Scavare dall’interno, con tutta l’energia posseduta in corpo, per iniziare a tirar fuori la testa da quella sorta di cupo pessimismo che aveva inghiottito tutti.
Un’oscurità che addirittura impediva di vedere anche le caviglie delle dirette concorrenti, impegnate in tentativi di fuga che alimentavano la frustrazione granata.
La preoccupazione di svoltare in fretta, per non perire anzitempo. Accompagnati dalla snervante consapevolezza di dover attrezzarsi per realizzare l’impresa contro le ‘big’ del campionato.
Cinque miseri punti in classifica dopo dodici partite, meno cinque dalla zona salvezza: Lazio, Fiorentina, Bologna, Atalanta, Milan, Verona e Juventus per chiudere il girone d’andata.
Quadro d’insieme terrificante, probabilmente acquisito dalle stesse rivali, pronte a decretare una sollevante diagnosi nefasta per l’Ippocampo, in chiave sopravvivenza.
Premessa da far tremare i polsi, resi meno pulsanti dal rigore realizzato da Immobile ad un passo dalla fine dei primi quarantacinque minuti.
Uno scenario disarmante e destabilizzante si è materializzato tra gli armadietti, i lettini e le panche dello spogliatoio.
Ed è proprio in quel preciso istante che, probabilmente, la Salernitana è stata restituita a nuova vita. Trainata dall’orgoglio e dal carattere, supportata dal carisma e dall’esperienza di Candreva e Inzaghi, ha deciso di ribellarsi ad un destino troppo precipitoso nel voler emettere una sentenza inappellabile.
La squadra è rientrata in campo con il sacro furore, pronto ad impregnare fibre muscolari e ad irrorare polmoni e temperamento.
La testa ha smesso di razionalizzare la paura, i neuroni hanno cominciato a muoversi consegnandosi all’azione pura e immediata. Concentrarsi impetuosamente su ogni singolo secondo dei tremila previsti dalla seconda frazione di gioco.
Tremila infinitesimali battaglie per domare, un passettino alla volta, un avversario più forte tecnicamente, più preparato tatticamente.
La prescrizione, maturata nel corso dell’intervallo, somministrata dal desiderio collettivo di reagire e restare avvinghiati alla massima serie, ha partorito l’auspicata reazione ‘epica’ della ripresa.
Facendo ricorso, questa volta autenticamente, al troppo abusato adagio del ‘Tutti per uno, uno per tutti.”
L’errore individuale ha smesso di essere demoralizzante, perché non c’era tempo da perdere dietro polemiche e recriminazioni. Tutti subitaneamente impegnati a rimediare, sprigionando corsa, determinazione, compattezza ed inventiva.
Un gruppo eterogeneo per qualità calcistiche e doti atletiche e agonistiche. Ma anche omogeneo nel disegnare, attraverso un unico pensiero dominante, il solco da tracciare sul prato verde.
Gli uomini da Sarri sono usciti meritatamente battuti dall’Arechi. Una sconfitta non procurata dall’ assenza di motivazioni. Perché, i tre punti, la Salernitana è stata brava a ghermirli lasciandosi guidare dal coraggio, dall’intraprendenza e da una dignitosa inesauribilità.
Ovviamente, inutile pure sottolinearlo, il passo compiuto, ciclopico considerate le condizioni di partenza, dovrà ancora pescare nell’epica calcistica.
Perché la posizione di fanalino di coda è ancora lì, non smette di ricordare la durezza della realtà presente e dell’immediato futuro.
A partire dalla complicatissima trasferta di Firenze, contro una squadra decisa ad invertire la rotta deficitaria dell’ultimo mese.
Questa volta, però, il viaggio parte con una doppia consapevolezza in più. Il gruppo è finalmente coeso e rigorosamente impegnato a marciare con la stessa frequenza emotiva.
La classifica resta severa, ma non è più un soffocante cappio stretto alla gola. Due insperati alleati, che la squadra dovrà essere brava a capitalizzare trasformandoli in attenzione, ferocia agonistica, estro calcistico e desiderio di continuare a stupire.
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