Estate 2010. La Salernitana era reduce da uno dei campionati più vergognosi della sua storia, con una retrocessione in Lega Pro praticamente decisa in pieno inverno. Ma il peggio doveva ancora venire. Antonio Lombardi, patron in decisa difficolta finanziaria, riuscì a iscrivere il club granata ma in ritardo e questo comportò nel corso del campionato 6 punti di penalizzazione.
Nonostante questo, il ds Nicola Salerno riuscì ad allestire una squadra competitiva. Del gruppo della retrocessione furono (giocoforza) confermati i “senatori” Polito, Peccarisi, Montervino, Fava, Pestrin, Merino. A questi si aggregarono prodotti del settore giovanile come Altobello, Franco, Falzerano e Orlando, giovani promesse dei vari settori giovanili italiani come Legittimo, Szatmari, Ragusa e Litteri e “marpioni” della terza serie come Murolo, Montella e Sedivec. In panchina, anche per ridare un po’ di entusiasmo all’ambiente, il Capitano della promozione in A del 1998, Roberto Breda.
La Salernitana, inserita nel girone A della Prima Divisione (nuova nomenclatura della Serie C), esordì il 22 agosto 2010 a Sorrento contro una delle formazioni più accreditate per il salto di categoria. E non sfigurò, anzi. La gara si concluse 2-2 con i costieri che trovarono il pareggio nel finale con Terra (di Ragusa e Fava i gol granata e di Togni l’altra rete sorrentina). Una partita che accrebbe l’autostima del gruppo di Breda.
I granata fin da subito si assestarono nelle parti nobili della classifica e il blitz di Ferrara in casa della SPAL (1-2, con gol partita di Litteri all’87’, 10/10/2010) portarono la squadra di Breda in vetta alla graduatoria. Tant’è vero che ad aumentare il tasso tecnico venne ingaggiato lo svincolato Davide Carrus. Un raggio di sole, ma le nuvole tornarono ben presto a incombere. Gli stipendi non venivano pagati e i punti di penalizzazione cominciarono ad arrivare. La sconfitta di Alessandria (3-1, 14/11/2010) fu il primo di una sequela di risultati negativi che culminarono nella rovinosa sconfitta interna con il Sorrento per 4-1 del 19 dicembre.
Lombardi allora compì l’ultimo atto sportivo della sua gestione, esautorando i senatori (con Merino, Pestrin e Polito che andarono via) e con il ds Salerno che sul mercato prese due giovani dall’Udinese: Fabinho e Jefferson e l’esperto portiere Caglioni. Poi, l’11 febbraio 2011, la “svolta”. In un’improvvisa conferenza stampa convocata al Grand Hotel Salerno, Antonio Lombardi comunicò di aver ceduto il controllo della società a Joseph Cala, sedicente imprenditore italo-statunitense operante nel settore alberghiero. Cala fece grandi promesse (tra le quali quella di pagare subito gli stipendi arretrati), esonerò il ds Salerno, mise dei suoi uomini in società ma si rivelò ben presto essere niente di più niente di meno di un impostore. Undici giorni dopo la Salernitana tornò infatti nelle mani di Lombardi.
E tornarono i guai dal punto di vista finanziario. Arrivarono a mancare persino i soldi per organizzare le trasferte e fu il Comune, tramite sponsorizzazioni delle municipalizzate, a metterci una pezza. I calciatori – compresi i senatori reintegrati – fecero gruppo con il tecnico Breda, il rientrante direttore sportivo Salerno e la tifoseria tutta, dimenticando sul terreno di gioco i problemi economici. Nelle ultime 9 partite della stagione regolare un bottino di 19 punti, frutto di 5 vittorie, 3 pareggi e 1 sconfitta, regalarono alla Salernitana l’accesso ai playoff promozione come quarta classificata (a causa dei punti di penalizzazione, altrimenti sarebbe stato secondo posto).
Gli spareggi promozione incominciarono con l’andata della semifinale il 29 maggio in casa contro l’Alessandria di mister Maurizio Sarri. La partita terminò 1-1. Vantaggio piemontese di Martini, pareggio granata di Fabinho. Un risultato che metteva la Salernitana con un piede fuori, dato che il peggior piazzamento obbligava i granata a vincere al “Moccagatta” il 5 giugno. Al 61′, Martini siglò il gol che sembrava chiudere i giochi. Invece Davide Carrus non fu d’accordo. L’ex Cagliari con una doppietta (tra cui uno splendido gol su punizione) ribaltò in cinque minuti la situazione. E Fabinho nel finale pose il sigillo.
Salernitana in finale ad affrontare il Verona di Andrea Mandorlini. Quest’ultimo preparò a suo modo la gara, con dichiarazioni pepate in settimana nelle quali affermò come fosse ingiusto – a suo modo di vedere – che una squadra disastrata economicamente come la Salernitana potesse giocarsi la B. L’andata del “Bentegodi” si disputò il 12 giugno. Il Verona si impose 2-0 per effetto di una doppietta di Ferrari grazie a due calci di rigore alquanto generosi fischiati dall’arbitro Di Bello di Brindisi, direttore di gara che consentì a Mandorlini di fare il bello e cattivo tempo in panchina.
Il ritorno avvenne il 19 giugno, data emblematica. Un Arechi gremito in ogni ordine di posto provò a spingere la Salernitana alla rimonta. I granata vinsero 1-0 con rigore di Carrus, ma non bastò. Verona in B, Salernitana in C sul campo. Ma tutti già sapevano l’amarissima verità. Il mese dopo giunse l’esclusione. Si ripartì come Salerno Calcio dalla Serie D. Ma questa è un’altra storia.
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