Se qualcuno, appena sei mesi fa, avesse avuto anche il minimo di sentore di ciò che oggi sta accadendo intorno al mondo Salernitana, probabilmente sarebbe stato tacciato per matto. Nulla (o forse no?) lasciava presagire la condizione in cui, dal fischio finale di Cremonese-Salernitana in poi, si è trovata la creatura di Danilo Iervolino. Come mai nella storia ultracentenaria del Cavalluccio, la salvezza ottenuta in (semi)scioltezza sembrava aver posto le basi per un futuro radioso quanto più tranquillo possibile. Ma così non è stato.
La querelle Sousa-Napoli e i relativi mal di pancia a tinte lusitane. La mancata cessione di Dia. Il successivo e conseguente (?) stravolgimento e ridimensionamento sul mercato. Ultimo, ma non ultimo, l’inizio a singhiozzo in campionato a relegare i granata sul fondo della classifica. Chi o cosa abbia realmente generato questo progressivo colare a picco in pochi mesi non è dato sapere. E onestamente, in questo momento, sarebbe solo un mero dettaglio.
Ciò su cui, al contrario, non è possibile transigere è l’evidente cattiva gestione della “cosa granata” nella sua interezza. Difficile, nonché inutile, individuare un solo colpevole di una situazione che sfiora il paradossale, peraltro denunciata, sia pure con toni diversi, da Paulo Sousa e mr. Inzaghi in pubblica conferenza. C’è da capire, piuttosto, il perché attualmente la Salernitana appare come l’ultima, insindacabile ultima della classe dal punto di vista della combattività e della voglia. C’è da capire il perché gli stessi indomabili interpreti della passata stagione, oggi appaiono come le ombre di loro stessi. E, non meno importante, c’è da capire il perché, spesso e volentieri, alcune vicende più o meno intrinseche allo spogliatoio vengano fuori con la stessa nonchalance di quelle spulciate su di un comunissimo rotocalco gossipparo.
Modus operandi, ben radicato, che non fa altro che accendere la miccia di un ambiente già abbondantemente surriscaldato di per sé. Difficile, se non impossibile, anche solo immaginare di ristabilire un certo equilibrio e una parvenza di serenità se si continuerà a perseguire tale strada. Si ponga fine a questo marasma, ché di tempo a disposizione per rimettere in piedi la baracca ce n’è ancora a iosa. Senza incertezze. Senza tentennamenti. Ma soprattutto, senza silenzi. In nome di un sinallagma d’amore che può e deve essere recuperato con tutte le forze, e di ogni singola componente.
Ché “dai diamanti non nasce niente. Dal letame nascono i fior.”