“Far parte di un progetto come quello della Salernitana è entusiasmante”, parola di Simone Lo Schiavo. Calabrese di nascita, il classe ’85 è dalla scorsa estate in granata dopo l’esperienza da diesse alla Vibonese e l’avventura biennale alla Roma come responsabile dell’area scouting. Al fianco di De Sanctis ed al team scout, il dirigente è stato tra gli artefici nella costruzione della Salernitana di quest’annata. Ai nostri microfoni, quindi, Lo Schiavo ha approfondito il modus operandi di una delle aree dirigenziali che maggiormente ha fatto bene in questa stagione.
È un dirigente atipico, parla poco e predilige i fatti. Da quando è arrivato nel luglio 2022 alla Salernitana ha lasciato un’impronta tangibile puntando sulla qualità e contribuendo all’arrivo di calciatori del calibro di Dia, Ochoa, Bradaric, Daniliuc, Pirola e Vilhena
Premetto che il lavoro in team rappresenta la nostra prerogativa nonchè la nostra grande forza. Lavoriamo in simbiosi perché nel calcio moderno c’è bisogno a mio avviso dell’apporto costante di tutti, dobbiamo ringraziare il direttore De Sanctis che è molto inclusivo nella sua impostazione di direttore sportivo a 360 gradi. Io, lui e Giulio Migliaccio ci confrontiamo continuamente sulle strategie e sulle direzioni da intraprendere a livello tecnico. Non è mai un lavoro del singolo ma d’insieme, dove ciascuno viene valorizzato per le proprie competenze e specificità. In questa stagione abbiamo fatto una piacevolissima scoperta che è rappresentata da Filomeno Fimmanò, il nostro scout. Ha setacciato tutto il mondo alla ricerca di nuovi talenti, dimostrando grande disponibilità e voglia di imparare. Ci ha dato una grande mano anche Antonio Mele, il nostro segretario dell’area scouting. Ci tengo ad elogiare il lavoro di tutti, siamo in cinque e lavoriamo uniti per lo stesso obiettivo e nel rispetto dei rispettivi ruoli. Siamo vigili su ogni mercato e siamo stati in Africa, Sudamerica, Europa, abbiamo visionato il campionato sudamericano sub 20, le competizioni europee e tutti i campionati. Siamo alla ricerca costante di profili che possano fare al caso della Salernitana. Voglio, poi, sottolineare come tutto questo diventa possibile grazie alla lungimiranza ed alla voglia d’innovazione del presidente Iervolino che investe e crede molto nello scouting.
Nelle scelte c’è qualcosa che vi guida per restringere il campo?
I dati hanno la loro importanza ma devono essere sempre integrati dalla visione live del calciatore, da quest’ultima noi non prescindiamo mai. I dati possono aiutare per creare una sorta di filtro sulle caratteristiche ma a farla da padrone è sempre l’occhio. Dalla visione dal vivo estrapoliamo la relazione sul calciatore ma siamo in ogni caso sempre attenti anche ai numeri.
Lavora in una società che vuole lavorare con i giovani. Ne ha scoperti tanti insieme al diesse De Sanctis (Felix, Tahirovic, Keramitsis, etc.). Quanto è importante per lei investire su di loro?
Alla Roma dovevamo fare un tipo di scouting diverso. Mi spiego, dovevamo immaginarci il calciatore come un video e non come una fotografia perché la valutazione era orientata a cosa poteva diventare quel calciatore nei cinque/sei anni futuri. Era un lavoro difficile perché individuare un talento in prospettiva è molto complicato, magari un calciatore nell’Under 16 fa la differenza perché precoce dal punto di vista muscolare o tecnico però poi a lungo andare non si confermerà su quei livelli. Lo scout, a mio avviso, va modellato e calibrato sulla base del progetto e quello della Salernitana è quello di valorizzare i giovani ed arrivare per primi sui ragazzi più promettenti. Dobbiamo essere bravi sia ad individuare il talento che ad essere tempestivi nel definirne l’acquisto. Da qui va poi anche la costruzione della rosa che deve essere improntata sui principi tecnico-tattici che vorrà adottare l’allenatore. Mi fa molto piacere che la nostra difesa nelle ultime giornate sia stata la più giovane tra A e B perché avevamo Lovato del 2000, Pirola del 2002 e Daniliuc del 2001. Poi ci sono Botheim che è un classe 2000 o Bradaric classe 1999 che si stanno facendo valere. La nostra è una società che non può prescindere dai giovani. Quest’ultimi vanno naturalmente affiancati a profili esperti per creare il giusto mix che consenta la loro crescita.
Come si individua un talento e soprattutto come si arriva prima su un ragazzo promettente?
Faccio una distinzione. Ci sono gli scout da prestazione e quelli di prospettiva. I primi sono quelli che osservano un calciatore, se ne innamorano e valutano la singola prestazione, i secondi devono intravedere le potenzialità del ragazzo nel medio/lungo periodo. Magari si va a vedere un calciatore e in quella gara fa male, ma a mio avviso non si può bocciare solo sul tipo di partita disputata ma si deve tentare di capire se quel profilo ha un potenziale che in quel momento non sta esprimendo. Se guardiamo agli acquisti della scorsa estate, alcuni avevano fatto meno bene nel campionato precedente ma questo non significava che non fossero profili validi.
L’estate scorsa la Salernitana ha acquistato prevalentemente all’estero e poco in Serie A. A gennaio ha finalmente pescato in B, con Caviglia e Crngoj. Visto che l’ossatura è fatta ed ora bisogna puntellare con competenza, la cadetteria è un’opzione?
Assolutamente, si può pescare in serie B perché comunque si tratta di campionato di buon livello tecnico e ci sono calciatori che possono dire la loro anche in serie A. La Salernitana deve visionare ogni tipo di mercato. Magari qualche ragazzo che gioca in B ed ha caratteristiche per esplodere può fare al caso nostro. Avere una visione a 360° è fondamentale. Non ci si può ovviamente limitare al monitoraggio di pochi campionati ma bisogna guardare anche a nazioni emergenti dal punto di vista calcistico. Alcuni affari si chiudono all’estero perché magari il prezzo del cartellino è minore rispetto a quello di un calciatore italiano, questo non vuol dire che quest’ultimi non possano essere acquistati. Ad esempio, abbiamo puntato su Pirola e Nicolussi Caviglia che sono italiani ed hanno avuto la possibilità di cimentarsi con la massima serie quest’anno dopo aver giocato in serie B.
Tra i ragazzi che ha scoperto, chi è quello di cui va più orgoglioso?
Quando si fa questo lavoro si deve essere contenti ogni giorno. Chi lavora nel mondo del calcio è un privilegiato, tutte le intuizioni e le scoperte mi rendono felice se sono legate a una crescita comune di un gruppo lavoro. Far parte di un progetto come quello della Salernitana è entusiasmante perché siamo una grande famiglia e tra le componenti c’è una grande unità d’intenti affinché si possa migliorare sempre di più. Giorno dopo giorno sono sempre più fiero e orgoglioso del percorso che tutti insieme stiamo compiendo a Salerno, ambiente ideale per chi vuole fare calcio con passione e ad alti livelli.
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