Un punto che non migliora la classifica e neppure fa bene al morale. Ma sicuramente, per come è arrivato, evita che la Salernitana piombi anzitempo in un baratro di sconforto e pessimismo.
Perché trovarsi sotto di due lunghezze rispetto alla penultima compagine in graduatoria, al termine di una gara designata come quella utile per imprimere una svolta, sarebbe stata una mazzata terrificante.
Però è altrettanto lapalissiano ritenere che la prima versione granata dell’era Inzaghi necessiti di significative trasformazioni. Negli interpreti e, soprattutto, nel modo di stare in campo.
Paura, nervosismo, scarsa autostima, pochezza di idee e fase difensiva scolastica, dovessero mettere radice nel gruppo, rappresenterebbero l’inizio di una lunga e irreversibile agonia calcistica.
Ed allora, alla luce del percorso ancora da compiere, degli ottantasette punti offerti dalla matematica, non resta altro da fare che armarsi di pazienza e affidarsi al duro lavoro. Restando però fedeli ad una realtà complessa da affrontare, inattesa se rapportata agli entusiasmi e ai propositi di una manciata di mesi fa.
Ciò che sembrava scontato, ossia la solida e intoccabile convivenza con il maggiore campionato italiano, fa a pugni con le innumerevoli e preoccupanti criticità emerse in questo avvio di stagione.
Pertanto, bisogna assolutamente spazzare via ambizioni di definitiva e facile emancipazione pallonara. La cruda verità del manto erboso impone il saio dell’umiltà e del silenzio laborioso.
Solo così si può sperare di non lasciarsi inghiottire dal magma letale dei rancori interpersonali e delle eventuali omissioni relative alla pianificazione tecnica.
Più in là, se e quando si ritornerà ad avvistare la riva placida, si potranno rispolverare i recenti temi bollenti. Partendo dall’utilità della prosecuzione del rapporto con Paulo Sousa, per arrivare alla sbagliata miscela tra consolidamento economico e potenziamento tecnico.
Adesso, tutto questo non serve a nulla. Contano solo i passi che avvicinano, giorno dopo giorno, ai ventinove appuntamenti che separano la squadra dalla fine del torneo. Un cammino fatto di lacrime e sudore, così estenuante da non lasciare alcuno spazio a tutto ciò che rischi di disperdere energie psicofisiche.
Rinfacciare alla dirigenza, senza soluzione di continuità, alcune superficiali valutazioni, in questo momento non serve a nulla. Trasmettere ulteriore ansia a calciatori che già godono di scarso benessere mentale, in questa fase, sarebbe una pessima idea.
Errori sono stati commessi, da parte di tutte le componenti che gravitano intorno all’universo granata. Adesso, però, sarà importante compattarsi e scongiurare quello più grave: non fare il massimo, sotto forma di impegno e consapevolezza, per salvaguardare la serie A.
E la fortuna di poterlo capire in questo momento, con altri trequarti abbondanti di torneo da disputare, non deve essere dispersa. Altrimenti i rimpianti postumi saranno ancora più indigeribili di un malaugurato insuccesso.
Altrettanto salubre sarebbe, una volta per tutte, un esercizio di onestà intellettuale sulla caratura tecnica dell’organico. Che è, sostanzialmente, lo stesso che, nella scorsa stagione, ha conquistato punti pesantissimi contro Napoli, Milan, Inter, Juventus, Lazio, Roma e Fiorentina. Il cammino attuale della Salernitana è stato minato da altri fattori, ormai noti a tutti.
Come provare, allora, ad uscire dalla lunga crisi attraversata dalla squadra? Ripartire dai quindici minuti iniziali di ieri potrebbe essere la giusta traccia da seguire. Un sesto di gara durante il quale Candreva e compagni hanno espresso uno spirito positivo e battagliero. Supportati anche da un copione tattico distinguibile.
Densità difensiva e sorti offensive affidate alla qualità e al carisma dei calciatori tecnicamente più dotati. Insieme ad una circolazione veloce del pallone, all’aggressione degli spazi senza palla e alle sovrapposizioni degli esterni bassi della retroguardia a quattro, vera e grossa novità di giornata.
E’ mancata la precisione negli ultimi passaggi, la convinzione e la tranquillità di poter raccogliere in fretta i frutti del forcing esercitato. Come hanno testimoniato alcune giocate degli elementi più rappresentativi. Cabral è riuscito quasi sempre ad eseguire bene la prima giocata per liberarsi dell’avversario, salvo poi commettere banalissimi errori di rifinitura. Lo stesso Candreva, tante volte implacabile con la sua chirurgica precisione, ha calciato male il pallone in diverse circostanze o scelto la giocata meno opportuna.
Però esisteva un’idea: eludere la densità centrale del Cagliari, con i cambi di gioco capaci di creare superiorità numerica sul fronte opposto. Soprattutto a destra, Con Mazzocchi, Candreva e Coulibaly a spingere tanto.
Anche la fase difensiva, organizzata intorno all’ottimo ritorno di Fazio e alla funzione di puntuale frangiflutti davanti alla difesa assegnata a Maggiore, non è passata inosservata.
L’assenza di serenità ha prodotto errori evitabili e interrotto in fretta le incoraggianti fasi iniziali della partita. Il Cagliari è riuscito a ripartire pericolosamente in un paio di circostanze. La Salernitana si è abbassata, ha smesso di essere aggressiva, è diventata scolastica nella sua fase difensiva ed ha iniziato a soffrire il palleggio rivale e un’evidente inferiorità numerica nella zona nevralgica del campo. Trovando, inoltre, enormi difficoltà ad imbastire efficaci azioni di rimessa.
I cambi iniziali effettuati dai due tecnici hanno accentuato il controllo della gara da parte degli ospiti. Viola, Zappa e Jankto hanno permesso alla compagine sarda di intensificare il controllo delle operazioni e creare le premesse per raggiungere meritatamente il vantaggio (Luvumbo), seppur favorito da una colossale ingenuità di Martegani e dalla condotta estremamente passiva dei padroni di casa.
La discutibile sostituzione di Fazio, sino a quel momento quasi perfetto, ha avuto un duplice effetto. Da un lato, con l’ingresso di Ikwuemesi al posto dell’argentino, la squadra granata, schieratasi con un 3-3-4 iper offensivo (Tchaouna, Stewart, Ikwuemesi, Dia), ha acquisito centimetri e maggiore incisività negli ultimi venticinque metri isolani (gol di Dia su assist del nigeriano). Dall’altro, Inzaghi si è ritrovato con un assetto difensivo improvvisato (Mazzocchi, Gyomber, Bradaric terzetto di difensori centrali), subendo immediatamente il nuovo svantaggio realizzato dall’ex sannita Viola.
Nel finale sono saltati completamente gli schemi, la stanchezza ha spalancato le porte ad alcune ingenuità incredibili. Come quella commessa da Viola, che ha toccato con la mano il pallone nella propria area, consegnando alla Salernitana il rigore del pari freddamente trasformato da Dia. Ikwuemesi, a pochi secondi dal gong, ha avuto addirittura la possibilità di realizzare la rete dei tre punti, ma foga e desiderio spasmodico di firmare il tabellino lo hanno reso impreciso.
Giusto così. Sarebbe stato un premio eccessivo per i calciatori locali e una punizione troppo severa per Deiola e compagni.
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