Kastanos alterna assist illuminanti (Mazzocchi lanciato a rete) e tagli centrali a ridosso dell’area bianconera. Su uno di questi, il cipriota è abile a guadagnare la punizione che permette a Candreva di riportare il punteggio in parità.
La rimonta completata genera un duplice effetto: smorza l’ardore della Salernitana, solletica l’orgoglio dei calciatori ospiti.
Sottil effettua un doppio cambio, inserendo Beto e Arslan al posto di Nestorovski e Thauvin. Gli ospiti, grazie all’ingresso del centravanti brasiliano, conferiscono potenza e verticalità alle loro trame offensive. In due occasioni sfiorano il nuovo vantaggio, ma Beto si lascia ipnotizzare da Fiorillo, mentre Arslan divora un gol già fatto. Anche in questi frangenti risulta sofferta l’intesa del terzetto difensivo centrale granata, che continua ad essere in difficoltà nel muoversi di reparto e nei tempi giusti.
La giornata è calda, le squadre hanno speso tanto, cominciano ad essere stanche e, probabilmente, ad accontentarsi della spartizione della posta in palio. Sousa si affida anche alle geometrie di Bohinen e alla gamba di Nicolussi Caviglia, prima di far esordire il giovane Iervolino.
Ed è proprio quest’ultimo a procurare l’espulsione di Zeegelaar per doppia ammonizione.
La superiorità numerica è troppo invitante, induce a non abbandonare l’idea di prevalere in extremis. La squadra compie l’ultimo sforzo, si riversa in massa nella metà campo friulana e, pur non mostrando particolare incisività, trova la marcatura che vale tre punti.
Il subentrato Sambia, poco appariscente sino a quel momento, sforna un ottimo tracciante, che viene trasformato in gol dal famelico Troost Ekong.
Subito dopo inizia la grande festa. I protagonisti del prato verde si fondono gioiosamente con la gente assiepata sugli spalti. Tutti hanno voglia di godersi l’attimo presente, ma nella mente già si materializzano gli stimolanti scenari futuri.