Alessandro Iori, telecronista Danz, è stato intervistato dalla redazione di SOLOSALERNO per analizzare il delicato momento che sta vivendo la Salernitana di Pippo Inzaghi
L’intervista
Critico: questo l’aggettivo che descrive il periodo della Salernitana. Hai avuto occasione di seguirla durante lo scorso campionato e anche durante le battute iniziali dell’attuale stagione, cosa non sta funzionando?
«Il periodo che sta vivendo la Salernitana è decisamente critico. Il passaggio dalla scorsa stagione all’inizio dell’attuale è stato a dir poco complicato. Credo ci sia stata una sopravvalutazione del livello dell’organico che aveva chiuso bene lo scorso campionato, in più ci sono state troppe aspettative. Pensare di vivere un campionato con tranquillo, con una squadra che, sostanzialmente, non è stata rafforzata, e che si è trovata a gestire, con tante difficoltà, il caso di mercato relativo a Dia, ha scoperchiato una serie di problemi che erano stati celati dalla buona gestione tecnica di Paolo Sousa nell’ultima parte della scorsa stagione. Credo che tutta l’estate della Salernitana sia ruotata intorno al caso Dia, da cui, probabilmente, la società immaginava di ricavare una cifra adeguata, per poi rinforzare la squadra in maniera più competitiva. Non andato a buon fine quell’obiettivo, tutto il contorno ne è stato condizionato, in primis l’approccio della Salernitana con la stagione in corso».
I potenziali per un margine di crescita sembrano esserci, ritieni sia stata la scelta giusta Pippo Inzaghi per guidare i granata?
«Inzaghi è una scelta significativa, adeguata per le motivazioni, la carica che assicura e anche per la voglia di riscatto in una serie A in cui, da allenatore, non ha lasciato tracce positive. Pippo è estremamente motivato. Lo abbiamo visto anche nell’atteggiamento, nel modo in cui ha approcciato a queste prime partite. Per il resto sarà da vedere se la squadra risponderà agli stimoli che sta ricevendo. Attualmente il gruppo ha diverse lacune, soprattutto, dal punto di vista della qualità media».
La mentalità, la forza del gruppo, sono componenti che hanno sempre fatto la differenza. Cosa manca, chi sta venendo meno nell’entourage della Salernitana, affinché si possa riprendere con vigore quello che doveva essere il campionato della consacrazione in serie A?
«Non vivendo quotidianamente la realtà di Salerno, della Salernitana, non so se nell’entourage dei granata sia venuto a mancare qualcosa. Probabilmente c’è bisogno di più contatto, di più contiguità tra la società e la squadra. C’è stato, sicuramente, un po’ di scoramento, anche con le vicende di mercato, quelle che non hanno funzionato in estate».
Gennaio è alle porte, e il mercato di riparazione dovrà essere gestito in maniera mirata, in quale reparto occorrerà intervenire tempestivamente?
«Credo che la Salernitana abbia bisogno soprattutto di un playmaker, inoltre, se l’intento è quello di giocare con tre centrocampisti, perché l’unico di ruolo in quella zona di campo è Bohinen, occorrerà sicuramente un’alternativa. In più, è necessario avere più profondità di organico, più ricambi di qualità. Anche un centrale difensivo, un esterno difensivo che consenta a Mazzocchi di trovare una sua collocazione fissa a destra, senza dover traslocare sulle due fasce. Insomma, cercare quelle soluzioni che possano dare stabilità all’undici che ha in mente Pippo Inzaghi, e garantire anche al lavoro settimanale qualità, intensità elevata, per portare tutti ad avere una condizione eccellente, come serve una squadra che deve ritrovarsi e rimontare».
È ancora presto per fare pronostici e tirare le somme, ma cosa ti aspetti dal proseguo del campionato? Quali le squadre rivelazione, quali le compagini che ti hanno deluso?
«Mi sta piacendo molto il Bologna, è la squadra che sta dando più continuità e qualità al suo rendimento. C’è grande organizzazione. I meriti sono da attribuire soprattutto a Thiago Motta, un allenatore che, secondo me, è destinato a vivere un grande futuro. Tra le squadre che mi hanno particolarmente deluso, inevitabilmente, rientrano Salernitana e Sassuolo. I neroverdi si esaltano al cospetto delle grandi squadre, poi vivacchiano per il resto del campionato. Quest’anno lo stanno facendo in maniera talmente polarizzata, tanto da rischiare anche un coinvolgimento nella zona retrocessione, e per quanto riguarda le potenzialità che ha, non dovrebbe essere così. Invece, c’è assenza di motivazioni, in più, manca la sana pressione da parte dell’ambiente. Quest’anno si rischia davvero di portare in basso una squadra che, invece, avrebbe potenzialità e ambizioni per fare decisamente di più».
Il campionato italiano pullula di calciatori stranieri, ancora in alto mare i progetti legati ad ampliare e potenziare i settori giovanili, perché si fa fatica a superare questa criticità che appartiene alla maggior parte dei club italiani?
«Sul tema stranieri il mercato ormai è cambiato, è cambiato da tanti anni. Anche nei settori giovanili ci sono molti giocatori stranieri, basta vedere il Lecce che ha vinto lo scudetto con la Primavera nella scorsa stagione, di fatto era composta quasi interamente da calciatori stranieri. Io non sono convinto che servano delle norme rigide per tutelare – come una riserva indiana – i giocatori italiani. Credo, invece, occorra che i giocatori italiani ritrovino quel pizzico di umiltà e competitività, voglia di lottare e sporcarsi le mani per poter intraprendere una strada di crescita. Ovviamente, serve anche maggiore coraggio da parte dei nostri club. Parlando con alcuni colleghi che seguono la Lazio, si discuteva su come Bellingham fosse già titolare in Champions League contro la Lazio 3 anni fa. Lui è un 2003. Ci sono dei club come il Borussia Dortmund che, culturalmente, filosoficamente, sono programmati per accettare anche il rischio di lanciare giocatori giovani, perché non possono competere con il potenziale economico del Bayern Monaco, allora cercano strade alternative. Credo che in italia ci sia più di passività, si accettano delle gerarchie quasi inamovibili, e nessuno tenta la strada dell’azzardo per cercare, anche con coraggio, di proporre al proprio pubblico giocatori nuovi, diversi, giovani. In italia siamo schiavi del risultato e, probabilmente, poche tifoserie, poche piazze potrebbero accettare un discorso così “rischioso”. Questo tema è molto ampio, riguarda proprio la nostra cultura sportiva che, sostanzialmente, è legata solo al risultato e non alla valutazione di una prestazione di una crescita, di un miglioramento progressivo dei gruppi e delle squadre. Siamo in un contesto in cui, anche per le società, onestamente, è difficile cercare di proporre questi modelli alternativi».
Sabato all’Arechi ci sarà un incontro non di poco conto, quello tra Salernitana e Lazio. Cosa ti aspetti da questo match? Le motivazioni, se pur diverse, dovrebbero essere accese per entrambe le sfidanti.
«Salernitana – Lazio sarà una partita complicata come impatto e come difficoltà. Sono due squadre chehanno avuto un rendimento in campionato distante dalle aspettative di inizio stagione, quindi, sono già nella condizione di dover recuperare terreno. È chiaro che quella di sabato sarà una partita importante, la Salernitana, in qualche misura, sente di aver sprecato un’occasione d’oro a Sassuolo. Ad oggi potrebbe risentire della pressione legata a quella mancata vittoria, che sarebbe stata una svolta importante prima della sosta. Inoltre, le altre concorrenti alla salvezza hanno ottenuto risultati importanti, hanno cominciato a risalire la china, mentre la Salernitana sente la pressione di dover fare il risultato. Dall’altra parte, anche la Lazio non può permettersi più passi falsi se vuole agganciare l’obiettivo del quarto/quinto posto, che potrebbe valere la Champions League nella prossima stagione. L’impegno sarà complicato per la Salernitana, ma sarà una gara aperta ad ogni risultato».