Determinata e intensa, orgogliosa e mai doma, desiderosa di lanciare un segnale al campionato, la Salernitana soffre, non arretra di un centimetro e vince meritatamente.
Ritrovando i suoi uomini carismatici, lo spirito di gruppo spesso latitato nel recente passato, la capacità di portare il pubblico dalla propria parte.
Tre punti, ormai improcrastinabili, dovevano essere, e finalmente sono arrivati sotto forma di un successo meritato e pesantissimo.
Un potentissimo balsamo, atteso per tredici lunghissime e tribolate giornate, è calato su un Arechi straripante di felicità e all’interno di uno spogliatoio alla disperata ricerca di una scintilla rigenerante.
La volontà di andare oltre le difficoltà psicologiche e calcistiche, acuite dall’immeritato svantaggio cagionato dal rigore di Immobile, ha fatto la differenza.
Un’indole leonina, esibita sul manto erboso da tutti i calciatori impegnati nei cento minuti di gioco, ha restituito fiato ad una squadra boccheggiante.
L’abbraccio collettivo dopo il gol di Candreva, unito a quello di fine partita del tecnico con ogni singolo calciatore, rappresentano indizi di una ritrovata consapevolezza.
Spesso svilita dall’insofferenza di chi, in precedenza, lasciava troppo spazio ad un’insoddisfazione che faceva torto ad un organico con ben altri valori rispetto alla classifica.
La montagna di macerie da scalare, trasformata dalla precedente gestione tecnica in una sorta di passaggio invalicabile, resta impresa proibitiva. Con un calendario che lascia dormire sonni poco tranquilli, a partire dalla complicatissima trasferta in casa della Fiorentina.
Di questo bisogna essere fermamente convinti, se si vuol dar seguito ad un percorso autenticamente fondato sul desiderio di riuscire a dimostrare di essere ben altro rispetto alla sofferta precarietà vissuta per tre mesi abbondanti.
La graduatoria continua a mostrare un aspetto severo. Le dirette concorrenti scenderanno in campo oggi e domani ma il successo, cercato ed ottenuto contro la Lazio, può e deve rappresentare un nuovo inizio.
Pippo Inzaghi conta gli assenti nel reparto avanzato e ritorna all’antico. Rispolverando Candreva e Kastanos e schierando i suoi ragazzi con il 3 4 2 1.
La scelta paga, perché la squadra dimostra immediatamente di essere accompagnata anche da un copione meticolosamente scritto e studiato in settimana. In entrambe le fasi di gioco, tenendo nella doverosa considerazione lo spessore tecnico degli avversari.
E’ piaciuta la fase difensiva, sin dalle prime battute. Con Daniliuc che si alzava, da braccetto di destra, ad aggredire la costruzione laterale di Marusic, lasciando all’esplosività muscolare di Mazzocchi il compito di arginare Zaccagni. Con Coulibaly a inaridire Kamada, senza mai smettere di supportare i due colleghi e riproporsi in fase di possesso.
Sul fronte opposto, invece, la pressione alta è stata accantonata in fretta, dopo le prime avvisaglie di insidie prodotte dalla catena laziale (Lazzari-Guendouzi-Felipe Anderson). Optando per un presidio incardinato sulla densità, con Bohinen a ciondolare tra il centro e l’out mancino, Pirola e Bradaric ad assorbire gli scambi di posizione e la profondità di Guendouzi e Anderson. Il tutto fortificato da un Candreva sempre pronto ad accorciare sul terzetto granata.
Questa compattezza aggressiva, governata dalle geometrie di Bohinen, dalle sportellate di qualità di Ikwuemesi e dagli scarsi riferimenti concessi dall’ex laziale e Kastanos, ha permesso ai padroni di casa di ripartire spesso e trovare interessanti spazi nella metà campo biancoceleste. Daniliuc, munito di significativa tecnica di base, è diventato centrocampista aggiunto.
Per una mezzora abbondante, la Lazio non si è mai resa realmente minacciosa. Al contrario dei granata, che hanno colpito una traversa (Bohinen), impegnato due volte Provedel con Candreva, tentato con Kastanos e Daniliuc di pescare il jolly con tiri dai diciotto metri.
Con le grandi squadre, si sa, non devi mai distrarti, altrimenti la punizione è dietro l’angolo. Gyomber, impeccabile per quaranta minuti, si è lasciato sorprendere dalla verticalizzazione firmata Cataldi-Immobile. Scavalcato dal pallone, ha ingenuamente afferrato la maglia dell’attaccante napoletano che, sentendosi tirato, non ha fatto nulla per restare in piedi. Rigore decretato dall’arbitro Prontera e trasformato freddamente dal capitano capitolino.
Una mazzata terrificante e ingenerosa, che rischiava di degenerare in un’anticipata disfatta se il direttore di gara fosse stato meno comprensivo nei confronti dell’entrata dura dello slovacco ai danni di Marusic.
Il giallo e l’espulsione per doppia ammonizione non sono arrivati, facendo imbestialire la compagine ospite. La Salernitana ha avuto la possibilità di rientrare negli spogliatoi in parità numerica e riordinare le idee per un secondo tempo arrembante.
Inzaghi, giustamente, ha inserito Lovato al posto di Gyomber, ordinando ai suoi calciatori di alzare le linee e incrementare l’intensità e il coraggio.
Una sorta di garibaldino 3 2 5 ha messo subito alle corde gli uomini di Sarri. Difensori aggressivi, Bohinen e Coulibaly a dettare i tempi e ad inserirsi a turno. Infine, esterni intermedi a supportare il terzetto avanzato, a sua volta compattatosi a ridosso dei sedici metri ospiti.
Per la Lazio, troppo timorosa e macchinosa per sfruttare gli spazi a disposizione, è diventata dura esercitare pressione e chiudere le linee di passaggio. Il gol granata è arrivato in fretta. Verticalizzazione sull’asse Coulibaly-Kastanos, apertura a destra per Mazzocchi, il cui cross trova un’area biancoceleste affollata da ben cinque calciatori di Inzaghi. A colpire il pallone di testa è Candreva che costringe Provedel ad un’affannosa respinta, sulla quale si avventa un Kastanos famelico nel firmare il pari.
Le ripartenze laziali, seppur sterili, suggeriscono ad Inzaghi di inseguire il successo senza smarrire gli equilibri. Anche perché Daniliuc ha subito un cartellino giallo per un fallo ai danni di Zaccagni. Dentro Fazio e Legowski, che prendono il posto del difensore austriaco e di un positivo Bohinen.
La fame e la necessità di vittoria dei locali non si placano. Candreva, ottimamente servito da Kastanos, sciupa una ghiotta occasione a tu per tu con Provedel. Pochi minuti dopo, però, tira fuori dal cilindro un potente tiro accompagnato da un’ingovernabile traiettoria per il malcapitato portiere rivale.
La Salernitana, finalmente, ha realizzato il meritato sorpasso. Inzaghi fornisce un altro saggio di pragmatismo, sguinzagliando il conservativo Maggiore in luogo di Kastanos. E’ tempo di trincea ed elmetti ben assestati sul capo.
La Lazio effettua diversi cambi, prova a spingere, ma la Linea Maginot di Fazio e compagni è disciplinata, combattiva e pronta a soffrire. Cinque difensori, quattro centrocampisti – grazie ad un Candreva umile come un mediano alle prime armi – Ikwuemesi a pressare e a difendere palloni sporchi.
Per la truppa di Sarri non ci sono spazi da sfruttare e occasioni da capitalizzare. Un unico brivido è rappresentato dalla potenziale pericolosità di una punizione di Castellanos. Ma il pallone termina sulla barriera e la maglia di Costil abbandona il campo linda come un indumento fresco di lavanderia.
Due giorni di riposo e si ritorna a lavorare duramente e in silenzio. Con la stessa fame e il medesimo temperamento inesauribile. L’impresa resta ardua, ma la squadra ha qualità, ha ritrovato se stessa e l’entusiasmo dei suoi innamorati sostenitori. Vale la pena di insistere.
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