Bene la prima. Anzi, benissimo. Non può essere altrimenti quando, pur non giocando una partita memorabile, torni da Roma con un prezioso pareggio in saccoccia.
Al termine di una gara che ha visto la squadra granata spesso in difficoltà in difesa e poco robusta e variegata nel portare pericoli alla retroguardia giallorossa.
Nel calcio, però, esistono anche i fuoriclasse che provvedono a nascondere la polvere sotto il tappeto. In attesa di tempi migliori che arriveranno.
Il campione da coccolare e clonare è Antonio Candreva, che continua a sfornare passione, estro, entusiasmo e carisma con l’energia di un ventenne che vuole bruciare le tappe.
Due perle, eseguite con disinvoltura disarmante tra la fine del primo e l’inizio del secondo tempo, rovinano i progetti vincenti dei giallorossi di Mourinho.
Per il resto, gli uomini di Sousa possono e devono far meglio. Sia dal punto di vista collettivo, sia per quanto concerne le prestazioni dei singoli.
Anche l’approccio caratteriale al match, dopo i primissimi minuti aggressivi e intensi, dovrà essere registrato alla ripresa dei lavori settimanali.
Perché la Salernitana è scesa in campo supportata da un organizzato ardore nel suo progetto di inaridire il gioco dei padroni di casa. Salvo perdere certezze alla prima disattenzione difensiva ed entrare in affanno in diversi momenti della contesa.
Aggressione alta sui riferimenti rivali, con Mazzocchi addirittura in pressione sul braccetto sinistro locale (Llorente), Lovato a scalare a destra e Kastanos accentrato per ammansire la regia di Cristante.
E’ una proposta intrigante e condivisibile quella del trainer lusitano. Per togliere iniziativa e scioltezza di palleggio all’undici capitolino. Ma anche per conquistare in fretta il pallone e provare ad essere letali di rimessa.
La dinamica tattica ha subito una drastica variazione in concomitanza della prima, evitabile ed evidente distrazione difensiva che ha permesso a Belotti di punire Ochoa. Il var ha vanificato il tutto, ma lo svarione ha sottratto leggerezza alla squadra, che ha quasi smesso di credere ai propositi iniziali.
Il risultato è stato un repentino abbassamento del baricentro da parte di tutti, senza però ritrovare la necessaria lucidità a protezione degli ultimi venti metri.
Poco dopo, infatti, la Roma, meno impedita nel portare più uomini, fisicità e palleggio nella metà campo granata, ha trovato il gol ancora con Belotti, abile ad approfittare del doppio errore di Fazio e Gyomber.
Neppure la randellata dell’ex Toro ha sortito lo scossone auspicato, perché Coulibaly e compagni non sono riusciti ad affrancarsi da una timorosa passività.
Ancora rintanati e senza saper cosa fare per invertire le sorti strategiche del match, i calciatori ospiti hanno rischiato di subire il secondo gol (Mancini) e una pressione quasi costante. Fortunatamente, lo stopper giallorosso ha graziato da pochi passi Ochoa.
Nel calcio gli episodi fanno la differenza. Lo sa bene il veterano Candreva, il quale, dopo aver avvertito la prossimità del ko collettivo, è stato bravo a stravolgere il copione di una sconfitta probabile.
Lo ha fatto grazie ad una giocata intrisa di esperienza, lungimiranza tattica e carisma. Dapprima ha iniziato a vagare nella trequarti romanista, dettando il passaggio al fine di toccare palloni in grado di distogliere i compagni da una manovra asfittica. Poi ha intravisto uno spiraglio in cui fiondarsi, prima di superare Smalling in dribbling e castigare Rui Patricio con una sassata imparabile.
Dal due a zero all’uno pari, nel breve lasso temporale di tre giri di lancette. Gara riacciuffata per i capelli. Roma sorpresa e appesantita nella mente e nei muscoli, mentre la Salernitana raggiunge gli spogliatoi rinvigorita nel fisico e nello spirito.
Memori delle sofferenze patite nei primi trentacinque minuti di gioco, i granata ritornano in campo con l’intenzione di non lasciarsi assediare dai rivali. Cercando ovviamente di pungerli con maggiore frequenza e grazie ad una condotta meno pavida.
E il proposito trova immediato riscontro al minuto quattro della ripresa, quando Candreva tira fuori dal cilindro un’altra giocata indimenticabile. Il tracciante preciso di Bradaric raggiunge sul fronte opposto l’ex laziale, che controlla in corsa il pallone con il piede destro e calcia a giro di sinistro sul palo lontano di Rui Patricio.
Uno spettacolo il gesto tecnico, alla pari della corsa sfrenata sotto il settore occupato dai tifosi granata ribollenti di estasi e amore puro.
Quaranta minuti abbondanti ancora da giocare non consentono voli pindarici; la Roma non ha nessuna intenzione di esordire con una sconfitta.
La Salernitana prova anche a capitalizzare il momento favorevole con una verticalizzazione di Botheim e un paio di penetrazioni centrali. Si tratta, però, di punturine di spillo che anticipano il fisiologico assedio romanista da gestire.
La Salernitana indossa l’elmetto, difende con nove uomini dietro la linea della palla, lascia il pallino del gioco ai padroni di casa e soffre il giusto. La fase difensiva regge, la Roma prova a superarla cercando di sfondare sull’out sinistro con la superiorità numerica. Lloriente, Aouar, Spinazzola ed El Shaarawy creano le condizioni per arrivare spesso al cross, ma il forcing non si traduce in qualità della rifinitura e della finalizzazione.
Mourinho le prova tutte ed opera addirittura quattro cambi (Karsdorp, Zalewski, Sanches, Paredes), con l’intenzione di immettere qualità negli ultimi trenta metri e spinta costante sulle corsie laterali.
I giallorossi intensificano la pressione, Sousa prova a rispondere con un assetto più offensivo con l’ingresso di Dia al posto di Mazzocchi. La mossa non sortisce gli effetti sperati, perché i granata faticano a ripartire e non sembra tanto proficua l’idea di collocare Botheim e Kastanos in fase difensiva sull’out destro.
Si soffre, la Roma arriva più volte in zona tiro (Belotti, El Shaarawy, Sanches), con Karsdorp e Zelewski a spingere sulle fasce, Aouar e Sanches a supporto di Belotti e Paredes sempre insidioso con le traiettorie sui calci da fermo.
Sousa lancia nella mischia anche Legowski e Sambia. La pressione dei padroni di casa non si placa ed alla fine viene premiata dall’incornata vincente di Belotti sugli sviluppi di un corner. Ancora una volta, complice una nuova amnesia difensiva di Fazio e Gyomber.
A questo punto, Sousa rinforza gli ormeggi ed inserisce anche Mamadou Coulibaly in luogo di Botheim. Cambio che, forse, sarebbe stato opportuno fare prima, per assicurare maggiore densità difensiva da opporre agli ultimi attacchi romanisti.