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I numeri e i giudizi

Quando una stagione viene consegnata agli annali restano i numeri. Quelli contano: i giudizi, i propositi per il futuro, i sogni, da quei numeri ripartono. Ma, naturalmente, ed inevitabilmente, la cifra finale non trasmette emozione. Pertanto un analista di dati, o semplicemente un curioso di cose di calcio, che dovesse guardare cosa ha fatto la Salernitana nella stagione 2022-23 leggerà di una salvezza tranquilla — nel momento peggiore della stagione il distacco dalla terzultima piazza era di quattro punti — di poche e significative vittorie, di tanti pareggi — alcuni leggendari — e troppi, troppi gol subiti, ché in quel particolare parziale siamo stati da retrocessione anche e soprattutto per la vergogna di Bergamo e complessivamente per le cinque partite durante le quali la Salernitana ha subito almeno tre gol.

L’emozione, l’adrenalinica esperienza, i numeri non la raccontano. Ma della Salernitana che raggiunge il punto più alto della sua storia raggiungendo la terza consecutiva partecipazione alla massima serie nessuno, a queste latitudini, si dimenticherà. Nessuno dimenticherà mai che quest’anno la Salernitana ha fatto punti con tutte, non ha perso a Torino, ha dato spettacolo per due volte a Roma, ha fermato l’Inter a Salerno ed il Milan a San Siro, pareggiato a casa loro con i campioni d’Italia, ha vendicato con due vittorie strappacuore al fotofinish la su citata vergogna di Bergamo, lo 0-4 drammatico con l’Udinese che aveva chiuso la scorsa stagione.

La tifoseria e il suo ruolo

Nonostante le sole due vittorie in trasferta — nessuna nell’era Sousa — la tifoseria ha dato spettacolo ovunque le sia stato consentito di essere presente. Un fenomeno non più ascrivibile, secondo me, alla “moda” o alla categoria. Non più, non dopo due anni. Chi, anche solo una volta, ha respirato quest’anno l’aria del settore ospiti ha potuto vivere il sollievo di questa gente per troppo tempo soggiogata dalla multiproprietà e la voglia di urlare un’appartenenza che niente ha potuto mortificare. Da Salerno, da tutta Italia, da cento città d’Europa.

Questi i numeri, queste le emozioni dalle quali ripartire. Ed è una ripartenza alla quale si guarda con impazienza. Inevitabile, se si considerano le lunghe stagioni di sogni rubati o negati per regolamento a questa tifoseria.

A questo futuro prossimo venturo, la gens salernitana si predispone con maturità. So di non sbagliarmi, ché da decenni respiro questa aria. È una maturità che non ha più bisogno di essere esortata. Intendiamoci bene, parlo della maturità che si può richiedere ad un tifoso. Ad un soggetto complesso, cioè, che non vuole perdere mai, non conosce limiti all’ambizione, ed è pronto ad insultare al 15’, idolatrare al 90’ la stessa persona, sia esso allenatore, calciatore o dirigente. Del resto se il tifo fosse razionale, se tutti noi fossimo soggetti equilibrati, il calcio — soprattutto in Italia — sarebbe finito da tempo.

Eppure, tifoso maturo non è ossimoro, non è chimera. Soprattutto a Salerno, dove si è vissuto di tutto, da sempre. Le esperienze vissute forgiano, di tanto sono certo. E allora, io credo, la stragrande maggioranza dei tifosi, riconoscendo rappresentanza solo alla propria Passione ed ai soldi che sborsa per alimentarla, chiede stabilità alla prossima stagione. Le criticità sono tante, e l’elenco sarà certo lacunoso, ma bisogna pur cominciare da qualche parte.

L’urgenza dei fatti

Innanzitutto, la casa, l’Arechi. Snellire l’accesso attraverso un sistema moderno di filtraggio, con accessi realmente dedicati agli abbonati non è un lusso ma procedura necessaria per snellire le lunghissime file all’ingresso.

È ora poi che qualcuno ricordi che questo luogo venerato risente di un grave difetto di progettazione: dalle prime file il terreno di gioco non è visibile. E non è questione eludibile, considerando che l’afflusso è enorme ed i prezzi non economici. Quei posti non possono essere venduti, allo stato. Altrimenti non si può immaginare di far sedere gli spettatori.

Bisognerà poi affrontare la questione del settore ospiti: non è più possibile, non avviene in nessun stadio, la mescolanza con tifoserie dai numeri importanti, ché solo per caso in questa stagione non si sono verificati gravi incidenti.

Non tutti vogliono sedersi allo stadio, va ipotizzata e progettata una standing zone.

La necessità di utilizzare i servizi igienici non deve rappresentare, mai più, motivo di preoccupazione per la salute pubblica.

I punti di ristoro devono elevarsi a dignità di bar, rispettare le norme igieniche, consentire pagamento tracciabile — il che pone anche la questione di adeguata copertura wi-fi — perchè, vivaddio, viviamo in un paese che appartiene alla comunità europea.

La fidelizzazione mediante abbonamenti deve realmente parametrarsi al tessuto sociale dove si opera. E non si parla soltanto delle famiglie, ma anche dei commercianti. La cervellotica politica dei calendari dominati dai signori della TV impedisce, infatti, a questi ultimi di fidelizzarsi. Prevedere slot con cambio nominativo, come già avviene in altre piazze, consentirebbe ad una quota non esigua di tifosi di fidelizzarsi con minori affanni.

È mandatoria una gestione più trasparente della biglietteria. Posto che i 1000 (non credo siano tanti di più) sempre presenti hanno il diritto/dovere di occupare il solito posto in curva ed avere priorità in trasferta, una gestione trasparente dei biglietti eliminerebbe malumori e polemiche. La Salernitana, ricordo, è di tutti.

All’Arechi bisogna arrivare, poi ripartire. Non è impresa di poco conto. La malapianta dei parcheggiatori abusivi va eliminata senza indugio, gli spazi vanno correttamente delimitati e fatti rispettare, anche con rimozioni forzate.

Un piano traffico prima, durante e dopo le gare è una cosa normale, non fantascientifica.

Ricordo poi a me stesso che esiste una metropolitana leggera. Usiamola, implementiamola.

Ovviamente, che piova in un settore coperto, con buona pace della licenza UEFA conseguita, non è condizione ricevibile.

Io credo che i tifosi militanti, non pochi, questo chiedano. E si accontenterebbero, no, sarebbero felici di fare 43 punti, uno in più dell’anno scorso.

Il resto è fiducia riposta in una proprietà che ha dovuto apprendere lezioni in questi diciotto mesi, ma ha dato complessivamente eccellente prova.

E la questione non è politica, ma civica.

Troppe richieste? Il tempo c’è stato. Ora è scaduto.

È tempo di fatti non di proclami.

Giovanni Perna

Nato nel 1964, professione ortopedico. Curioso ma pigro. Ama svisceratamente Salerno e la Salernitana. Come sempre accade quando un amore è passionale, è sempre piuttosto critico nei confronti di entrambe.

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