Dopo la sconfitta di Lecce, la Salernitana fallisce con il Torino l’occasione del riscatto e chiude la quarta giornata occupando la ‘zona B’ della classifica.
L’umore generale, come è normale che sia, non rallegra i cuori e neppure ossigena la mente. Però la strada è ancora lunga e sarà doveroso reagire.
Una reazione non contaminata da impeto e rabbia, che sottraggono lucidità ed energie. Bisognerà affidarsi all’ottimismo della volontà e alla consapevolezza dei propri mezzi.
Perché adesso, a ben vedere, mancano soprattutto la spensieratezza e il piacere di giocare a calcio. Ingredienti che hanno nobilitato l’ottima pietanza calcistica gustata nella seconda parte dello scorso campionato.
Una sorta di involontaria involuzione sembra essersi impossessata del gruppo granata, che fatica ad esprimersi sui livelli esibiti qualche mese addietro.
La scioltezza del palleggio, le gambe alla costante ricerca del movimento senza palla, il coraggio di aggredire gli avversari e di verticalizzare e variare la giocata. Il dna autentico della squadra, che al momento appare intralciato da una sorta di anomalia cromosomica, deve essere ritrovato.
Ed allora bisogna disattivare la fucina dei pensieri negativi e autolesionistici, e lasciare spazio alla pazienza certosina di una fruttuosa ricostruzione.
Quando i risultati cominciano a latitare ed i mugugni esterni diventano compagni quotidiani di viaggio, la capacità di ritrovare la bussola impiega più tempo ed è frenetica.
Ma è proprio la clessidra l’alleata più preziosa dei ragazzi di Paulo Sousa. Trentaquattro gare sono un’eternità. Basterà un colpo da tre punti, supportato da una prova lucida ed ordinata ma non più pavida inizialmente, per restituire colore ad una graduatoria temporaneamente anemica. Ma anche fuoco vivo allo spirito collettivo che aleggia intorno all’Ippocampo.
La contesa conto il Frosinone, in programma venerdì prossimo all’Arechi, potrebbe rappresentare la prima, piccola svolta di questo tribolato inizio stagionale. A partire da oggi, la squadra dovrà fare quadrato e lavorare scrupolosamente in vista dell’importante sfida contro i gialloblù allenati da mister Di Francesco.
Accantonando immediatamente definizioni apocalittiche quali ‘ultima spiaggia’ e ‘occasione della vita’. Nulla di tutto questo. Si tratterà di una partita che potrà avere risvolti positivi sul morale dell’intero ambiente, ma innanzitutto servirà ad effettuare il primo step in funzione della necessaria rinascita psicologica, tecnica, tattica e temperamentale.
Lavoro che si poggerà su basi decisamente solide. In primis, ci potrebbe essere il ritorno in campo di Boulaye Dia, elemento imprescindibile per la sua capacità di aiutare la squadra a sviluppare la manovra e finalizzarla.
Pur nella difficoltà del momento, s’iniziano inoltre ad intravedere anche le potenzialità tecniche di numerosi calciatori nella disponibilità del trainer lusitano.
Martegani possiede estro, carisma e visione di gioco da mettere al servizio dei compagni.
Legowski è un ventenne che farà parlare di sé, ma già adesso si muove nella zona nevralgica del terreno di gioco con la personalità e il carattere di un veterano.
Cabral è motivato, ispirato e rappresenta un prezioso jolly offensivo da sfruttare in molteplici contesti tattici e strategici.
In egual misura sarà utilissima la prestanza fisica di Ikwuemesi, non priva di agilità, qualità tecnica e discreta propensione alla finalizzazione.
Calciatore potenzialmente straripante è l’altro ventenne Tchaouna. Egli possiede forza fisica, coraggio della giocata e bagaglio tecnico variegato. Quando la fisiologica fase di crescita ed ambientamento sarà prossima ad essere completata e alcune leziosità fini a se stesse saranno sostituite da cattiveria agonistica e concretezza, anch’egli potrà rappresentare un valore aggiunto.
Anche ieri, seppur a sprazzi, determinate qualità del gruppo sono apparse evidenti. Sousa dovrà essere bravo, come è già accaduto lo scorso anno, ad impostare la fuoriuscita dalla crisi sviluppando gioco e foraggiando il coraggio.
La gara di gestione, troppo spesso registrata in questo avvio di torneo, non sembra essere nelle corde della squadra. Che dimostra di sentirsi più a suo agio quando muove il pallone velocemente, attacca gli spazi, pressa collettivamente l’avversario e contempla la giocata individuale in grado di spaccare la partita.
Difendersi giocando a calcio, sembra l’unica strada percorribile per come è strutturato un organico in cui la componente qualitativa prevale nettamente su quella temperamentale e fisica.
Pertanto, bando a qualche incipiente pessimismo e tanta autostima ed ottimismo a guidare Candreva e compagni nell’immediato futuro. Il pubblico saprà recitare la sua parte e rappresentare l’uomo in più da opporre agli avversari di turno.
Resettare in fretta inquietudini e fragilità assortite. C’è un campionato da affrontare con umiltà e determinazione, ma anche con il piglio di chi crede in se stesso e desidera dimostrarlo al mondo intero.
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